“Mio zio era con dei semplici ferrovieri della Sottostazione delle Ferrovie dello Stato di San Pietro del Carso – ha detto Elio Miani – circondario di Postumia, provincia di Trieste dal 1918 al 1947”. I partigiani titini, nel 1944, li hanno sequestrati e fucilati a Cossana, in sloveno Košana, una frazione di San Pietro del Carso, il giorno dopo della cattura, come riporta il giornale «La Voce Libera» di Trieste del 26 aprile 1949. I suddetti ferrovieri erano in gran parte triestini e friulani. I comunisti ne salvarono solo uno, di origine slava. Fu pulizia etnica? Tra l’altro, la redazione de «La Voce Libera» viene assalita da un’orda di titini il 1° luglio 1946, durante gli incidenti filo-slavi per impedire il Giro d’Italia, mentre da un camion di soldati jugoslavi è stata lanciata una bomba a mano contro manifestanti italiani, ferendo cinque persone, come ha scritto Mauro Dall’Aquila.
“Mio zio era l’unico figlio maschio, si chiamava Giovanni Battista Morandini, nato il 15 dicembre 1923 a Reana del Rojale (UD), detto Tita, era un civile – ha aggiunto Elio Miani, nipote del disperso – lavorava in una squadra di altri tredici ferrovieri a San Pietro del Carso, perché c’erano stati attentati sui binari, quando fu bloccato dai partigiani e portato via, non è stato più ritrovato; verso gli anni ’70 a Trieste ci fu una cerimonia per tutti quei caduti con un cipresso dedicato ad ognuno di loro, poi non si è saputo più nulla”. L’alpino Gio.Batta Morandini, come è segnato nel Foglio matricolare del Distretto militare di Udine, dopo lo sbandamento seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, viene “prelevato da partigiani sloveni in S. Pietro del Carso mentre procedeva alla riparazione della linea di alta tensione in servizio alle dipendenze della I.E.S. di Trieste per conto delle FF.SS. il 26.4.1944. Tale dichiarato disperso dal 26.4.1944. Rilasciato verbale di irreperibilità dal Comando Distretto Militare di Udine il 5 novembre 1948. Verificato e parificato il 16.6.1982. Firmato: Tenente colonnello Ernesto Caiazza”.
Dopo la Seconda guerra mondiale la località di San Pietro del Carso è annessa alla Jugoslavia di Tito. Dal 1991 è parte della Slovenia. Sotto l’Austria si chiamò pure Šent Peter na Krasu, oppure Sv. Peter na Kranjskeme, o con il toponimo tedesco di Sct. Peter. Nel 1952, in seguito all’emanazione della legge toponomastica jugoslava prescrivente la rimozione dei toponimi di origine religiosa, il comune assunse la denominazione di: Pivka.
Il 26 aprile 1944 la squadra di ferrovieri col capotecnico si era recata in automezzo lungo la linea elettrica primaria per normali lavori di revisione. Come scrive «La Voce Libera» un “forte nucleo di partigiani sloveni armati” li ferma, li cattura e, il giorno dopo, li passa per le armi, senza processo. I loro resti umani stanno forse in una fossa comune. Ecco i loro nomi: “Orlando Marri, di anni 41, Rino Bandiziol, 28, Eugenio Malvassori, 37, Michele Cerullo, 35, Giuseppe Dell’Ernia, 31, Rinaldo Cerato, 26, Giovanni Morandini, 21, Pietro Sgobba, 26, Angelo Gregorini, 24, Alfredo Degano, 30, Ermenegildo Job, 20, Fernando De Salpi, 20 e, imprigionato giorni prima, Rodolfo Galavotti, di anni 41”.
L’unico operaio di origine slovena era tale Francesco Kalusa, di San Pietro del Carso, che viene salvato e liberato dai titini, perché vada a spargere il terrore. Egli il giorno dopo rientra in Sottostazione e racconta l’accaduto, senza dare notizie sulla sorte riservata ai suoi compagni di lavoro. Il Kalusa nel 1949 è alle dipendenze delle ferrovie jugoslave. Quasi tutti gli ammazzati hanno lasciato moglie e bambini in tenera età.
