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Istroveneto: un dialetto autoctono (lindro.it 23 mag)

C’è un luogo nel mondo, che si sta riscoprendo solo negli ultimi anni, un po’ per gravi fatti di guerra del passato che riemergono solo attualmente (vedi il Giorno del Ricordo, quello dedicato alle vittime delle foibe e via dicendo), un po’ perché internet e i media si sono evoluti. Una terra rimasta per troppo tempo uno scrigno chiuso. L’Istria. Oggi divisa tra Croazia, per la maggior parte del suo territorio, Slovenia e – anche se in minima parte – Italia.

 

Spostandoci da Trieste verso l’est della sua provincia troviamo il Comune di Muggia e quello di San Dorligo della Valle – Dolina, prime cittadine istriane. Poi troviamo le tre città costiere della Slovenia, Capodistria, Isola e Pirano. Quest’ultima costituisce anche il confine con la Croazia, dove vertono, sia sul mare che nell’entroterra, dei splendidi borghi medioevali capitanati, in fondo alla forma triangolare della penisola più grande dell’Adriatico, dalla città di Pola. Risalendo sull’altro versante arriviamo a Fiume (che in Italia viene spesso associata a Gabriele D’Annunzio), per poi scivolare verso l’estesa Dalmazia.

 

Fiume rappresenta oggi il confine entro il quale è ben radicata una forte minoranza italiana. Molti – inconsciamente – inquadrano le origini di questa minoranza nella dominazione italiana dell’epoca fascista, ma non è così. Prima ancora, durante la Serenissima Repubblica di Venezia i Dogi avevano già capito che quella terra era ricca di pesce, selvaggina, frutta, pietra con cui costruire le grandi e piccole opere e ottimo legno per mantenere solide le palafitte su cui ancora oggi poggia l’intera città lagunare. E fino alla scorsa settimana molti erano convinti che le radici linguistiche attuali in Istria risalgano proprio al periodo Veneziano, vista la somiglianza con l’attuale dialetto veneto. Sbagliato. Una lingua simile al veneziano si parlava anche prima che i Dogi mettessero piede in Istria. Lo si evince da un convegno organizzato a Buie, cittadina dove il 30% dei residenti si dichiara di nazionalità italiana, circa il 50% sono italofoni (che parlano dialetti romanzi e non slavi), e ben il 75% dichiara di comprendere bene l’italiano e il dialetto Istroveneto.

 

«Festival dell’Istroveneto», appunto, è il titolo della manifestazione che lo scorso weekend ha visto nascere quello che diventerà sicuramente un percorso pluriennale. Nonostante le numerose attività che le istituzioni della Comunità Nazionale Italiana stanno portando avanti da sempre, mancava un festival dedicato alla parlata dialettale. Quel dialetto che costituisce la ’lingua madre’per gli italiani d’Istria. Bisognava riunire le menti della linguistica, gli esponenti degli organi decisionali di ogni ordine e grado, e la creatività, quella dei giovani e dei meno giovani, grazie alla quale il dialetto istroveneto, continua a mantenersi ‘vivo’. Il «Festival dell’Istroveneto» ha messo le basi per continuare a lavorare. A Buie, città nella quale si sente ancora parlare il dialetto nelle vie e nelle contrade, i progetti e le ambizioni sono tanti. Una di queste, la più grande, è la volontà di far diventare il dialetto istroveneto patrimonio dell’Unesco.

 

La manifestazione è organizzata dalla Città di Buie, dall’Unione Italiana (ente che gestisce i fondi per l’intero sistema minoranza, attinti in gran parte dal Ministero degli Affari Esteri italiano), dall’Università Popolare di Trieste, dalla Regione Istriana e dalla Regione Veneto, che ha voluto rendere omaggio alle origini veneziane della Serenissima, dell’attuale regione italiana.

