di MAURO MANZIN
TRIESTE L’affare Kosovo si complica sempre di più. Giovedì prossimo l’Assemblea generale delle Nazioni Unite deciderà sulla risoluzione 1244 che ha fin qui regolato i rapporti internazionali nei confroti di Pristina. Ora però c’è la novità dell’indipendenza del Kosovo che complica non poco la situazione. E, come al solito, anche stavolta a questo importante appuntamento l’Europa si presenterà divisa, con l’Onu e il suo segretario generale Ban Ki Moon in testa, sempre più riottosi a sentir parlare proprio di Kosovo e pronti a mollare la patata bollente all’Unione europea.
Ma procediamo con ordine. Pristina ha chiesto l’abolizione della risoluzione 1244 vista anche la sentenza della Corte internazionale che ha di fatto definito ”lecita” la sua proclamazione di indipendenza. La Serbia invece non è d’accordo e nelle ultime settimane il suo presidente Boris Tadic ha dato vita a un vero e proprio tour europeo, conclusosi in Slovenia, per sostenere la propria posizione. La quale, tradotta dai complessi termini del ”diplomatichese” chiede l’avvio di un dialogo tra Belgrado e Pristina a tutto campo nel corso del quale sviscerare tutte le problematiche sul tappeto. Una proposta che significherebbe tornare indietro di anni e sempre in presenza del veto assoluto della Serbia di riconoscere l’indipendenza del Kosovo sembra destinata a trasformarsi in un dialogo tra sordi. Tutto ciò per Pristina, ma anche per le principali cancellerie internazionali, significherebbe riaprire una fase che è già conclusa, anche nei fatti.
Parte dell’Unione europea, come si è saputo da fonti vicine al ministro degli Esteri dell’Ue, Catherine Ashton, sarebbe propensa a un testo in cui si dà l’avvio a buoni rapporti di vicinato tra Serbia e Kosovo con l’appoggio al piano di integrazione di entrambi i Paesi proprio nell’Ue. Ma questa via d’uscita è stata bocciata dalla Spagna, da Cipro, dalla Grecia, dalla Romania e dalla Slovacchia che ancora oggi non riconoscono l’indipendenza di Pristina.
Per la Ashton c’è materialmente poco tempo per arrivare ai banchi dell’Onu con una posizione unitaria. Oggi la stessa dovrebbe incontrare Tadic per cercare almeno di portare la Serbia sui binari della formulazione proposta dalla maggioranza dei Paesi Ue. Il tutto, come dicevamo, sovrastato dalla volontà dell’Onu, segretario generale in testa, di demandare il problema proprio all’Unione europea che dovrebbe farsi carico di mediare i rapporti tra Serbia e Kosovo ancora molto tesi, soprattutto nel Nord dell’ex provincia autonoma (leggi Kosovska Mitrovica) dove basta una sola scintilla per reinnescare gli scontri tra serbi e albanesi.
Tutto questo mentre il ministro degli Esteri serbo, Vuk Jeremic si dice contrario a chi chiede alla Serbia di accettare la cancellazione della risoluzione 1244 che, come ribadito anche dal Foreign Office di Londra, faciliterebbe la mediazione tra Belgrado e Pristina, e mentre il premier Mirko Cvetkovic va sostenendo che «il problema Kosovo non si può risolvere senza la Serbia cosa che è ben nota sia agli interlocutori europei sia a tutta la Comunità internazionale». Secondo le sue parole la soluzione deve essere certa e accettata da tutti, ma soprattutto deve essere foriera di stabilità in tutti i Balcani Occidentali.
Intanto l’opposizione fa sentire la sua voce in Serbia. Il presidente del Partito Nuova Serbia, Velimir Ilic ha preannunciato una mega dimostrazione contro il governo il prossimo 9 settembre se dall’Onu si dovesse ritornare con una sconfitta, manifestazione in cui si chiederanno elezioni anticipate.