È lo stesso giornalista autore dell’articolo su «La Voce Libera», nel 1949, ad adombrare l’ipotesi della pulizia etnica, o di un razzismo anti-italiano, da parte dei partigiani sloveni, quando sostiene che: “Si deve rilevare che aver lasciato libero l’unico operaio d’origine slovena dimostra che tale massacro venne eseguito solo per il fatto che quei poveri ferrovieri erano tutti d’origine italiana, né agli stessi si poteva imputare qualsiasi attività politica in quanto esplicavano solamente la lor mansione di ferrovieri e null’altro”. All’indomani mattina, il 27 aprile 1949, fu celebrata una santa messa nella chiesa di S. Antonio Nuovo nel quinto anniversario della barbara eliminazione per iniziativa dell’Associazione partigiani italiani – Gruppo ferrovieri di Trieste. La ricerca di informazioni sulle salme degli sventurati fu condotta dalla Croce Rossa, ma con esito negativo. Sono state certe persone residenti a San Pietro del Carso a dare qualche notizia sull’eccidio di Cossana, secondo «La Voce Libera».
L’Organizzazione Todt dei nazisti – Gli attentati e i sabotaggi partigiani contro le infrastrutture si ripetevano sempre più minacciosi. È successo che a Prosecco (TS), il 28 maggio 1944, in seguito ad un attacco partigiano ai baraccamenti della Organizzazione Todt, impresa di costruzioni operante nella Germania nazista e in tutti i paesi occupati dalla Wehrmacht, le Waffen SS impiccano dieci operai che durante l’operazione avevano assunto un atteggiamento ritenuto sospetto, come riferito dall’ANPI. Erano gli stessi agenti dell’OZNA, il servizio segreto titino, a spingere i giovani con sentimenti partigiani a farsi arruolare nella Todt, per motivi di spionaggio e per rubare l’esplosivo per futuri attentati, come ha accennato Enzo Bertolissi.
Il massacro di Cossana ha coinvolto operai civili, essi non erano militari. Non compaiono in elenchi di deportati o di reclusi dai titini. Solo Giovanni Battista Morandini, Alfredo Degano, Pietro Sgobba e Michele Cerullo fanno parte dell’Elenco “Livio Valentini”, come civili. Alcuni di loro erano dipendenti privati della I.E.S. di Trieste (Impianti elettrici e servizi).
I Battaglioni Ferrovieri – Nell’Esercito italiano oltre al Reggimento Genio Ferrovieri, sorto sin dal 1859, esistevano altri reparti operativi, ad esempio, dalla metà della Seconda guerra mondiale con gli alleati. Nel nord occupato dai nazisti c’era la Todt. “Infatti un Ispettorato Truppe Ferroviarie Mobilitate, retto nel 1943 dal generale Giuseppe Perotti – come ha scritto Piero Crociani – aveva affiancato agli altri reparti del Genio Ferrovieri, impegnati soprattutto all’estero al seguito delle truppe operanti, due Raggruppamenti Genio Ferrovieri, che coordinavano l’opera di compagnie Ferrovieri di Lavoro e di sezioni militari di esercizio – inquadrati in “Battaglioni Ferrovieri” – spostati e frazionati in tutta Italia a seconda delle necessità”. Vedi: P. Crociani, “L’esercito nella ricostruzione. Un esempio: l’apporto per la rimessa in efficienza delle ferrovie” (p. 112).
I reparti ferrovieri del Regno del Sud e nelle zone liberate dipendono, per l’impiego, dal Military Railway Service alleato nel 1944. Essi erano impiegati nella riparazione delle linee, non nel loro esercizio, lasciato al personale delle Ferrovie dello Stato. Con la fine della guerra i dirigenti delle Ferrovie avevano potuto rendersi conto della situazione e formulare dei programmi per la ricostruzione delle linee di trasporto, come ha spiegato Crociani. Ciò avvenne anche grazie alle 315 locomotive e 22mila autocarri donati all’Italia dall’esercito USA, come ha scritto il quotidiano «Libertà» del 18 agosto 1945.Annuncihttps://c0.pubmine.com/sf/0.0.3/html/safeframe.htmlSEGNALA QUESTO ANNUNCIOPRIVACY
Titini a Cividale – Gli storici più accreditati hanno spiegato che l’occupazione titina si è svolta a Trieste, Gorizia e Monfalcone il 1° maggio 1945. Per 40 giorni militi jugoslavi prelevano dalle case i cittadini italiani, in media cento al giorno, pochi fascisti o collaborazionisti, ma molti Combattenti della Guerra di Liberazione, per eliminare ogni opposizione a Tito. Pochi fanno rientro a casa. Lo stesso accade a Cividale del Friuli, il paese di Gio.Batta Morandini, invaso pure dagli alleati. Gli storici hanno dimenticato questa invasione slava. “Alla porta del mercato, di buon mattino – ha scritto Antonio Rieppi su «Libertà» del 31 luglio 1946 – con numerosi carrozzoni, sono arrivati anche i partigiani di Tito che hanno occupato Casa Zorutti, il Liceo Ginnasio e il Palazzo Accordini dove hanno insediato un comando ed esposta la bandiera jugoslava”. I partigiani occupano pure il Municipio, esponendo la stessa bandiera di Tito. Per fortuna c’erano pure quella inglese e americana, così i titini non ebbero il campo libero per abbattere altri italiani. C’erano troppi carri armati degli alleati e i fazzoletti verdi della Osoppo.