 

Mente ideatrice della kermesse è Marianna Jelcicih Buić, vicesindaco di Buie nonché responsabile Cultura della Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana. Gli spunti per i progetti futuri sono emersi in una tavola rotonda sabato mattina, quando il direttore dell’ Edit Silvio Forza, ha moderato quelle che definiremo ’testimonianze del dialetto e della sua tutela’ nelle nostre terre. L’Edit è l’unica casa editrice in lingua italiana all’estero, che pubblica un quotidiano, La Voce del Popolo, un bisettimanale, ’Panorama’, un mensile di cultura, La batana, e uno per ragazzi, Arcobaleno, in italiano, oltre che tutta la cospicua letteratura degli autori della minoranza).

 

Uno dei maggiori studiosi della linguistica di queste terre è il professor Franco Crevatin, di origine istriana, docente presso la Scuola Internazionale per Interpreti e Traduttori dell’Università degli Studi di Trieste. Dalle sue parole capiamo che “l’istroveneto che parliamo oggi è un ‘veneziano colonniale’, da non confondere con il veneto come tanti vanno dicendo”, e che c’è stata una fase preveneziana che rafforza lo status di autoctonia ed esonera Venezia dal titolo di ’invasore’.“Sono stati coloro che hanno perfezionato il nostro modo di parlare– è stato ribadito – ma senza stravolgere la parlata, tant’è che gli istriani comunicavano tranquillamente con i veneziani anche prima che questi si inserissero nel territorio”.

 

Personaggi della letteratura locale come Ester Sardoz Barlessi, Libero Benussi, UgoVesselizza, Mario Schiavato e Vlado Benussi sono solo alcuni dei citati dalla professoressa Elis Deghenghi Olujić, docente presso l’Università “Juraj Dobrila” di Pola, presente al tavolo. Accanto a lei anche Sandro Cergna, che ha presentato la produzione del Centro Ricerche Storiche di Rovigno (una delle istituzioni della minoranza italiana), in materia di salvaguardia del dialetto. “Abbiamo pubblicato fin’ora sette dizionari dialettali, quattroistroromanzi (delle località di Rovigno, Gallesano, Dignano e Valle), e 3 istroveneti (delle città di Pola, Capodistria e Buie)”.

 

A testimonianza di questa produzione è intervenuta anche Ondina Lusa, con il suo Le perle del nostro dialetto, contenente testimonianze, lemmi, conte e filastrocche del dialetto della Città di Pirano (dove naque il compositore Giuseppe Tartini), e ben 500 soprannomi, frutto di un lungo lavoro di ricerca della Lusa, che l’ha portata a raccogliere talmente tanto materiale che sono in cantiere già altri due volumi che dovrebbero essere pubblicati quest’estate. L’altro autore, che non poteva mancare vista la località del festival, è Marino Dussich. Un insegnante di scuola elementare che nel 2008 ha pubblicato il Vocabolario della parlata di Buie d’Istria. Dussich ha fatto un appello a tutte le istituzioni, nell’istituire un’ora di cultura locale e del dialetto in tutte le scuole della Cni, come avviene a Buie.

 

È intervenuto pure il giornalista Flavio Forlani, illustrando le produzioni passate e presenti di Radio e TV Capodistria inerenti alla salvaguardia del dialetto. Le splendide voci note di Elvia e Bruno Nacinovich, attori del Dramma Italiano (unico teatro Stabile in italiano fuori dai confini nazionali esistente al mondo), hanno letto alcune poesie in dialetto di autori istriani e fiumani. Oltre ad una miriade di politici locali, ha seguito tutte le manifestazioni anche l’Assessore alle Finanze della Regione Veneto Roberto Ciambetti.

 

In anteprima per il pubblico del festival, è stato proiettato il reportage documentaristico Dialetti veneti d’Istria, di Monika Bertok di Tv Capodistria. Verrà mandato in onda dall’emittente della minoranza italiana che fa capo alla Rtv Slovenia (la radiotelevisione pubblica del Paese confinante con l’Italia), la prossima settimana. Attraversando l’Istria, la giornalista è riuscita ad inquadrare lo stato del dialetto nelle varie località, incontrando vari personaggi. È un audiovisivo che rimarrà documento storico sociale. A detta degli organizzatori, la manifestazione ha in serbo una serie di azioni che verranno documentate sul istroveneto.com, sul quale si vuole implementare un piccolo vocabolario online.

 

(Daniele Kovacic

www.lindro.it 23 maggio 2012)

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