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La casa di Tito razziata dopo la morte (Il Piccolo 17 gen)

Quando era vivo lo veneravano come un Dio. Appena morì si scagliarono come belve affamate per arraffare tutto quello che gli apparteneva. Lo scrive in una drammatica lettera alla Presidenza collegiale dell’allora Jugoslavia Jovanka Borz, la vedova del maresciallo Tito, missiva che è stata scoperta e resa pubblica dal quotidiano croato Jutranji List. Solo tre mesi dopo la morte di Tito, il 10 luglio 1980 Jovanka viene buttata fuori dalla casa in via Uzicka 15, dove aveva vissuto per 15 anni assieme al maresciallo. «Hanno buttato giù la porta e sono entrati», scrive la vedova riferendosi all’arrivo degli agenti dell’Udba, la polizia segreta federale. «Poi hanno sfondato anche la porta del mio ufficio e si sono buttati sulla mia scrivania, forzando altresì la serratura dei miei armadi di ferro in cui custodivo tutti i documenti». «Hanno arraffato tutto quello che hanno trovato – prosegue Jovanka – tutti gli scritti, i conti, le lettere, in poche parole tutte le carte che sono riusciti a trovare». «Poi sono entrati nella mia camera da letto, hanno cercato tra le coperte, nella fodera delle sedie, nel comodino e anche qui hanno portato via tutto quello che hanno trovato. L’eruzione è iniziata nel pomeriggio ed è durata tutta la notte. Il mattino seguente hanno portato via tutto».

 

Risultato? Nella lista dei beni di Tito sono finiti anche oggetti che in origine appartenevano invece a Jovanka, come servizi di bicchieri e porcellane per il tè, un portacenere, un frigorifero e una bilancia. Lo spiega l’avvocato belgradese Goran Petronijevic il quale puntualizza come per legge nel 1986 tutti i beni appartenenti a Tito sono diventati proprietà dello Stato jugoslavo. «È vero che Tito ha ricevuto moltissimi doni nella sua veste di capo di Stato – spiega il legale – ma ha ricevuto altresì tante cose in veste strettamente personale. Lui aveva moltissimi amici che riceveva in forma privata e in queste occasioni ricevette anche molti doni ma come Tito e non come presidente Tito. E sono di gran lunga più numerosi i regali ricevuti in forma privata – precisa l’avvocato – che quelli avuti nelle cerimonie ufficiali e che sono stati consegnati a musei o organismi istituzionali».

 

Per questo il legale si appresta a citare la Serbia in giudizio chiedendo la restituzione di tutti i beni personali di Tito ai suoi legittimi eredi. Tra questi spicca un orologio d’oro Patek Philippe con fasi lunari e pianeti dal valore stimato in circa 3 milioni di euro. C’è poi la questione legata ai diritti d’autore per tutte le opere del maresciallo. Jovanka chiese già nel 1986, quando ricevette la visita di alcuni “papaveri” del Partito comunista jugoslavo, che il ricavato venisse versato su un libretto bancario e suddiviso secondo la legge tra lei stessa e i due figli Zarko e Misa. Le chiesero anche di consegnare tutte le onoreficienze del maresciallo e lei rispose che la miglior cosa sarebbe quella di conservarle nel museo dedicato al defunto presidente.

 

C’è un altro mistero però sul quale l’avvocato Petronijevic sta cercando di fare chiarezza ed è quello relativo alle proprietà immobiliari di Tito. Consultando documenti e annali appare sempre più evidente che il maresciallo non aveva nessuna proprietà immobiliare nonostante nella sua vita gli fossero stati donati terreni e case. Come il lodge da caccia che gli fu regalato a Jakovo vicino alla Sava. Un dono, spiega l’avvocato, che Tito ricevette con grande piacere chiedendo però immediatamente che la proprietà del casino da caccia e del relativo terreno venisse iscritto a nome degli ex militari. Dunque per Jovanka e figli non c’è speranza di ereditare beni immobili. Resta la lista di preziosi, quadri e oro, quelli sì di proprietà di Tito. Preziosi già di loro ma il cui valore è sicuramente cresciuto nel tempo proprio per essere appartenuti al maresciallo. Secondo coloro che hanno visto la lista dei beni in tutto gli oggetti d’oro presenti pesano complessivamente due chilogrammi. E c’è anche una collana di perle lunga sei metri.

 

Mauro Manzin

“Il Piccolo” 17 gennaio 2012

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