ANVGD_cover-post-no-img

Il liberatore di Trieste cacciato dalla sua Istria (Il Piccolo 13 nov)

Il 28 ottobre 1918 il capitano dell’esercito austro-ungarico Carlo Baxa, inviato dagli austriaci a Trieste per dare la caccia ai disertori, cambia fronte e si presenta dal presidente del Comitato di salute pubblica cittadina Alfonso Valerio che lo arruola per costituire la Guardia nazionale. Il primo novembre 1918 Baxa occupa nel nome dell’Italia la caserma grande nell’attuale piazza Oberdan dov’era di stanza un reggimento austriaco: realizza così il suo sogno da irredentista. La sorte gli presenta il conto, a favore di altri vincitori, solo 25 anni dopo.

L’8 settembre 1943 Carlo Baxa viene cacciato assieme alla sua famiglia e a quelle dei suoi cugini da Lindaro, una frazione di Pisino dove i Baxa, slovacchi per antica origine, erano la saga più radicata. La sua residenza, la villa con la torre merlata che storicamente connota l’abitato, viene occupata. Va dispersa anche la pregiata biblioteca ricca di volumi soprattutto tedeschi. Spariscono i numerosi cimeli: gli stemmi e le armi che erano appesi alle pareti o custoditi in quanto egli era anche studioso di storia patria e di araldica. Suo cugino Marco viene arrestato dai partigiani titini e rinchiuso nel castello di Pisino. È una paesana comunista però, sembra, a testimoniare della sua correttezza e onestà per cui dopo pochi giorni è libero. È costretto ad andarsene con la propria famiglia anche l’altro cugino, Arturo.

Va detto che a Pisino, dove la popolazione è sempre stata mistilingue, il fascismo con la sua violenza nazionalizzatrice aveva fatto danni e esacerbato gli animi ancor più che nelle zone costiere dove gli italiani erano maggioranza. I Baxa avevano tre aziende agricole, vasti terreni, gruppi di mezzadri che lavoravano per loro. Si producevano in particolare pregiate uve da tavola. Tra le due guerre Carlo Baxa era stato prima direttore della Commissione di cura a Portorose e poi direttore della Stazione climatica e balneare di Abbazia. Case, terreni, altri beni: tutto è stato confiscato e nazionalizzato dalla Jugoslavia.

«Avevo cinque anni nel 1943 – racconta Fulvio Baxa figlio di Arturo – ho ricordi pallidi, ma l’amarezza è nitida. Poi sono tornato a Lindaro qualche volta, l’ultima una decina di anni fa: nelle nostre case si è insediata altra gente, ma sono tenute in condizioni pietose».

Dopo la seconda guerra mondiale la vita dei Baxa riparte completamente al di qua del nuovo confine. Carlo Baxa si trasferisce prima a Trieste e poi a Merano dove muore nel 1951, Marco si impiega a Trieste presso la Editoriale libraria, Arturo è direttore della filiale di Monfalcone della Cassa di risparmio di Trieste. «Negli anni Cinquanta – racconta oggi Fulvio Baxa – abbiamo avuto dallo Stato italiano indennizzi irrisori rispetto al valore delle proprietà. Al governo croato non abbiamo avanzato, né avanzeremo alcuna richiesta: è un capitolo della storia ingiustamente chiuso, ma non serbiamo rancori».

 

Silvio Maranzana

“Il Piccolo” 13 novembre 2011

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.