di PIETRO SPIRITO
In principio era Temesvár, in tedesco Temeswar, o Temeschwar, oppure Temeschburg, in turco Tamisvar. Oggi è Timisoara, comune della Romania di 307.347 abitanti, capoluogo del distretto di Timis, nella regione storica del Banato. Fino al 1918 lì era terra d’Ungheria, un guazzabuglio di tedeschi, ungari, rumeni, turchi, ebrei alle prese con un mosaico di religioni, dall’ortodossa alla cattolica, dalla riformata alla pentecostale, dalla battista alla greco-cattolica. Questa storia comincia laggiù, verso la metà dell’Ottocento, quando sotto le ali aquiline dell'amministrazione asburgica, una serie di fortunate circostanze quali la diversificazione etnica e religiosa, il riassetto della cittadella e leggi favorevoli alla proprietà privata alimentano un prosperoso e brulicante tessuto di artigiani e commercianti, pronti per accogliere a braccia aperte i prodromi della Rivoluzione industriale. Rivoluzione che quando arriva trova Timisoara pronta con tutti i requisiti per la sua affermazione, terreno fertile alla crescita di innovazione e tecnologie d’avanguardia. Qui, in questo centro commerciale vivace e produttivo lavora un giovane falegname, Janos Illy. Janos è rimasto orfano pochi anni prima a causa di una piena del fiume Timis, che ha inghiottito la sua famiglia, e adesso è innamorato di una giovane tedesca Luisa Rosler. Anche Luisa è orfana, anche a lei il fiume Timis ha portato via entrambi i genitori. Uniti nella sciagura e dall’amore, Janos e Luisa si sposano, dando alla luce, nel 1892, Ferencz Illy.
Janos lavora sodo, ma presto le cose per la famiglia si mettono male. A causa di una commessa non pagata Janos Illy finisce in miseria. La ripresa non è facile, e appena compiuti 16 anni Ferencz lascia Temesvár, i genitori e i cinque fratelli per andare nella capitale dell’Impero, a Vienna, in cerca di miglior fortuna.
Arrivato sulle sponde del Danubio il ragazzo per prima cosa capisce che se vuole combinare qualcosa dovrà imparare bene il tedesco, perché quello in uso nella sua città in Ungheria è un dialetto, una parlata sveva, che lì, a Vienna, nessuno capisce. Ferencz comincia a studiare, si impegna in tutta una serie di lavoretti d’occasione per racimolare le poche corone che gli servono a vivere e intanto studia il tedesco e frequenta la scuola per ragionieri. Presto scopre di essere un piccolo genio della contabilità, al punto che, non ancora diciottenne, viene assunto da ben due imprese contemporaneamente con mansioni di capocontabile. Allo scoccare dei diciott’anni, nel 1912, la patria lo chiama alle armi. Ferencz si fa due anni da coscritto, e torna a Vienna giusto in tempo per leggere sui giornali che è scoppiata la guerra. Immediatamente richiamato, indossa di nuovo la divisa e inzia la sua lunga campagna sui fronti dei Carpazi, sull’Isonzo, fino a Verdun, dove dovrà sopportare uno per uno gli undici mesi della battaglia più lunga di tutti i tempi. «Eravamo come pietre – ricorderà spesso nei suoi racconti in famiglia – non ci potevamo muovere per tante bombe che cadevano, non potevamo nemmeno soffiarci il naso».
Ma la guerra non porta solo sofferenza e disgrazie. Durante una licenza Ferencz va nella Trieste che sta per cambiare bandiera a trovare una delle sue sorelle, Amalie. Milly, come la chiama il fratello, ha avuto la fortuna di sposare un uomo ricco, Puxbaum, che le ha dato oltre al benessere anche due splendide bambine. Milly ama la musica, e le sue figlie prendono lezioni di pianoforte.
