Cosa hanno in comune il Muro di Berlino, il Giro d’Italia e Pieris nel 1946? Apparentemente nulla, ma in realtà c’è un filo rosso – e il colore ci sta a pennello – che lega questi avvenimenti. Sullo sfondo ci sono la nuova Europa e i confini cancellati.
A regalarci questo affascinante intreccio è una professoressa originaria di Turriaco, che lavora tra Monfalcone e Grado. Si chiama Silvia Clama e per il circolo culturale “Brandl” di Turriaco ha scritto e pubblicato una storia molto interessante.
Prima di svelarla rendiamo merito al “Brandl” della presidenta Elisa Baldo. È una di quelle associazioni culturali assolutamente fondamentali per preservare la nostra storia; veri e propri congelatori di memorie e di testimonianze che altrimenti andrebbero irrimediabilmente perdute.
Sta di fatto che il circolo “Brandl” edita per la collana “I quaderni turriachesi” una straordinaria ricerca a firma di Silvia Clama. La storia si intitola “1946; il giro d’Italia fermato a Pieris”.
La vicenda è nota, ma la peculiarità del lavoro di Clama sta nell’aver recuperato dalla viva voce dei testimoni (alcuni nel frattempo deceduti) come andarono i fatti.
E qui veniamo agli agganci con il Muro di Berlino, i confini e l’Europa avvelenata dalle ideologie sgorgate dalla seconda guerra mondiale.
Fu che a Pieris il 30 giugno del 1946 era in programma una tappa del Giro d’Italia. Giunta che fu al vecchio passaggio al livello, la comitiva rosa venne bloccata da un’iniziativa per così dire proditoria di un gruppo di sostenitori dei partigiani titini (i rossi, appunto) i quali volevano estendere i nuovi confini della Jugoslavia all’Isonzo. Eran tempi duri e confusi quelli. I girini, intimiditi, si fermarono. Poi alcuni si arresero alle minacce e altri raggiunsero Trieste. Dove la tappa fu vinta proprio dal mitico giuliano Giordano Cottur.
Il libro di Clama indaga quei fatti ed è particolarmente prezioso per le testimonianze dirette che lo corredano.
Sembrano preistoria i fatti di quella tappa, ma sono storia di ieri. Ora che son rimasti in piedi pochi confini e che nell’Unione europea ci dobbiamo voler tutti bene ecco che riflettere sul recente passato è molto istruttivo.
Roberto Covaz
Fonte: Il Piccolo – 08/11/2009