Il tragico esodo dei Vellenich da Pola

Certi istriani hanno vissuto le principali tragedie dell’esodo giuliano dalmata e solo adesso le raccontano, rompendo così i silenzi culturali e politici. È il caso di Silva Vellenich, nata a Pola nel 1952. “Siamo partiti in treno nel 1956, con le opzioni, assieme ad altri italiani – ha detto – eravamo mia madre, Giovanna Radman, mia sorella Grazia e mio fratello Mario, non eravamo fascisti, si era gente normale, quando si arriva alla stazione di Bologna c’erano degli esaltati che ci gridavano ‘fascisti’ e ci buttavano addosso delle bottiglie di latte, per spregio dato che noi si aveva in treno bimbi che avevano bisogno di latte”.

Allora non c’è stato un solo treno della vergogna nel 1947, ma molti di più. Ho capito che i maschi della sua famiglia, nella casa vicino all’Arena dove abitavate, non sopportavano più le prevaricazioni titine, così volevano partire a tutti i costi. “Proprio così. È successo un fatto terribile come raccontavano mia madre e mia sorella, mentre io ero appena nata – ha aggiunto la signora Silva – perché mio papà, Giuseppe Vellenich, caporeparto all’arsenale di Scoglio Olivi, a maggio del 1952, ha voluto andar via in barca a remi con altri quattro italiani, ma qualcuno aveva fatto la spia, così i militari jugoslavi li aspettavano in mare, li hanno catturati e uccisi sul posto, dissero che erano stati mitragliati nella fuga, invece tempo dopo sono stati trovati cinque resti umani in fondo al mare con i polsi legati col filo di ferro ed un colpo alla nuca”.

Crp Laterina, alunni e maestre vicino alla baracca chiesa, a sinistra, 1955. Collez. Silvana Vellenich

Questi sono fatti tragici per lei, signora Silva e i suoi cari, comunque sono pezzi della storia d’Italia. Bisogna renderli pubblici, è d’accordo? “Sì, e voglio raccontare anche di quando mio fratello Onorato scappa con un altro polesano in barca – ha precisato Silva Vellenich, con l’aiuto della sorella Grazia – e va a finire sulla costa vicino a Pescara, i due naufraghi vengono recuperati da una petroliera e portati in ospedale per le cure, poi lui si rifugia a casa di mia zia Vellenich Iolanda, a Bologna. Al Centro raccolta profughi di Laterina ci raccontava: iero pien de acqua de mar”.

Dichiarazione dell’ambasciatore d’Italia a Belgrado circa lo svincolo della cittadinanza jugoslava per quella italiana di Albina Vellenich, 1955. Collez. Silvana Vellenich

Ho parlato anche con Grazia Vellenich, sorella di Silva. Prima di essere mandati al Crp di Laterina (AR) sarete passati da Trieste e dal Centro smistamento profughi di Udine, il più grande d’Italia. “Sì, dopo il Silos di Trieste, a Udine ci siamo fermati una settimana volevano mandarci in un Campo profughi della Puglia – ha spiegato Grazia Vellenich – ma la mia mamma ha chiesto un altro posto, perciò ci hanno destinati col treno al Crp di Laterina. Iera fredo, coverte tirade e l’acqua de piova che passava dai tetti, in gabinetto iera tre busi sul cemento e iera la coda per svodar i seci e i vasi da note, perché le latrine iera all’aperto. Sa che mi go sentio s’ciopar le mine de Vergarolla nel 1946. Abitavo vicin de la Rena, Mario e Onorato, miei fradei, gaveva de garegiar col canottaggio, ma sicome gaveva delle vesciche no xe andadi. Go sentio el colpo e go visto el fumo, dopo in strada tanta gente coreva sporca de sangue. I slavi rivadi dai monti a Pola ne dixeva: sporchi italiani via de qua, questa è casa nostra! In Toscana e a Milano i italiani me dixeva: sporca slava! Gavemo chiesto la casa popolare a Milano e ne ga domandado: da dove venite? Gavemo risposto: dal Campo profughi. Hanno concluso: allora tornate al Campo profughi”.

Poi ho ascoltato Silvana Vellenich, cugina di Silva e Grazia. “Ricordo che al Centro smistamento di Udine c’era un caseggiato con varie stanze grandi e tanti profughi, si mangiava in mensa – ha detto la signora Silvana – ho ricevuto un pacco della CRI proveniente dalla Svezia con dei giocattolini, sempre a Udine, mia madre uscì dal Campo per andare in una merceria che stava lì difronte a comprare una saponetta profumata”. In effetti la signora Teresa Novelli Marioni, che stava in quella merceria in via Pradamano, ha ricordato che i profughi giuliano dalmati uscivano dal Csp per comprare qualcosa, o per tentare di scambiare anelli, monili e pizzi per certi prodotti del negozio.

