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I serbi di Trieste: dateci una scuola (Il Piccolo 15 dic)

di MADDALENA REBECCA

Per secoli hanno soltanto dato, contribuendo con i capitali, le navi e l’ingegno della loro «Nazione illirica» a far grande il nome della città-emporio di Trieste. Ora, gli eredi morali di capitani e mercanti come i Vojnovich, i Gopcevich e i Curtovich pensano sia venuto il momento di avere qualcosa in cambio. Un riconoscimento ufficiale del ruolo giocato dalla Comunità serba nella storia di questo territorio, che conserva ancora tante, splendide testimonianze del passaggio della ”gente di San Spiridione”.

Nasce con questo spirito la richiesta di ottenere lo status di minoranza linguistica formulata un po’ a sorpresa pochi giorni fa al ministro degli Esteri Frattini. Un’iniziativa audace per una realtà che, fino al 2007, aveva quasi paura ad aprirsi all’esterno ma che ora, seppur timidamente e senza alcuna arrogante prosopopea. chiede un segnale per poter contare di più. «Alla base di tutto c’è la volontà, e la necessità di salvaguardare la nostra identità e storia nazionale – spiega Bogoljub Stojicevic, il presidente a cui si deve il nuovo corso imboccato tre anni fa dalla Comunità serbo-ortodossa -. Oggi, con oltre 15mila residenti, rappresentiamo la realtà straniera più numerosa di Trieste, come testimonia la presenza di moltissimi bambini serbi nelle scuole elementari e medie. Abbiamo dialoghi importanti con le istituzioni e confronti continui con le altre comunità religiose. Il percorso di integrazione, quindi, è forte e solido. Per non rischiare che si trasformi in qualcosa di più vicino all’assimilazione, però, sentiamo l’esigenza di veder riconosciuta la nostra specificità. Vorremmo quindi ottenere ciò che le leggi italiane prevedono per tutte le comunità storiche. Nell’interesse nostro ma, credo, anche della città e del Paese in cui viviamo».

Ottenere lo status di minoranza linguistica, consentirebbe alla Comunità sviluppatasi attorno al tempio affacciato su Ponterosso di godere di una maggior autonomia culturale, organizzativa ed economica. E questo, prima di tutto, aiuterebbe a coronare il sogno oggi più ambito: riaprire la scuola privata di piazza Sant’Antonio 7. «Venne fondata nel 1782 grazie alla generosa donazione ( 24mila fiorini ndr) di un nostro benefattore analfabeta, il ricco mercante Jovan Miletich. morto a Vienna nel 1790 – continua Stojicevic -. Fu in assoluto la prima scuola serba al mondo. visto che, in quel periodo, la Serbia era sotto l’impero Ottomanno e non aveva un sistema di istruzione pubblica. Purtroppo, una quarantina di anni fa, ci siamo visti costretti a chiuderla: un po’ per difficoltà legate al riconoscimento normativo, un po’ perchè erano pochi i bambini che avrebbero potuto frequentarla».

Oggi invece, grazie all’arrivo in città di tante coppie giovani in cerca di nuove opportunità di lavoro, di potenziali alunni ce ne sarebbero tanti. E la speranza di poter riattivare il patrimonio rappresentato dalla scuola, ora adibita a biblioteca e spazio dove fare i compiti e studiare un po’ di cirillico, è diventata una delle molle alla base della richiesta avanzata a Frattini. «Di ufficiale però – precisa subito il presidente della Comunità, riconfermato lo scorso marzo e impegnato nel secondo mandato triennale – non c’è stato ancora nulla. Abbiamo semplicemente avviato un dialogo che, chiaramente, richiederà tempi lunghi. È invece ben avviato il confronto con Comune e Regione, che lo scorso anno, in conconcomitanza con i nostri anniversari (i 140 anni dalla consacrazione della chiesa di San Spiridione e nel 240° anniversario della prima Messa celebrata in città nell’antico slavo ecclesiastico ndr), ci hanno aiutato ad organizzare mostre e concerti seguiti da migliaia di persone». Non si pensi però ad un rapporto privilegiato con le giunte di centrodestra. «I contatti erano stati avviati già con l’amministrazione Illy – puntualizza subito Bogoljub Stojicevic -. Non siamo una comunità schierata politicamente, lavoriamo solo per rafforzare la collaborazione con le istituzioni nell’interesse della nostra gente. Gente, dopo essere rimasta a lungo chiusa dentro gli spazi della Comunità, desidera ora far conoscere la propria storia e i protagonisti del proprio passato. Nomi importanti, che tanto hanno fatto per Trieste».

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