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Gorizia: quando i cani espatriavano in Jugoslavia (Il Piccolo 29 giu)

Quando ogni mattina alle 7.30 Vinco, il canicida di via degli Scogli, accendeva il furgoncino, era un diesel, e lo lasciava scaldare per qualche minuto tutti i cani randagi dei dintorni mangiavano la foglia, percepivano il pericolo e già prima che al furgoncino fosse inserita la prima avevano lasciato il territorio di competenza del canicida.

Succedeva ogni mattina, tranne i festivi. «In via degli Scogli il più strano canicida del mondo», scrive Il Gazzettino di 50 anni fa: «Quando l’accalappiatore si mette in caccia i cani fuggono ed… espatriano in Jugoslavia. Non fa a tempo ad avviare il motore del suo mezzo che un coro di ululati e di guaiti si leva per il raggio di un chilometro; l’allarme è dato ai fuorilegge». Anche da parte dei cani di casa, quelli regolari. Solidarietà di razza. «Cani dalla fuga facile e accalappiacani con la vita difficile», commenta il giornale.

Il problema nasce dalla modernizzazione. Non sussisteva cioè sinché Vinco, il canicida, disponeva di un furgone ippotrainato. Nel boom di fine anni ’50 i servizi pubblici si sposano a motori sempre più nuovi. I giornali di lunedì 29 giugno 1959 dicono dello sviluppo della motorizzazione ed esibiscono anche la nuova autoambulanza della Croce verde, ovvero la «nuova autolettiga», esposta trionfale in piazza Vittoria. E giustamente. Perché la Croce verde costituiva un vanto per la città: era di sussidio all’organizzazione ospedaliera (la città disponeva di otto ospedali), forniva un servizio ambulatoriale e, conformemente agli usi del volontariato d’origine asburgica, era sede di una «biblioteca circolante» fornitissima di letteratura gialla e rosa.

E i cani espatriati? Si facevano vincere dalla nostalgia e quando tornavano di qua il canicida appostato paziente all’ombra del suo furgoncino allungava il laccio.

Sandro Scandolara

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