Adesso è ufficiale. C’è la firma dei due primi ministri, Zoran Milanovic per la Croazia e Janez Janša per la Slovenia. Pace fatta sul nodo Ljubljanska Banka. Via libera all’ingresso di Zagabria nell’Unione europea. Il pericolo è passato e il prossimo primo luglio in Croazia ci sarà grande festa. Il documento è stato ufficialmente sottoscritto al castello di Mokrice, testimoni decine di fotografi che hanno immortalato il momento. Ora il Parlamento sloveno inizierà l’iter di ratifica del Trattato di adesione della Croazia all’Ue.
Una vicenda kafkiana che è stata giocata dalla Slovenia sul tavolo della politica interna. Anche perché la soluzione trovata, in realtà, non risolve nulla. Tutto è stato demandato, infatti, a un’ulteriore trattativa tra le parti che avverrà nel quadro della successione all’ex Jugoslavia e avverrà sotto la diretta supervisione della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea come peraltro previsto al capo B dell’accordo sulla successione. Un punto a suo favore comunque Lubiana lo segna perché Zagabria si è impegnata a “congelare” tutte le cause contro le banche slovene intentate in territorio croato e si impegna inoltre a vigilare affinché non ne vengano depositate di nuove. E così, commentano gli esperti di cose balcaniche, la questione si dibatterà per altri duecento anni senza risolverla.
Ma a che cosa è dovuta questa accelerazione dell’ultimo mese? E come mai a fumare il calumet della pace con Zagabria sia il premier praticamente dimissionato e in carica solo per svolgere l’ordinaria amministrazione Janez Janša e non piuttosto la premier entrante Alenka Bratušek? Di sicuro Janša non è rimasto folgorato sulla via di Damasco. Dietro c’è un lavorio ben mirato e molto deciso da parte delle cancellerie internazionali con in prima fila la Germania e gli Stati Uniti. Più silenziosa, ma forse più efficace la prima, più caciarona e poco “diplomatically correct” la seconda con l’ambasciatore Usa a Lubiana, Jospeh Mussumeli pronto a rilasciare dichiarazioni di fuoco ai media sloveni conquistandosi così la sincera antipatia di tutta l’opinione pubblica che lo accusa di voler influire sulle decisioni di uno Stato che non è il suo, al punto che nella manifestazione di protesta di sabato scorso a Lubiana è spuntato un emblematico cartellone che recitava: «Yankee go home», mentre una delle richieste degli “arrabbiati” è proprio l’allontanamento dell’ambasciatore Mussomeli.
Più discreta, si diceva, l’azione di pressing di Berlino. Non dimentichiamo che la Merkel è stata una dei “grandi elettori” di Janša e per la Germania la Croazia rappresenta il principale e più appetibile mercato dell’intera area balcanica. Quindi l’ingresso nell’Ue va garantito anche se proprio il Parlamento tedesco qualche mese fa sollevò alcune perplessità sulla reale preparazione di Zagabria a diventare una stella d’Europa. Le pressioni riguardavano soprattutto il sistema giudiziario e la lotta alla corruzione. Ed è logico. Per investire in un Paese estero è importante che la sua giustizia funzioni secondo gli standard comunitari e che la corruzione sia opportunamente se non sconfitta per lo meno sotto controllo. Solo così quel Paese diventa veramente appetibile agli investitori esteri. La Slovenia, o meglio, il governo Janša ha tirato la corda fino all’ultimo, poi, quando si è accorto che la stessa rischiava di spezzarsi è corso ai ripari. Scatta il mandato ai due mediatori tecnici quando l’accordo sia Lubiana che Zagabria ce l’avevano praticamente già nel cassetto. E Janša ha fatto di tutto per essere lui a firmare l’accordo. «Missione compiuta frau Angela».
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 12 marzo 2013
La stretta di mano suggella l’accordo tra i due primi ministri (foto www.cdn1.siol.net)