Fonti orali e ringraziamenti – Le interviste sono state condotte a Udine da Elio Varutti con penna, taccuino e macchina fotografica. Si ringraziano i seguenti signori e i dirigenti ed operatori dell’Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione di Udine e della Società Filologia Friulana per la collaborazione alla ricerca.Annuncihttps://c0.pubmine.com/sf/0.0.3/html/safeframe.htmlSEGNALA QUESTO ANNUNCIOPRIVACY
Enzo Bertolissi, Prosecco (TS) 1937, esule a Tarvisio (UD), int, del 6 settembre 2018, del 29 luglio e 5 agosto 2020.
Elio Miani, Cividale del Friuli (UD) 1953, int. del 20 settembre 2021 ed email del 27 settembre 2021.
Documenti originali – Opera Nazionale Caduti senza Croce, Caduti infoibati o diversamente massacrati in tempo di guerra, provincia di Udine, documento in Word, p. 7.
Regio Esercito Italiano, Distretto militare di Udine, Foglio matricolare e caratteristico di Morandini Gio Batta, 16 giugno 1982. Collez. Elio Miani, Cividale del Friuli, stampato e ms.
Bibliografia e sitologia
“14 ferrovieri massacrati dai partigiani sloveni”, «La Voce Libera», Trieste, 26 aprile 1949. Collez. Elio Miani, Cividale del Friuli.
“22mila autocarri e 315 locomotive verranno consegnati all’Italia come residuati bellici americani”, «Libertà» organo del CLN della provincia di Udine, 18 agosto 1945, p. 1.
Amleto Ballarini, Giovanni Stelli, Marino Micich, Emiliano Loria, Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia. Le foibe, l’esodo, la memoria, Roma, Associazione per la Cultura Istriana, Fiumana Dalmata nel Lazio, 2015.Annuncihttps://c0.pubmine.com/sf/0.0.3/html/safeframe.htmlSEGNALA QUESTO ANNUNCIOPRIVACY
Piero Crociani, “L’esercito nella ricostruzione. Un esempio: l’apporto per la rimessa in efficienza delle ferrovie” , in Romain H. Rainero, Paolo Alberini (a cura di), Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989), Atti del Convegno di studi tenuto a Bologna nei giorni 27-28 ottobre 2004, Roma, 2006.
Mauro Dall’Aquila, “Vivissima reazione del popolo triestino all’inconsulta aggressione ai corridori del Giro d’Italia”, «Libertà», Udine, 2 luglio 1946, p. 1.
Elenco “Livio Valentini”, caduti della R.S.I., on line nel web.
Antonio Rieppi, “La liberazione di Cividale (Dal mio diario)”, «Libertà», Udine, 31 luglio 1946, p. 3.
Elio Varutti, Mio fratello nelle foibe istriane con gli Inglesi a esumar salme, on line dal 5 agosto 2020 su varutti.wordpress.com
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Interviste di Elio Varutti, Docente di “Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata” – Università della Terza Età, Udine. Networking e ricerche a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Elio Miani e professor Enrico Modotti. Collaborazione di Annalisa Vukusa, Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine, coordinato dal professor Elio Varutti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie della collezione di Elio Miani, Cividale del Friuli e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
Fonte: ElioVarutti. Storia, cultura, turismo – 08/10/2021