PISINO – L’Archivio di Stato a Pisino (DAPA), fondato nel 1958, oggi diretto da Elvis Orbanić, prosegue anche quest’anno con il ciclo di conferenze tematiche a carattere scientifico-divulgativo-educativo incentrate su ricerche d’archivio nei più diversi campi umanistici, come storia, diritto, economia, etnografia, etnologia, linguistica, scrittura e religione. Si inquadra per l’appunto in questo tipo di iniziative anche l’incontro che si è svolto mercoledì sera sul tema dei confini, delle frontiere, dei simboli e delle linee di demarcazione che hanno contraddistinto le varie realtà statali e giuridico-amministrative in Istria, dal Medioevo ai giorni nostri. Ne hanno parlato Slaven Bertoša, professore ordinario all’Università “Juraj Dobrila” di Pola (Dipartimento di Storia presso Scienze umanistiche), Tatjana Bradar (Museo archeologico istriano, Pola), esperta di storia dell’arte e archeologia, che oltre alla propria relazione ha esposto anche il saggio di Nenad Kuzmanović (impossibilitato a prendere parte alla serata), stimato conoscitore dei luoghi e delle località d’interesse speleologico, archeologico e storico-culturale della penisola istriana.
Va detto innnanzitutto che si tratta di un segmento finora poco esplorato. Lo hanno fatto alcuni studiosi, come Danilo Klen, Marino Budicin, Christian Gallo, Anton Meden, Vjekoslav Bratulić (che si è occupato del Catastico di Vincenzo Morosini), mentre un aspetto della questione dei confini in Istria tra Venezia e Austria – le cosiddette differenze – è stato analizzato in modo dettagliato da Miroslav Bertoša in un’ampia monografia sulla regione.
Alla conferenza di Pisino dell’altra sera, il professor Bertoša ha affrontato l’argomento rilevando che i resti materiali di confini e frontiere – in prevalenza resti in pietra e legno – costituiscono un tassello del ricco e variegato patrimonio storico-culturale istriano. Bertoša ha analizzato precipuamente i segni tangibili dei confini statali dell’epoca veneziana e austriaca (XIV – XVIII secolo), arrivando al declino della Serenissima e alla fine del dominio della Repubblica di San Marco in Istria, nel 1797. Grande rilevanza acquistano i simboli che determinavano i confini in alcune aree di particolare interesse statale, come lo erano, ad esempio, i boschi, che per Venezia erano di importanza strategica. È il caso del bosco di Montona, o bosco di San Marco, nella vallata del Quieto. Ma anche del bosco Vidorno nei pressi di Baderna, di quello vicino a Orsera, a nord del Canal di Leme, oppure quelli di Cornaria (Momiano), Saranzan (Sissano), Magran (Altura), Siana (Pola)…
Considerato che una volta “spenta” Venezia dei boschi istriani continuerà a occuparsi il “governo illuminato” dell’Austria imperiale, diverse pietre confinarie risalgono al XIX secolo. Molte hanno subito danni, altre sono coperte di terra, altre ancora si sono perse in seguito ai mutamenti nel territorio e nel terreno, alcune sono semplicemente scomparse, si suppone perché trafugate. È indipensabile perciò riuscire a recuperare tutte le fonti materiali reperibili per comprendere l’evoluzione dei confini in Istria tra Venezia e Austria.
Mirjana Brdar ha posto in evidenza l’espressione “Istria Veneta – Terra Istria”, di cui una parte passerà nel 1394 sotto la Contea di Pisino, e quindi sotto gli Asburgo, come attestano sia le fonti materiali sia quelle d’archivio. Il confine istriano ha rivestito un ruolo fondamentale per la politica estera della Repubblica di San Marco perché toccava il territorio della sua rivale storica, la Monarchia asburgica. Le linee di demarcazione, incerte e giuridicamente mal definite, venivano difese da entrambe le parti, e soprattutto dai contadini, che venivano reclutati nelle formazioni militari dei due Stati, oppure si organizzavano autonomamente in bande armate (spesso di ladri) che si opponevano all’usurpazione del loro territorio. La tattica di queste orde contadine al tempo della guerra della Lega di Cambrai (1508-1523) e della Guerra uscocca (1615- 1618) si limitava a incursioni oltreconfine. La problematica confinaria in Istria comincerà a svilupparsi proprio nel XVI secolo, con una serie di parcelle non definite o divise (le “differenze”), che ben presto si trasformeranno in “luochi contenziosi”. Le pietre rimaste, testimoni silenziosi di un lontano passato, lasciano spazio a nuove ricerche sulla storia della penisola.
Branko Ljuština