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Il concerto e i nodi irrisolti di chi ha perso tutto (Il Piccolo 05 lug)

LETTERE

Caro direttore, vorrei rivelarle la mia opinione, se lo permette, non una critica, sul «caso emerso riguardo la lodevole iniziativa di riunire i tre capi di Stato confinanti per un concerto (il 13 luglio) composto da musicisti appartenenti alle loro tre nazioni (dopo la seconda guerra mondiale in tragico conflitto) diretti dal grande direttore d’orchestra Muti, nell’intento di superare le ormai logoranti «picche e ripicche».

Tutte le persone di buono senso e cosiddette civili auspicano rapporti armoniosi e costruttivi tra stati confinanti, ma qui a suon di musica, ci si illude di poter cancellare fatti orrendi. Non si tratta di «picche e ripicche», si tratta di mostruose violenze e ingiustizie perpetrate da fanatismi «fascisti e comunisti» contro inermi cittadini, e coperte da politici senza scrupoli, per i loro politici interessi!

Vedi Palestina e Israele (anche qui concerto dell’amicizia), risultato? Se non c’è la volontà, la coscienza politica, non si rimedia nulla.

Dopo la prima guerra mondiale i «vincenti» italiani non massacrarono i perdenti austriaci e non si impossessarono dei loro beni: molti di loro si ritirarono in Austria dopo aver venduto case e terreni al prezzo commerciale corrente e parecchi rimasero sotto la sovranità italiana, liberi di svolgere la loro professione.

C’è però qualcosa di molto importante da chiarire e risolvere e rivelare all’opinione pubblica: il rapporto esuli-governo e il silenzio dal trattato di pace di Parigi con la Jugoslavia 1947 fino al 2010, sui trattati, confische, appropriazioni indebite da parte degli uni (governo jugoslavo) e degli altri (governo italiano).

Già, perché da parte jugoslava vennero confiscati illegalmente case e terreni, ma il governo italiano, illegalmente e senza il consenso dei proprietari, riuscì a barattare il risarcimento dei danni di guerra con il valore dei beni posseduti dagli esuli. Venne, allora, considerato un «prestito» da restituire entro circa 7 anni.

Dopo 60 anni, gli eredi dei titolari dei beni confiscati illegalmente e illegalmente utilizzati, attendono il saldo «irrisorio» di quel «prestito» burlesco e truffaldino: come truffaldina fu la scelta del coefficiente di rivalutazione, alto per i beni minori, basso per i beni consistenti.

Ecco perché, prima di programmare eventi speciali, sarebbe opportuno approfondire le problematiche locali e possibilmente risolverle, per la pace dei vecchi, un sereno futuro per le generazioni a venire e un armonioso rapporto con gli stati confinanti. E il governo ci guadagnerebbe in «credibilità» ed «efficienza».

Caterina Martinoli

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