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Il Piccolo – 160108 – Slovenia divisa su visita Napolitano

dall'inviato Mauro Manzin

LUBIANA «Riconciliazione», una parola più volte pronunciata lunedì a Lubiana
dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e dal capo dello Stato
sloveno, Danilo Türk durante il loro incontro. Ma, inopinatamente, il
termine che è sinonimo di cooperazione nel futuro comune europeo, ha agitato
le acque di una parte degli sloveni che continuano a guardare con diffidenza
a qualsiasi forma di cooperazione con l'Italia nelle cui mosse si vuole
molte volte, e questo caso è addirittura emblematico, cercare strane
dietrologie costruite per danneggiare Lubiana.
Visibilmente stizzito da una lettera inviatagli dall'Unione degli istriani
il giorno della sua visita di Stato in Slovenia il presidente della
Repubblica, lunedì sera, a incontri bilaterali conclusi, ha voluto
puntualizzare ancora una volta la sua posizione. Dopo aver definito
«grossolane» le posizioni degli esuli ha ribadito che «non è con le
rivendicazioni che si costruisce la casa comune». «Ho grande rispetto – ha
poi proseguito – per le sofferenze che gli italiani che hanno dovuto
lasciare l'Istria hanno affrontato. Sofferenze nate dalla repressione
fascista prima e dalle violenze dei regimi dopo. Io la storia la conosco
bene». «Ma non possiamo – ha concluso – restare prigionieri del passato,
dobbiamo guardare al futuro perché la riconciliazione è già avvenuta dentro
l'Unione europea».
Ma è proprio come prigioniero del passato che alcuni media sloveni, tra cui
l'autorevole «Delo», hanno dipinto il pressidente della Repubblica italiano.
Proprio sul «Delo», in terza pagina, un titolo al curaro: «Giorgio
Napolitano sulla strada della destra». Il quotidiano ricorda il discorso di
Napolitano dello scorso febbraio in occasione della Giornata del ricordo
dell'esodo degli esuli italiani dall'ex Jugoslavia in cui usò termini come
«espansionismo slavo». Immediata fu la reazione del presidente croato Stipe
Mesic. Ma il chiarimento distensivo con Zagabria fu rapido e il presidente
sloveno (era ancora Drnovsek che poi ha lasciato il posto a Türk a Natale)
ci tenne a dissiociarsi dai toni duri contro l'Italia, a dire che sulle
pagine storiche taciute «ciascuno ha il dovere di fare pulizia in casa
propria». Drnovsek fu subito d'accordo con Napolitano per «un dialogo
tollerante nell'ambito Ue». E un mese dopo il governo di Lubiana consegnò
una lista di mille italiani deportati nel 1945 durante i 40 giorni di
occupazione di Trieste da parte dei titini. Ma la stampa slovena oggi
insiste e imputa al proprio al presidente Türk di essere stato troppo timido
per non aver messo in agenda proprio il discorso dei temi della Seconda
guerra mondiale e che non abbia chiesto la restituzione dei beni culturali
trafugati dai fascisti.
Diametralmente opposta la reazione della Slovenia politica. Il presidente
Türk ha ricordato di aver ricevuto Napolitano nella sua veste di capo dello
Stato che presiede l'Unione europea e Napolitano ha espresso la pari dignità
di Italia e Slovenia nell'ambito comunitario. E il prossimo 26 febbraio sarà
lo stesso Türk a rendere visita a Roma a Napolitano. Stessa soddisfazione da
parte del premier Janez Jansa che con Napolitano ha consultato l'agenda
europea della Slovenia trovandosi d'accordo su molti temi anche delicati,
come quelli del Kosovo e della tutela reciproca delle minoranze. Ma quella
«riconciliazione che – secondo Türk – già da anni è una realtà proprio sulle
terre di confine tra i due Paesi» è diventata scomoda per un'altra Slovenia.
E che non è quella che vota centrodestra.
Alla rabbia di Napolitano ieri il presidente dell'Unione degli Istriani,
Massimiliano Lacota ha precisato che non vi è stato «alcun attacco personale
al presidente», ma «una precisa e completa denuncia delle disgrazie e delle
verità storiche che hanno coinvolto e coinvolgono gli istriani». In mertio
alle riflessioni su storia e futuro di Napolitano il presidente della
Federazione degli esuli, Renzo Codarin ha scritto al capo dello Stato che
«noi intendiamo essere parte attiva di questi processi di valorizzazione
dell'Adriatico, culturalmente e civilmente, non solo economicamente».
«Quando poniamo all'attenzione delle istituzioni – ha precisato – il tema
dei beni abbandonati o delle vecchie sistuazioni di ingiustizia non ancora
sanate, lo facciamo perché siamo convinti che senza la presenza degli
istriani, fiumani e dalmati di lingua e cultura italiana, sia esuli che
rimasti, questa parte d'Europa risulterebbe monca ed impoverita, meno forte
nell'affrontare le opportunità che le nuove condizioni offrono».

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