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Il Comitato ha ospitato Zecchi e il suo libro sull’Esodo

Raccontare non con un saggio ma in forma romanzesca l'esodo degli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia è sempre stato una sorta di non dichiarato tabù. Per il tema, delicato e controverso, e per tutte le questioni legate a quel pezzo di storia, tutt'oggi irrisolte, dalle problematiche connesse allo status di profugo ai diritti disattesi.

Romanzi autobiografici a parte, solo Carlo Sgorlon con il suo ”La foiba grande” ha tentato di infrangere questo divieto non scritto ma di coscienza, percepito in maniera forte soprattutto dagli scrittori che, per background culturale, si sentivano più vicini a questa poco conosciuta tragedia del Novecento.

Ci prova ora il veneziano Stefano Zecchi, docente di estetica, giornalista e scrittore, con il suo “Quando ci batteva forte il cuore”, edito da Mondadori. Presentato ieri all’auditorium del Museo Revoltella dall'autore, intervistato dal vicedirettore de ”ll Piccolo” Alberto Bollis, il romanzo racconta l’esodo attraverso la storia di una famiglia che non si arrende, ma in due modi differenti: da una parte c’è Nives, la madre, una donna molto forte che lotta fino alla morte per ribadire la propria italianità, anche a costo di mettere a repentaglio l’incolumità dei propri cari. Dall’altra c’è il padre, Flavio, che si attacca alla propria vita e a quella di Sergio, suo unico figlio, che non si piega davanti all’invasione jugoslava ma rifiuta di combattere una guerra che sa essere persa fin dall’inizio.

«Sono due i binari attraverso cui si muove questo romanzo, e di cui il titolo vuol essere la sintesi – spiega Zecchi –. C’è la rimozione di un fatto storico, l’idea forte di identità e di patria che ha fatto “battere il cuore” a tutti quelli che hanno vissuto quelle vicende, ma c’è anche la storia di un papà e del suo bambino, della loro alleanza che definisce il senso della vita: in nome di questo rapporto vale la pena sfidare la miseria, la crudeltà e l’indifferenza della gente».

«Il titolo è estremamente azzeccato – interviene Bollis –: il romanzo emoziona e commuove. Pur avendo sentito migliaia di volte racconti legati all’esodo da parte di parenti e amici, attraverso il libro di Zecchi ho “visto l’esodo”. Proprio per questo credo che sia una lettura fondamentale per i giovani: dà la possibilità di avvicinarsi a questa tragedia in modo coinvolgente, ma ricostruisce anche fedelmente la vicenda storica».

«Certo, per scrivere questo libro mi sono documentato – prosegue l’autore – ma alcuni fatti li avevo vissuti personalmente a Venezia: ho visto l’arrivo dei profughi in Riva degli Schiavoni, ho visto degli scalmanati con le bandiere rosse agitarsi convinti che gli esuli fossero fuggiti da un paradiso comunista, ho visto i figli dell’esodo venire a scuola con addosso i famigerati cartelli con la scritta “profugo”. Ma tra i tanti libri su questi fatti che ho letto per documentarmi – racconta Zecchi – mi è parso che mancasse la storia capace di entrare nel cuore delle persone. Certo, ci sono stati Tomizza e Sgorlon, ma i loro sono stati romanzi prudenti, legati anche all’epoca in cui sono stati scritti. Volevo narrare l’esodo come Cassola ha raccontato la Resistenza: “La ragazza di Bube” rievoca quel periodo storico meglio di mille saggi.».

“Quando ci batteva forte il cuore” è un romanzo che, come quello di Cassola, potrebbe facilmente diventare un film, fa notare Bollis. «Me lo augurerei – risponde Zecchi –: a Pupi Avati il libro è piaciuto, e una trasposizione cinematografica potrebbe essere un mezzo efficace per fare conoscere questo pezzo di storia a un gran numero di persone. Sulle foibe adesso c’è una maggiore consapevolezza, ma sul tema dei profughi e dell’esodo, due tragiche vicende della nostra democrazia, c’è ancora tanto lavoro da fare».

All’incontro con lo scrittore, realizzato grazie alla collaborazione tra Comune, Anvgd di Trieste e Cdm (Centro documentazione multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana, dalmata) hanno partecipato anche il presidente della Federazione delle associazioni degli esuli Renzo Codarin, Roberto Predolin, consigliere nazionale dell’Anvgd e amico di Zecchi, l'assessore Massimo Greco e il senatore del Pdl Alfredo Mantica.

Giulia Basso su Il Piccolo del 29 ottobre 2010
 

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