Il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia organizza giovedì 11 aprile alle ore 18:00 in diretta sulla pagina Facebook ANVGD di Milano. Per far conoscere e tramandare la storia della Venezia Giulia (e dall’indomani sul canale YouTube ANVGD Comitato di Milano) la videoconferenza
IRENE CAMBER
DONNA DI FERRO DEL ‘900 ITALIANO
dedicata a Irene Camber, campionessa triestina di scherma venuta recentemente a mancare (Trieste, 12 febbraio 1926 – Lissone, 23 febbraio 2024). La ricorderanno i figli Fabio, Giulio e Giorgio Corno, modera la saggista Stella Casiraghi.
Figlia del poeta-soldato volontario irredento della Prima guerra mondiale Giulio Camber-Barni, è stata così ricordata dalla Società Ginnastica Triestina:
La Società Ginnastica Triestina si unisce nel cordoglio per la scomparsa, a 98 anni, della socia Irene Camber: ‘madrina’ della società per il suo ruolo nella scherma dove conquistò l’oro alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952. Proprio alla SGT Irene Camber si era formata, era cresciuta come abile schermitrice.
Così la descrisse, all’epoca, Manlio Cecovini:
La dott. Camber vinse da outsider, in piena notte, contro l’opinione di tutti, quando i…. grandi dell’équipe italiana tranquillamente dormivano […] Irene Camber aveva 26 anni – la più giovane delle finaliste olimpioniche -, era laureata in chimica industriale e insegnava in una scuola media. Messa in guardia dal vecchio De Palma, era stata perfezionata già dal 1939 da Dino Turio, il livornese allievo di Nadi: due scuole e tre temperamenti, Napoli, Livorno e Trieste: un titolo che poteva bene legittimare l’orgoglio di tutt’Italia!
L’oro olimpico – il primo per la SGT – venne descritto all’epoca da Tuttosport:
Sembrò da principio che la sorte della nostra ragazza fosse segnata: due stoccate dell’avversaria la colsero come di sorpresa. Irene Camber non si scoraggiò. In fondo, qualche ora prima, neppure due consecutive sconfitte l’avevano abbattuta. Serrò le mascelle, ricominciò daccapo. Due volte toccò la Elek, che forse vide per la prima volta la tremenda difficoltà di conquistare il terzo titolo olimpico. L’ungherese ancora in vantaggio, l’ungherese ancora raggiunta. Tre a tre. Il folto pubblico trattenne il respiro. Un silenzio tombale gravava sulla sala. Poi, come un fulmine, l’azzurra, sospinta dalla febbre della vittoria e dalla coscienza della propria forza, partiva all’attacco: la botta andava a segno, limpida come il grido di vittoria che uscì dal petto di Irene.