Nel numero di maggio “L’Arena di Pola” l’aveva subodorato: gli indennizzi corrisposti dalla Repubblica di Slovenia a centinaia (se non a migliaia) di profughi italiani dal Capodistriano non sono una truffa, ma l’applicazione della “Legge sulla riparazione dei torti” slovena emanata il 25 ottobre 1996 e modificata ben 7 volte da allora fino al 5 ottobre 2007. Lo hanno confermato il presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane Manuele Braico, il presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Renzo Codarin e la consulente Federica Cocolo in una conferenza stampa congiunta tenuta venerdì 4 settembre a Trieste nella sede dell’Associazione delle Comunità Istriane.
La normativa prevede un indennizzo per tutti i cittadini, sloveni e non, definibili come «prigionieri politici» avendo subito violazioni dei diritti umani da parte del regime jugoslavo per ragioni «di classe, politiche o ideologiche» tra il 15 maggio 1945 e il 2 luglio 1990. Dunque infoibamenti o altre forme di uccisione, torture, pestaggi, detenzioni abusive, vessazioni, divieti, intimidazioni, mancata segnalazione del luogo di sepoltura del proprio congiunto infoibato, ma anche permanenza in un campo profughi italiano dopo la fuga dal terrore titino. I benefici della legge valgono anche per i nati in campo profughi. Possono inoltre fare richiesta di indennizzo gli eredi in linea diretta per i profughi defunti rientranti nella casistica.
La Slovenia risarcisce agli aventi diritto 146 euro per ogni mese di campo profughi fino a non oltre 8.300 euro, più i contributi pensionistici per chi non ha potuto lavorare quando era in campo profughi (chi risiede fuori dalla Slovenia e beneficia della pensione estera riceve così il doppio dellamensilità). La Commissione prevista dalla legge esamina i documenti e risponde dopo 8-12 mesi in maniera positiva, negativa o richiedendo integrazioni. Una volta ultimata la pratica, chiede al beneficiario una firma per ricevuta su un modulo da rispedire tramite raccomandata. Poi la Banca Statale slovena spedisce una lettera indicante l’ammontare dell’indennizzo, e dopo due mesi la somma arriva sul conto corrente bancario. Finora il numero totale degli indennizzati in base a questa legge a livello mondiale si aggira sulle 35.000 unità.
Questi i documenti necessari da allegare alle domande: fotocopia della carta d’identità; fotocopia del codice fiscale; estratto del certificato di nascita (se l’atto è stato trascritto lo si richiede allo Stato civile del Comune di residenza, altrimenti al Comune o alla Parrocchia di nascita); certificato delle vicende domiciliari (€ 16,52) dall’anno in cui la persona è arrivata in Italia, da richiedere in un Centro civico del Comune di residenza; certificato di cittadinanza (€ 16,52) con la data in cui l’interessato acquisì la cittadinanza italiana (i due certificati di vicende domiciliari e di cittadinanza possono essere coesi: così se ne paga uno solo); qualifica di profugo (con bollo da € 16,00) da richiedere alla Prefettura (per chi non possiede tale qualifica occorrono due testimoni con la fotocopia del loro documento d’identità e del codice fiscale, più la loro dichiarazione di essere a conoscenza dei fatti narrati dal richiedente); fotocopia del libretto di lavoro (per chi non lo avesse avuto in quel periodo, a partire dal momento in cui iniziò a lavorare in Italia).
Certificati da richiedere per le persone decedute: certificato di morte; certificato delle vicende domiciliari (sempre dalla data dell’arrivo in Italia); certificato di cittadinanza (con la data in cui acquisì la cittadinanza italiana); fotocopia del libretto di lavoro. Tale domanda viene prima esaminata dal Ministero di Giustizia e in seguito inviata dallo stesso al Tribunale di Lubiana, che esegue i controlli per definire la pratica dell’eredità.
Le due associazioni degli esuli offriranno consulenza e assistenza nella compilazione delle domande da inviare a Lubiana. Gli interessati potranno rivolgersi: all’ANVGD il martedì e il giovedì dalle 15.30 alle 17.30 nella sede di Via Milano 22 a Trieste, telefonando allo 040.366877, o scrivendo all’indirizzo mail dedicato leggedeitorti@anvgd.it; all’Associazione delle Comunità Istriane in Via Belpoggio 29/1 a Trieste dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 12 e tra le 17 e le 19, o telefonando allo 040.314741.
Chi invece, dopo aver raccolto tutti i documenti richiesti, volesse inviarli direttamente a Lubiana insieme ai moduli in sloveno da compilare (scaricabili dal sito del Ministero della Giustizia sloveno) potrà farlo tramite raccomandata al seguente indirizzo: Ministvrstvo za Pravosodje – Glinška ulica 12 – 1000 Ljubljana – Slovenia. Oppure potrà recarvisi di persona (2° piano) previo appuntamento da concordare al numero 00386.013695329.
Sia Braico che Codarin hanno definito la legge un esempio di civiltà, frutto dell’indipendenza e dell’ingresso della Slovenia all’Unione Europea. Braico ha chiarito che finora le due associazioni non erano rimaste inerti, ma che, prima di esprimersi, avevano voluto informarsi bene (con due anni di ricerche e di studio della legge).Codarin ha sottolineato l’importanza di fornire informazioni corrette evitando di fare ulteriore confusione in una materia così complessa e delicata. «La legge – ha detto – è nata per risarcire gli sloveni vittime del comunismo, ma con l’adesione all’UE è stata estesa anche ai non sloveni. La certezza che vale anche per i profughi italiani ci è venuta dalla lettura di una sentenza specifica, tradottaci dall’Ambasciata d’Italia a Lubiana. Se la legge continua a venir finanziata, è perché la Slovenia ha cartolarizzato a tal fine alcuni beni».
Paolo Radivo