Joe Bastianich: “Aiuto gli ucraini in fuga, anche i miei nonni furono profughi”

Il ristoratore e giudice dei talent tv sul cibo, si trova al confine tra Ucraina e Polonia con la troupe delle Iene e racconta: “I bambini che arrivano qui hanno fame e freddo, cerco di fare quello che posso”

Ai follower di Joe Bastianich non può essere sfuggito: il profilo Instagram del ristoratore, produttore di vini, musicista e giudice di programmi tv come Masterchef e Italia’s got talent, è cambiato. Il restaurant man italoamericano ha dato uno stop alle foto con brindisi e chitarre e ha cominciato a postare video in cui racconta quello che sta accadendo ai confini tra Polonia e Ucraina.

E proprio da quel territorio, raggiunto al telefono, ha spiegato al Gusto.it perché abbia sentito l’esigenza di essere lì e raccontare quello che accade, cambiando i suoi programmi che prevedevano il rientro negli Stati Uniti.

È partito in auto con la troupe delle Iene (il pubblico tv vedrà infatti l’intero reportage durante la trasmissione di mercoledì 2 marzo) come spinto dalla voglia non solo di testimoniare ma anche in un certo senso di fare un viaggio a ritroso su vecchie strade che in Europa tutti pensavano non dover più percorrere. “Ovvio che io mi senta particolarmente solidale – dice con voce commossa – con chi sta scappando e si ritrova senza casa e senza certezze per il futuro, perché penso che in una situazione simile si trovarono i miei nonni Erminia e Vittorio, che facevano parte del cosiddetto esodo istriano e dalla città di Pola riuscirono a trasferirsi a Trieste dove trovarono rifugio in un campo profughi. E qui ci sono persone che fuggono avendo lasciato tutto alle loro spalle”.

Che cosa la colpisce di più di quello che vede?

“Che sono immagini proprio di altri tempi. Inizialmente siamo venuti per fare un reportage sull’invasione ma arrivando abbiamo subito capito che non era la cosa più importante. Cioè non è raccontare delle operazioni militari e delle truppe, ma di cosa sta passando la gente, i civili. La crisi umanitaria è incredibile. E non sono persone che scappano dalla povertà. Sono persone anche benestanti, che stanno lasciando casa e lavoro per una speranza in più. Sono quasi esclusivamente donne e bambini, perché gli uomini dai 18 ai 60 anni potenzialmente arruolabili non possono lasciare il Paese. C’è anche la tristezza di famiglie divise. Mi sembra di vedere con gli occhi ciò che potevo solo immaginare dai racconti dei nonni. Non potevo non essere qui, certe cose della vita definiscono la persona che sei”.

Di che cosa hanno più bisogno, dal punto di vista materiale?

“Davvero di tutto. A cominciare, banalmente da pannolini e carta igienica. Quando vedono noi della troupe ci chiedono queste cose semplici. Il primo giorno non c’era nemmeno un the caldo e faceva freddissimo. Poi dal secondo giorno la Polonia ha cominciato a tirare su delle tende dove almeno chi non sa dove andare trova un po’ di tepore. Noi facciamo la spola per portare tutto quello che riusciamo”.

Che cosa l’ha colpita di più?

“In primo luogo, che le immagini che vediamo in tv sia in Italia che in Usa si concentrano sulle bombe e i missili e allora uno vede gli aspetti per così dire più rumorosi della guerra, ma qui si vedono le conseguenze sulla quotidianità, i bambini che hanno fame e freddo. I momenti più difficili sono quando vedi le donne con i passeggini attraversar la frontiera senza che nessuno le stia aspettando. Infatti, mentre molte hanno dall’altra parte chi le viene a prendere (da tutta Europa arrivano qui per ricongiungersi a qualche parente), altre le vedi proprio con lo sguardo smarrito perché non sanno dove andare. Mancano alloggi, tutti gli alberghi sono pieni. Anche se vuoi pagare una stanza mille euro, non c’è posto”.

E gli uomini sono rimasti tutti nel Paese?

“Ci sono europei di origine ucraina che vengono qui in auto a prendere le loro parenti. Ma colpisce anche che si vedono uomini ucraini che stanno rientrando per dare il loro contributo per entrare nell’esercito”.

Qual è il suo appello?

“Che teniamo a mente la questione. L’Italia deve sapere che a questa gente serve l’aiuto del mondo, serve ospitalità, servono mezzi di trasporto, serve l’amore del mondo, che tutti capiscano la sofferenza. E che si ricordi che abbiamo vissuto altre guerre, separazioni, emigrazioni e sofferenze”.

Intervista di Eleonora Cozzella a Joe Bastianich
Fonte: Il Secolo XIX – 28/02/2022

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