Per gli italiani in Istria e in Dalmazia si aprì un periodo di nuove violenze da parte dei comunisti titini
Ci fu un altro 25 aprile, troppo spesso volutamente dimenticato. È quello degli italiani che si trovavano al di là dell’Adriatico. Lo ha ricordato, nella sua lettera a Il Corriera della Sera, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Nella missiva, la leader di Fratelli d’Italia scriveva: “È doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre”. Questa pagina di storia, che dovrebbe essere condivisa da tutti gli italiani, è stata a lungo dimenticata. Troppo spesso, si guardava agli italiani costretti a fuggire da quelle terre con imbarazzo. Quasi con una certa vergogna. Il Partito comunista li considerava dei fascisti. In realtà erano semplicemente italiani che avevano toccato con mano il “paradiso” socialista di Tito: esecuzioni sommarie, foibe, il dover abbandonare la propria casa pur di portare a casa la pelle. A leggere la storia di quei giorni viene la pelle d’oca.
Il presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), Renzo Codarin, ha ricordato la complessità del 25 aprile per gli esuli: “Mentre il resto d’Italia poteva considerare chiuso il conflitto, all’estremo nord-est si scatenava una nuova stagione di stragi nelle foibe, si consumavano processi sommari, venivano compiute deportazioni non solo di ex fascisti ma anche di quanti si opponevano al nascente regime comunista jugoslavo ed alle sue mire espansioniste”. Erano giorni bui, quelli. Giorni in cui una menzogna, un’accusa indimostrabile, faceva la differenza tra la vita e la morte. Prosegue Codarin: “I sedicenti tribunali del popolo emettevano le loro condanne basandosi sull’uguaglianza italiano=fascista, ignorando gli sforzi compiuti da migliaia di nostri connazionali contro il nazifascismo”. Il 25 aprile fu dunque, per questi nostri connazionali, una ferita. Che dava certamente loro la libertà, ma allo stesso tempo li mutilava, molto spesso con la violenza, degli affetti più cari. Ed è il motivo per cui Codarin afferma che la libertà del 25 aprile “non arrivò per tutti gli italiani e che ci furono partigiani che combatterono per instaurare una nuova dittatura liberticida di ispirazione comunista”.
Riscoprire queste tragiche pagine di storia è necessario affinché ci sia una vera pacificazione nazionale, che tenga conto anche delle ferite inflitte e impresse al nostro Paese.
Matteo Carnieletto
Fonte: Il Giornale – 26/04/2023