di Guido Barella
TRIESTE
La sua fu l’ultima famiglia italiana a lasciare Zara, il 30 ottobre ’44, imbarcata su un cacciatorpediniere tedesco diretto a Fiume. Sergio Vatta aveva 7 anni. Oggi, dopo una vita trascorsa sui campi di calcio (ha inventato lui quello che per anni è stato il settore giovanile più forte d’Italia, il vivaio del Torino), sta lavorando a un progetto che ha un nome e anche dei colori. Ricostituire la Fiumana, con la sua maglia amaranto e i calzoncini gialloblu. E rivederla partire da lì dove giocò il suo ultimo campionato, oggi chiamato Prima Divisione, la serie C di allora.
Intanto domani, per un pomeriggio, Sergio Vatta vivrà l’emozione di rivedere quei colori su un campo di calcio. Guidandoli dalla panchina. L’appuntamento è un vero e proprio tuffo al cuore. Alle 17, al “Flaminio” di Roma si gioca il Triangolare del Ricordo, a conclusione di una giornata che sarà aperta in mattinata, alle 9.30, all’Auditorium del Coni, dal convegno sul tema “Lo sport giuliano-dalmato nella storia italiana”. A sfidarsi, dunque, la Fiumana e poi il Grion Pola (che avrà in panchina Lucio Mujesan, istriano, ex di Roma, Bologna, Bari e Verona) e il Dalmazia (per l’occasione guidato da Pierluigi Pizzaballa, ex portiere di Atalanta, Roma, Verona e Milan che esule non è ma che ha sposato la causa con passione). In campo discendenti di famiglie esuli che arrivano da ogni angolo del mondo. Tra loro anche alcuni triestini: Tiziano Puzzer con la Fiumana e Daniele Diminich, Manuel Geroni e Antonio Russo con il Grion Pola.
Aspettando dunque che la Fiumana rinasca davvero (a Torino ha già pronto un campo, al Parco Ruffini, 8mila posti), ecco allora che domani quelle storiche maglie torneranno su un prato verde. Tanti, troppi anni dopo. La Fiumana giocò la sua ultima partita il 14 marzo 1943, 4-1 al Vittorio Veneto. Negli anni, anche una partecipazione alla serie A dell’epoca (era la stagione 1928/29, e si chiamava Divisione Nazionale), un po’ di B e una dozzina di stagioni in C (chiamata fino a metà degli anni Trenta Prima divisione, proprio come oggi). Il Grion Pola (così battezzato per ricordare Giovanni Grion, bersagliere istriano caduto nella Grande guerra) si affacciò nel suo momento migliore in serie B nel 1932. Poi, tanta C. L’11 febbraio 1945 l’ultima partita, 8-1 a una rappresentativa tedesca. Il Dalmazia, invece, attraversava l’Adriatico, in nave o in idrovolante, per ogni trasferta: giocava infatti nel campionato di Prima divisione Marche-Abruzzi-Dalmazia fino alla stagione 1939/40. La dirigenza l’aveva annunciata come quella del rilancio. Non sapeva, non poteva sapere che la Storia avrebbe travolto tutto. E dopo venti giornate il Dalmazia si dovette ritirare. Per non giocare mai più.
Adesso quelle squadre rinascono per un pomeriggio. Ecco gli amaranto della Fiumana, i nerostellari del Grion Pola, i biancoblu del Dalmazia. E si riapre il libro dei ricordi. Perché il Grion Pola, ad esempio, aveva quella maglia, nerostellata appunto, non per imitare il Casale, ma perché dei ragazzi avevano rubato una bandiera americana da una nave in porto e aveva ritagliato le stelle cucendosele sulla maglia. O perché il Dalmazia ebbe allenatore anche Antonio Blasevich, già stella dell’Inter e poi futuro tecnico del Padova. E perché la Fiumana, invece, era stata la squadra di Loik, che poi sarebbe morto nella tragedia di Superga, di Marcello Mihalic (il primo giocatore della squadra chiamato in azzurro), i fratelli Varglien. Perché Fiume è stata la prima città nella quale sulla maglia della Nazionale comparve lo scudetto tricolore. Perché fiumano, orgogliosamente fiumano, è anche Nini Udovicich, bandiera del Novara negli anni Sessanta: «L’ho chiamato, lo coinvolgerò nel mio progetto – spiega Vatta -. Perché l’ho detto anche al presidente Abete: io lotterò fino alla morte per far rinascere la Fiumana. E se un dalmata lo dice, lo fa!»