Come era la vita quotidiana al Crp di Laterina (AR)? “È passato tanto tempo da quando giocavo spensierata al Campo profughi di Laterina – ha scritto in un memoriale Silva Vellenich; vedi foto sotto – purtroppo sono ricordi di fanciulla. Tanti belli e qualcuno brutto. Il gioco faceva scorrere le mie giornate in spensieratezza specialmente d’estate, in inverno faceva tanto freddo in quelle baracche, dove l’acqua scendeva dai muri all’interno e ricordo la mamma che metteva stracci sul pavimento perché non inondasse il misero abitacolo condiviso con un’altra famiglia, anch’essa profuga come noi dall’Istria”.

nominativo delle famiglie Vellenich compare nell’Elenco alfabetico profughi giuliani del Comune di Laterina, ai fascicoli n. 687 e 1.079 e risultano usciti per Firenze il 29 marzo 1956 e per Cisinello Balsamo (MI) il 14 aprile 1959, altri poco dopo per l’Argentina. Signora Silva ci dice qualcosa ancora sulle baracche? “Noi a Laterina siamo stati per tre anni – ha replicato la testimone – per divisori gavevimo le coverte tirade, quando pioveva tanto entrava l’acqua scrosciando dai muri, mamma dixeva: cori a meter strazila baracca c’era tutto fango, avevamo perfino i topi, come ricorda mia sorella Grazia, mia mamma ghe coreva drio con la scova. Le latrine avevano dei buchi, non il water, erano all’esterno della baracca. Avevo un solo giocattolo, un bambola, che un giorno mi è caduta nell’Arno, così mi sono abbassata per prenderla, ma sono finita in acqua, mi ha salvato un signore, come quando sono precipitata nello scarico fognario, mi ha tirata su un uomo e portata in Campo. Mia mamma ga preparà la mastela per farme el bagno e tirarme via la spussa, iera una lavada e una s’ciafa [schiaffo], una lavada e una s’ciafa”.

Il freddo aretino dei primi anni ‘50 è ricordato anche da Silvana Vellenich. “Ci davano un po’ di legna per far fuoco e cucinare su una stufa di mattoni con una latta di sopra nella baracca n. 1 – ha detto Silvana – si dormiva sui pagliericci con le coperte per divisori, col sussidio si comprava il cibo allo spaccio del signor Re vicino al Campo, ho fatto la scuola in baracca e siamo usciti dal Crp di Laterina, nel 1956, per andare in quello di via Guelfa a Firenze e poi finalmente in una casa popolare, quando potevo mangiare un frutto, per me era una grande festa, ah che roba, i miei familiari, Olimpia e Natale, son finiti in Argentina nel 1960, ho capito di aver passato il confine jugoslavo perché i militari avevano una divisa diversa e ho guardato fisso un finanziere italiano che mi ha fatto il saluto militare: che grande rispetto! Me lo ricordo ancora”.

Signora Silva, cosa può dire del cibo in Campo profughi o nell’esodo? “Mia mamma faceva la cuoca nel Crp – ha aggiunto Silva Vellenich – e portava i subioti [maccheroni] col sugo e a Cisinello Balsamo, dove siamo andati dopo il Crp di Laterina, da mio fratello in appartamento, dato che lui aveva trovato lavoro, la mamma faceva gli gnocchi col sugo di spezzatino, dopo i gnochi de pan e i gnochi al burro, con un cucchiaino di marmellata di ripieno, rotolati nel cacao. Mama dixeva: vegnì magnar i gnochi! Mi ricordo la manera [mannaia da cucina] per bater el bacalà e lasciarlo una settimana fermo, dopo el minestron de fasoi [fagioli]. Eravamo in una casa senza riscaldamento, solo col sparcher a legna in cusina [cucina economica] nel 1960-1970 e tanto freddo in camera. Prima di venire in Friuli, lavoravo a Milano in un’azienda di telefoni e i colleghi mi dicevano: la bellezza slava”.

Com’è la storia del suo babbo fotografato con Giorgio Perlasca, il salvatore di 5mila ebrei ungheresi dalla Shoah? “Ci dicevano in famiglia – ha detto Silva Vellenich – che in una fotografia del babbo Giuseppe, in Etiopia, dove mio padre ha lavorato nel settore edilizio, verso il 1936, è assieme appunto al signor Perlasca, ma non saprei se è vero”.

