di MAURO MANZIN
TRIESTE Odiata quando suo marito era il padre padrone della Jugoslavia (il suo nomignolo era «la puttana del presidente» vista anche la sua capacità di far fuori dall’entourage politico chi le dava fastidio). Odiata dopo la morte di quello che molti chiamavno semplicemente «il Maresciallo». Ma ora per Jovanka Bros, la moglie di Tito, si apre qualche spiraglio di «vita normale». Dopo 30 anni di «confino» in Serbia, senza alcun documento, il ministro degli Interni, Ivica Dacic e quello per le Politiche sociali, Rasim Ljajic le hanno consegnato il nuovo passaporto «bimetrico» serbo. Grande la gioia della più famosa vedova di Jugoslavia. «Ora – ha affermato Jovanka – potrò finalmente viaggiare». Nel passato i media hanno speculato molto sul fatto che la vedova di Tito fosse senza documenti. Si diceva che ciò fosse dovuto al fatto che se Jovanka fosse uscita dalla Jugoslavia avrebbe potuto entrare in possesso del cosiddetto «tesoro di Tito» che, a detta di molti, sarebbe custodito in Svizzera.
Jovanka, che oggi ha 84 anni, pochi giorni dopo la morte di Tito, nel 1980, fu portata via nel corso della notte dal palazzo presidenziale (la cosiddetta Casa bianca a Dedinje, il colle dei vip che sovrasta Belgrado). Per molti anni è stata così costretta a vivere in una sorta di arresti domiciliari, anche se le autorità non hanno mai fornito una giustificazione giuridica per questo. Non dimentichiamo che su di lei sono cadute anche le accuse di aver complottato con alcuni generali jugoslavi filorussi.
Dopo la morte di Tito a Jovanka furono sottratti praticamente tutti i beni personali. Nel 1984 la vedova presentò al tribunale di Belgrado una lista di beni. Circa mille oggetti elencati solo grazie ai suoi ricordi personali e costituiti dai regali personali fatti nel passato a lei e a Tito. Una speciale commissione, dopo tre giorni di dibattito, decise di confiscare il tutto.
Un anno dopo, nel 1985, il Parlamento della Repubblica federativa socialista di Jugoslavia approvò, in soli tre giorni, la legge relativa alla nazionalizzazione dei beni legati alla vita e alle opere di Josip Broz Tito. La legge di allora stabilì, come ricorda anche il settimanale sloveno «Mladina», che Tito non aveva alcuna proprietà personale, anzi che tutti i suoi averi appartenevano alla collettività.
Nonostante il suo lungo esilio poco dorato Jovanka però non ha dimenticato alcuni dei beni che secondo lei appartengono invece alla famiglia. Al quotidiano di Belgrado «Politika» ha confermato che Tito, nel corso della sua vita, ha ricevuto più di cento onoreficenze tra quelle conferitegli dalla Jugoslavia o da Paesi stranieri. E di cui ora Jovanka rivendica la proprietà. Solo l’Ordine della vittoria ricevuto da Tito dalle mani di Leonid Breznev avrebbe oggi un valore che si aggira attorno a un milione di dollari. Nella biblioteca Tito possedeva anche una preziosa raccolta di rarissimi francobolli, mentre nel muso «Martij Gubc» è custodita la collezione d’armi del Maresciallo, costituita soprattutto da fucili da caccia (Tito era un grande cacciatore), pistole, coltelli e spade.
Oltre a ciò Jovanka oggi rivendica la proprietà anche di una casa a Dobanovcih, dono della Serbia, nonché di tutti i cavalli e le carrozze finemente intarsiate con metalli preziosi donate a Tito per un suo compleanno da parte della città di Djakovo.
Nel garage sono rimaste ancora cinque automobili personali del Maresciallo: una Rolls-Royce dono della Slovenia, una Cadillac bianca dono della Croazia, una Lincoln azzurro chiaro dono degli esuli in Canada, una Zastava 600, (il mitico «Fico») dono, ovviamente, degli operai della Crvena Zastava e uno speciale Caravan, sempre della Zastava, appositamente allestito per le battute di caccia.
Secondo i ricordi di Jovanka ci sono inoltre molte fotografie, centinaia di tappeti, alcune vigne a Kumrovec (città natale di Tito in Croazia al confine con la Slovenia), mentre su un libretto bancario della «Beograjska Banka» lo stesso Tito avrebbe avuto a disposizione prima della morte circa 600 milioni dei dinari di allora. Ci sono poi, secondo Jovanka, anche otto orologi d’oro, svariate sculture, dodici cinture d’oro assieme a fermagli, brossure e bottoni tutti del metallo più pregiato, trentasette collane d’oro e trentasei braccialetti in oro o platino.
La guerra per l’eredità di Tito sembra però ancora lunga. Per ora, chi vuole, al prezzo di un euro, può recarsi al museo «25 maggio» di Belgrado per vedere i numerosi doni ricevuti da Tito nel corso della sua vita e che finora non erano fruibili all’opinione pubblica. Tra questi (sono oltre 4.500 gli oggetti in esposizione) anche una statua di Osiride, la spada d’onore di Stalin e moltissimi quadri che soprattuto gli artisti sloveni hanno donato al defunto Maresciallo.
C’è poi il «tesoro» che, secondo molti, ma non secondo le autorità serbe, si nasconderebbe in un caveau segreto di una banca Svizzera. Si favoleggia di numerosi lingotti d’oro e di valuta pregiata. Di questo però neanche Jovanka parla.
L’ex zarina di Jugoslavia deve, per ora, accontentarsi di avere il passaporto grazie al quale potrebbe accettare l’invito personale rivoltole dal presidente della Regione Istria, Ivan Nino Jakovcic, di recarsi a Brioni (già storica residenza estiva dei coniugi Bros). «Se Jovanka accettasse l’invito – ha dichiarato il candidato della Dieta alle prossime presidenziali, Damir Kajin – sarebbe la dimostrazione di come l’Istria non rinneghi il fatto di aver goduto del massimo sviluppo socio-economico proprio quando era Tito il presidente della Jugoslavia».