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Gorizia: cerimonia in ricordo del 27 marzo (Mess. Veneto 27 mar)

Manifestazione per l’italianità di Gorizia promossa da Anvgd e Lega nazionale
 
LA STORIA

«Alla fine della seconda guerra mondiale gli italiani si accorgono che non basta aver combattuto nella resistenza contro tedeschi e fascisti per riuscire a evitare il destino dei vinti. Assai presto ci si rende conto che aver perso la guerra al confine orientale d’Italia significa anche perdere le proprie terre a vantaggio della Jugoslavia. Più a nord, si rischia addirittura di dover cedere territori anche a vantaggio dell’Austria»: a ricordare quei giorni è il presidente dell’Anvgd e Lega nazionale, Rodolfo Ziberna.

«L’Italia ha pochissimi mezzi per reagire al suo destino di Paese sconfitto. Ci sono le trattative diplomatiche, ma nessuno si fa molte illusioni. Migliori prospettive di tenuta territoriale, forse, si possono ottenere grazie ad una accorta azione propagandistica sul terreno. In sostanza, zona per zona bisogna dimostrare la prevalenza etnica italiana. Nel 1946 – continua Ziberna – giunge in regione la Commissione interalleata. Per l’opinione pubblica italiana lungo il confine quello è il momento delle scelte irrevocabili: bisogna dimostrare al mondo intero di essere italiani».
«Gli italiani, semplicemente, nelle zone contestate sono di più: devono solo mostrare il loro numero. Non è una novità: in quelle terre – rimarca il presidente – la conta delle bandiere per dimostrare l’appartenenza etnica di un territorio è già stata tentata nel novembre 1918, quando i paesini della frontiera orientale, per tentare di confondere gli osservatori sul reale orientamento etnico di quelle terre, accolgono i reggimenti imperial-regi sloveni in ritirata con uno sventolio in bianco, rosso e blu. Poi giunge il Regio esercito e rimette le cose a posto».

«Ma nel 1946 non c’è alcun esercito italiano, mentre proprio allora nella Zona B ci sono almeno sette divisioni jugoslave. Quelle truppe servono essenzialmente per condizionare la locale popolazione italiana e ci riescono perfettamente, se dalla visita nella Zona B i commissari britannici riportano l’impressione di un regime di terrore. L’unica affermazione di italianità si ha nella enclave di Pola, all’epoca sotto controllo alleato, dove gli italiani danno vita ad un immenso corteo. Ma nel resto della Venezia Giulia la situazione è differente. Gli sloveni sono molto bravi con la propaganda, ma i numeri sono contro di loro. È il momento degli italiani: la componente italiana rialza la testa soprattutto a Trieste e a Gorizia. Le fonti alleate segnalano lo stupore degli angloamericani per quello che viene chiamata una “resurgence of italianity”, una rinascita dell’italianità evidentemente inattesa. In quei giorni di fine marzo la folla e i tricolori inondano le vie e le piazze delle città giuliane».
«Le massicce dimostrazioni dell’italianità del confine giuliano non incidono più di tanto sui lavori della Commissione interalleata, ma – secondo Ziberna – hanno una importanza decisiva nel ridare fiducia agli italiani. Gli italiani hanno sperimentato la propria forza e la propria determinazione e hanno capito di poter tenere la piazza nei confronti degli slavi, che invece sono costretti a richiamare gente dalle zone compattamente slave per farla marciare nelle città compattamente italiane».

Le manifestazioni del marzo 1946 si incidono nella memoria dei protagonisti: a Gorizia rimane viva soprattutto la memoria della fiaccolata che attraversa la città isontina. La Lega Nazionale di Gorizia, unitamente al Comitato provinciale dell’Anvgd saranno presenti, alle 17.30 di oggi, in Largo 27 marzo, per ricordare le grandi manifestazioni di piazza del 26 e del 27 marzo 1946. Nella circostanza fu decisivo l’apporto dell’Associazione giovanile italiana e della Lega nazionale.

«I giovani devono sapere»

Testimonianze
Sessantaquattro anni orsono, nelle indimenticabili giornate del 26 e del 27 marzo 1946, i goriziani – nella loro stragrande maggioranza – scesero in piazza per riaffermare di fronte alla commissione alleata, giunta in città per la delimitazione dei confini, la loro disperata volontà di essere e rimanere italiani. Testimone del tempo Carlo Pedroni che, attraverso una documentazione incisiva, forte e profondamente realistica descrisse l’entusiasmo di quelle giornate meglio di chiunque altro, giornate che uscirono dalla cronaca quotidiana per entrare a far parte della storia di Gorizia.
Cinquant’anni dopo il comitato celebrativo delle grandi manifestazioni del marzo 1946 ci lascia questa testimonianza. «26 marzo: un corteo immenso di popolo parte dal Parco della rimembranza. La massa dei dimostranti è composta da tutte le classi sociali: accanto agli operai, i professionisti, accanto agli impiegati, studenti, donne e uomini giovani e vecchi in un corteo senza fine. E dalle finestre altri applaudivano e acclamavano. Il corso è un tripudio di grida e di canti. E in piazza della Vittoria veniva gridato a lungo sotto le finestre ove la commissione alleata era al lavoro: Giustizia, restituiteci i nostri deportati».
Il 27 marzo la fiaccolata: «Fu uno spettacolo imponente e indimenticabile come mai si era visto a Gorizia. Chi vi partecipò ne conserva un ricordo indimenticabile e irripetibile anche perché, al di là di ogni retorica, l’urlo disperato di Gorizia in quella notte, urlo che esprimeva tutta la speranza e la fede di una città, raggiunse una potenza drammatica che non poteva lasciare indifferente la Commissione alleata.

Quella sera si accesero migliaia e migliaia di fiaccole, si dispiegarono migliaia e migliaia di bandiere e una massa di popolo invase le strade. Rimasero a casa solo gli inabili, e gli ammalati, ma anche questi dalle finestre agitavano le loro bandiere e sostenevano i dimostranti». «Piazza della Vittoria era colma di gente. Il dottor Bisiach riuscì con uno stratagemma a far salire alcuni giovani dell’Agi al secondo piano del palazzo della prefettura. Colà gli uffici erano vuoti. I giovani, affacciatisi alle finestre sventolarono i tricolori che scatenarono la folla in un irrefrenabile grido di gioia presagio questo di vittoria».

Fu quello un momento forse decisivo per la sorte di Gorizia ed è giusto ricordarlo ai giovani d’oggi. Vedete, questa ricostruzione della storia potrà apparire oggi troppo marcatamente retorica. Ma è quanto allora in quegli anni sentivamo profondamente. Il voler essere e rimanere italiani senza incitamenti ad inconsulti nazionalismi. Non intendiamo riaprire anacronistici steccati, ma ricordare che in quel tempo, in quella stagione era giusto comportarsi così, era giusto scendere in piazza era giusto difendere la nostra identità nazionale. Tutto questo va ricordato. Oggi viviamo in Europa con accanto a noi tanti altri stati che si possono conoscere e attraversare senza più alcuna formalità. Ma pur nelle mutate condizioni attuali non dimentichiamo ne dimenticheremo mai di essere pure cittadini della nostra amata Italia.

Guido Mondolfo

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