Giuseppe Vellenich, in basso a destra, assieme a dei commilitoni, nel 1936, in Etipoia, con Perlasca, a destra in piedi. Collez. Silva Vellenich

Da un po’ di tempo, signora Silva, ho saputo che si dedica alla pittura, qual è il suo genere preferito? “La pittura astratta – ha concluso – oppure il mare, le barche e i tramonti”.

L’accoglienza dei profughi a Laterina, come in tutta Italia, fu dapprima osteggiata, poi come ha detto Giovanni Nocentini: “il clima si stemperò e gli esuli giuliano dalmati fraternizzarono con la popolazione locale, tanto che alla partenza da Laterina qualche istriano disse: ‘Abbiamo pianto quando siamo arrivati e piangiamo ora che ce ne andiamo’, a conferma dell’inserimento avvenuto”. Non è tutto, la stessa fonte locale, in un suo recente volume, ricorda come dopo la chiusura del Crp, avvenuta nel 1963, le baracche furono riutilizzate come magazzini e sedi artigianali. Il negozio del carrozziere Aldo, detto Pitena, fu installato nella ex baracca-chiesa. L’attività prese il nome di “Carrozzeria Oberdan”, il patriota irredentista triestino, tanto per accennare alla reciprocità culturale manifestatasi nell’incontro fra esuli e laterinesi (vedi: Nocentini, pag.107).

Crp di Laterina, bambini con don Bruno Bernini, mamme e maestre. Collez. Silvana Vellenich

Fonti orali: per la gentilezza riservata all’indagine storica si ringraziano le seguenti persone intervistate da Elio Varutti a Udine, o come indicato, con contatti preparatori di Claudio Ausilio.

Giovanni Nocentini, Laterina (AR) 1929, int. del 2 ottobre 2021 a Laterina.

Teresa Novelli in Marioni, Udine 1922, int. dell’8 gennaio 2004, con dati del 10 dicembre 2014 della figlia Giulia Marioni, Udine 1952.

Silva Vellenich, Pola 1952, esule a Campoformido (UD), int. al telefono del 20 ottobre 2021 ed email del 22 ottobre 2021 allo scrivente.

Grazia Vellenich, Pola 1941, esule a Milano, int. telefonica del 21 ottobre 2021.

Silvana Vellenich, Pola 1944, esule a Barberino di Mugello (FI), int. telefonica del 21 ottobre 2021.

Collezioni private – Silvana Vellenich, fotografie e documenti personali del Crp. – Silva Vellenich, fotografie e testo ms.

Certificato di vaccinazione del 1956 a Silvana Vellenich. Collez. Silvana Vellenich

Archivi consultati – La presente ricerca è frutto della collaborazione fra l’ANVGD di Arezzo e il Comitato Provinciale dell’ANVGD di Udine. La consultazione e la digitalizzazione dei materiali d’archivio toscani è stata effettuata nel 2015 a cura di Claudio Ausilio.

Comune di Laterina (AR), Elenco alfabetico profughi giuliani, 1949-1961, pp. 1-78, ms.

Silva Vellenich, È passato tanto tempo da quando giocavo spensierata al Campo profughi di Laterina, Campoformido (UD), 19 ottobre 2021, pp. 2, ms. Collez. privata.

Riferimenti bibliografici

– Federica Haglich, Tiziana Gramola, “Ecco perché non dimentico”, «L’Arena di Pola», 28 aprile 2007, p. 3.

– Nico Koper, “Quei profughi istriani e il Treno della Vergogna”, «Corriere della Sera», 18 settembre 2015.

– Giuseppina Mellace, Una grande tragedia dimenticata. La vera storia delle foibe, Roma, Newton Compton, 2014.

– Giovanni Nocentini, L’acqua da occhi. Quattro passi per il Borgo, tra quelli che te leverebbero dalle mani, Laterina (AR), [s.e., stampato in proprio], [s.a., ma: 2021].

– Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati, Edizioni Difesa Adriatica, Roma, 1990.

– Elio Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, Firenze, Aska, 2021.

Giovanna Radman con i figli al Crp di Laterina: Silva, con la bambola, Grazia, Mario e Onorato, 1958. Collez. Silva Vellenich.

Progetto e ricerca di Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo). Interviste di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Silva Vellenich, Claudio Ausilio, Alessandro Porro (Pordenone), professor Stefano Meroi (Udine). Copertina: Laterina, Centro raccolta profughi, foto di gruppo vicino alla chiesa, a sinistra, e alla canonica, 1957. Collezione Grazia Vellenich.

Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

Silva Vellenich sulla motocicletta del fotografo aretino, 1958. Collez. Silva Vellenich.

Fonte: Elio Varutti – 22/10/2021

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