A questo punto bisogna aprire una piccola parentesi, per ricordare come la musica avrebbe avuto – a vari livelli e in vari rami – una funzione molto importante per la famiglia Illy. È infatti a Trieste, durante una lezione di pianoforte alle piccole Puxbaum che il soldato Ferencz incontra Doris, la maestra di pianoforte che diventerà la sua compagna di vita. Doris ha vent’anni, è bellissima, ha capelli biondi e un’aria sbarazzina che tradiscono la sua origine irlandese. Si porta dietro un’origine complicata: Doris è nata a Johannesburg, in Sudafrica, ed è il frutto della relazione fra sua madre, l’irlandese Maria O’Brady, e l’irrequieto marittimo triestino Vittorio Berger. Il quale Berger, dopo aver riconosciuto la figlia – battezzata Vittoria Antonia Carolina – lascia la madre in Sud Africa e si porta la bambina a Trieste, dandola in affido alla sorella, sposata Prandina. Dunque Doris Prandina conosce il giovane Ferencz Illy, e fra i due scocca la scintilla dell’amore. Per la cronaca, dopo aver scoperto qualche anno più tardi di chi è veramente figlia – cioè dello zio Vittorio – Doris chiederà e otterrà legalmente di chiamarsi con il nome del padre naturale, vale a dire Doris Berger. E qui bisogna aprire un’altra parenetsi, giusto per ricordare come nella famiglia Illy il cambio di nomi e nazionalità sarà un’altra costante, del resto piuttosto comune in queste terre inquiete.
Doris e Ferencz si sposano nel 1924 nella Trieste italiana. Il giovane contabile ora si chiama Francesco Illy, con il crollo dell’impero scopre di essere diventato romeno, ma rifiuta quella nazionalità e si dichiara apolide, status che manterrà a dispetto del fascismo – o proprio per fare dispetto al fascismo – fino al 1949. Francesco Illy ha acquistato dopo l’inizio della guerra una tenuta in Istria, dove si distingue come audace sperimentatore di nuove colture, come uno dei primi a usare il trattore, e come ingegnoso ideatore di un fortunoso acquedotto. All’alba degli anni Trenta produce a Trieste cioccolatini, che esporta soprattutto in Turchia. Ma la cioccolata non vive la stessa stagione dorata dei nostri tempi, così, in società con Hermann Hausbrandt, Francesco Illy passa al caffè. Hermann inventa il caffè tostato, Francesco invece brevetta – nel 1932 – la pressurizzazione con l’azoto che, scoprirà, facilita il trasferimento degli aromi del caffè sui grassi del chicco. Significa che adesso il tostato può viaggiare lontano senza deteriorarsi. Hausbrandt e Illy si dividono il mercato: al primo il Triveneto al secondo il resto d’Italia, in particolare Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo e Marche. Francesco inventa anche una nuova macchina per l’espresso, gli affari vanno bene, almeno fino a quando scoppia la Seconda guerra mondiale. Mentre il mondo va in pezzi Illy e Hausbrandt producono surrogati del caffè, e intanto il primogenito di Francesco e Doris, Ernesto, studia chimica a Bologna prima di indossare la divisa della Guardia civica. La sorella di Ernesto, Hedda, nata due anni dopo (1927), seguirà invece un percorso d’arte: sposerà l’organista Vignanelli e sarà lei stessa musicista affermata.
Finita la guerra, la famiglia si allarga. «Io e Ernesto ci siamo conosciuti a Cortina, per merito di una valigia», racconta oggi Anna Illy. È il 1951 e Anna Rossi, triestina di origini istriane, ha 19 anni e si trova a Cortina con sua madre Pia Depiera per allenarsi in vista delle prossime gare. Anna è orfana di padre (ucciso durante un mitragliamento degli inglesi al treno su cui viaggiava), ed è una sciatrice provetta. Al termine degli allenamenti e della settimana trova un passaggio sull’auto di alcuni amici per tornare a Trieste, ma la sua valigia non sta nella vettura. La direttrice dell’albergo dove alloggia si offre di trovare qualcuno disposto a farsene carico. La direttrice dell’albergo suggerisce di chiedere a un giovanotto di 25 anni dall’aria affidabile che viene a Cortina da solo, sulla sua Topolino, scia da solo e si chiama Ernesto. La madre di Anna chiede al giovanotto se per cortesia può portare a Trieste il bagaglio di sua figlia. Lui guarda la valigia, poi guarda Anna e dice: «Non potrebbe darmi anche sua figlia oltre alla valigia?». «Durante il viaggio in macchina parlammo molto di musica – ricorda Anna Illy -, e l’anno dopo ci siamo sposati». Nel 1953 nasce Francesco, nel ’55 Riccardo, nel ’58 Anna, nel ’64 Andrea, mentre l’azienda, sotto la guida di Ernesto si avvia a diventare una delle più importanti produttrici di caffè al mondo.
Dopo la morte di Ernesto, nel febbraio dell’anno scorso, il testimone è passato ai figli e ai figli dei figli. La famiglia Illy è arrivata alla quinta generazione: l’ultimo nato, quest’anno, Riccardo, figlio di Daria e dell’imprenditore di origine ungherese Andrea Babos, ha reso nonno l’ex presidente della Regione Riccardo e bisnonna Anna Illy.