TRIESTE Bojan Brezigar, il presidente del comitato paritetico, annuncia l’accordo sul bilinguismo visivo: 23 comuni del Friuli Venezia Giulia si impegnano sin d’ora a diffondere sul territorio insegne pubbliche, carta intestata, cartelli toponomastici e segnali stradali in italiano e sloveno. Ettore Rosato, il sottosegretario degli Interni, evidenzia invece l’impegno del Viminale e definisce l’operazione carte d’identità bilingui: i modelli elettronici sono in arrivo, già a fine mese, alla prefettura di Trieste.
LA FIRMA In poche ore, dopo sei anni di attese, ritardi e polemiche, la tutela della minoranza slovena compie un balzo in avanti. L’accelerazione segue la firma «storica» con cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 12 settembre, ha siglato il decreto che individua la mappa dei 32 comuni in cui la tutela va attuata, consentendo l’applicazione piena della legge nazionale 38 del 2001: «Ora il decreto è all’esame della Corte dei conti. Seguirà la pubblicazione e l’entrata in vigore. I tempi? Crediamo entro ottobre» quantifica Brezigar.
LE AUDIZIONI Nell’attesa, però, il comitato paritetico cui la legge demanda non pochi compiti e il Viminale non stanno fermi. Al contrario: il primo, negli ultimi due giorni, chiama in audizione i 32 sindaci dei comuni inseriti nella mappa certificata da Napolitano, più i presidenti di Province e Comunità montane. L’obiettivo: far partire quanto prima, come prevede l’articolo 10, il bilinguismo delle insegne e dei cartelli. Un obiettivo raggiunto: sei comuni in provincia di Trieste, altrettanti in provincia di Gorizia e undici in quella di Udine si dicono pronti sin d’ora.
LE RICHIESTE Certo, non mancano sorprese e precisazioni. Trieste, ad esempio, riserva il bilinguismo visivo alle frazioni del Carso. Ma il sindaco Roberto Dipiazza promette piena applicazione della legge, sostituendo ad esempio i cartelli italiani a Santa Croce, piuttosto che introducendo le carte d’identità elettroniche. Gorizia, invece, chiede e ottiene solo tre circoscrizioni bilingui, anziché quattro: «Se sarà confermato l’accoglimento della mia richiesta di non inserire Montesanto-Piazzutta – spiega il sindaco Ettore Romoli – lo considererò senz’altro un risultato positivo, segno della volontà di un’applicazione soft della legge di tutela, condizione primaria per evitare reazioni negative». Monfalcone, ancora, si autoesclude. Almeno per ora: «L’amministrazione ci ha chiesto una pausa di riflessione» spiega Brezigar. Muggia e Cormons, invece, limitano le frazioni in cui diffondere i cartelli in doppia lingua. Resia e San Pietro al Natisone strappano l’uso delle varianti locali dello sloveno. E Tarvisio, giacché ospita anche le minoranze friulane e germanofone, conquista un percorso speciale.
IL DOCUMENTO Ma, alla fine, l’accordo arriva. E il comitato paritetico, con il solo voto contrario di Adriano Ritossa e l’astensione di Damjan Paulin, può ratificare l’adesione di 23 comuni: «Abbiamo predisposto un documento con allegata la tabella che individua i comuni o le frazioni in cui si applica l’articolo 10, nonché gli enti che devono applicarlo, e quindi i Comuni stessi, le Province, le Comunità montane e le Unioni» conferma Brezigar. Il presidente aggiunge che quella tabella rappresenta l’inizio, non la fine, perché correzioni, ripensamenti e new entry sono possibili e auspicabili: «Il sindaco di Gorizia, ad esempio, non ha escluso un ampliamento futuro delle circoscrizioni».
LE RISORSE Di certo, ora tocca a Riccardo Illy: il presidente della Regione, che Brezigar incontra già nel pomeriggio di ieri, deve emanare il decreto attuativo. E far decollare definitivamente l’operazione. Il comitato paritetico, nel frattempo, decide un nuovo sollecito su Tommaso Padoa Schioppa e sul suo ministero: «Chiederemo il reinserimento dei finanziamenti previsti dalla legge ma ormai scaduti». Non sono tanti, anzi sono proprio pochini: 128 milioni di vecchie lire all’anno, poco più di 60 mila euro. Ed è anche per questo, spiega Brezigar, che il comitato concede cinque anni di tempo ai Comuni per la messa a regime del bilinguismo visivo.
I GONFALONI Non è l’unica concessione. Interpretando estensivamente la legge di tutela, oltre a riconoscere l’uso della variante resiana, il comitato paritetico chiarisce che i gonfaloni non devono diventare obbligatoriamente bilingui: «A nostro avviso – spiega Brezigar – la scelta va lasciata ai consigli comunali».
IL VIMINALE La legge 38, naturalmente, non prevede solo i cartelli, le insegne e la carta intestata in italiano e sloveno. Ma sancisce, ad esempio, il diritto ad avere nome e cognome scritto con la corretta ortografia slovena su tutti i documenti, ad usare la lingua slovena nei rapporti con l’amministrazione pubblica e ad ottenere, su richiesta, carte d’identità e certificati bilingui. Facile a dirsi, decisamente meno a farsi: il solo introdurre i segni diacritrici nei software di mezzo governo, affinché sul codice fiscale piuttosto che sul passaporto non «storpi» nome e cognome del cittadino, richiede una fatica titanica. Ma il ministero degli Interni, come spiega Rosato, il sottosegretario triestino che sta seguendo passo passo l’iter della 38, ci sta lavorando da mesi. E i frutti sono in arrivo. La riprova? «Le carte di identità bilingui, stampate su modulo elettronico da parte del Poligrafico, saranno inviate alla prefettura di Trieste entro il mese. E gli esperti del Viminale incaricati di installare la postazione necessaria al rilascio – aggiunge Rosato – arriveranno in Comune il 4 e 5 ottobre».