di AZRA NUHEFENDIC
Ci vedevamo una volta a mese, regolarmente, per anni. Da Vera, l'estetista ci andavo per curare i brufoli, lei invece per conservarsi bella. Alta, silouhette elegante, capelli biondi, occhi azzurri. Bella. La tradiva lo sguardo, tagliente e severo e che le aveva procurato il soprannome di Lady di ferro. Dall'estetista, come dal parrucchiere, si chiacchierava, si parlava, si pettegolava. Lei, invece, solo "buongiorno" e "arrivederci". Se le capitava di dire qualcos'altro lo faceva con una voce nasale, come una che si sforzasse di parlare con comuni mortali. Aveva l'aria altera, di una che dà lezioni.
Infatti, Biljana Plavšic era professoressa. Insegnava biologia all'Università di Sarajevo. Specializzazione: genetica.
E' l'unica donna tra più di 100 persone accusate o condannate dal Tribunale dell' Aia, per crimini di guerra e contro l'umanità nelle guerre in ex Jugoslavia. La carriera politica, Biljana Plavšic l'ha fatta nel periodo più buio in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale. Da 1992 al 1996, fu stretta collaboratrice di Radovan Karadžic. Quando Karadžic fu costretto a ritirarsi, lei diventò presidente della Repubblica Serba. Fu una sorpresa per me vederla nel 1992 alla TV. La guerra in BiH (Bosnia ed Erzegovina) non era "ufficialmente" cominciata (l'inizio vero e proprio fu l'attacco a Sarajevo ) quando Biljana Plavsic si fece vedere sullo schermo. A Bijeljina, una città della Bosnia nord-orientale, abbracciava e baciava l'infame criminale di guerra Zeljko Ražnatovic-Arkan.
”Io bacio solo gli eroi", spiegava Biljana Plavšic mostrandoci, fin d'allora, la sua ai più ignota sensibilità. Poi, ha precisato: «Quando ho visto quello che Arkan ha fatto a Bijeljina, mi sono detta che lui è un vero serbo. Questo è il tipo di eroi di cui abbiamo bisogno".
Anche il resto del mondo poteva capire che razza di uomini apprezzasse la professoressa Biljana Plavšic. I principali media mondiali, compreso la copertina del settimanale americano Time, mostravano la foto shock scattata a Bijeljina: un paramilitare serbo, membro della brigata Tigri, unità paramilitare che comandava Arkan, prendeva a calci la testa di una donna musulmana uccisa e stesa per la terra.
L'assalto a Bijelina fu la prova generale di quello che sarebbe successo in BiH, nei primi sei mesi di guerra, quando i nazionalisti serbi occuparono il 75 percento del territorio: attacchi ai villaggi e alle città indifese, esecuzioni dei civili, saccheggio, stupri, campi di concentramento e pulizia etnica. Quest'ultima fu favorito da Biljana Plavsic. "Preferirei ripulire completamente la BiH occidentale dai musulmani…. E' un fenomeno perfettamente naturale che loro (l'Occidente) hanno definito pulizia etnica e considerandolo come crimine di guerra" (Svijet, Novi Sad, 1993).
M.me Plavšic è tra le poche persone a cui, il sogno, di importanza storica senza precedenti, si è avverato. La Bosnia occidentale è completamente ripulita dai musulmani bosniaci. Il Tribunale dell'Aia ha incriminato Bljana Plavšic per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Lei si è costituita volontariamente, ha patteggiato la pena con il Tribunale e si è dichiarata colpevole per i crimini contro l'umanità evitando l'imputazione di genocidio. Il pubblico ministero ha richiesto 25 anni di carcere, ma Biljana Plavšic fu condannata, nel 2003, a 11 anni di carcere. "Se mettessimo tutto il dolore e la sofferenza di tutte le vittime, da una parte, dall'altra, quanti anni di carcere ci vorrebbero per fare giustizia?", si chiedeva il premio Nobel Elie Wiesel, uno dei testimoni al processo di Biljana Plavšic, e lui stesso sopravvissuto ai campi di morte nazisti.
La condanna, Biljana Plavšic la sta scontando nel carcere Svedese di Hisenberg. "Ah, meno male", ho pensato, appena l'ho saputo. Perché il carcere femminile Hisenberg ha la sauna, il centro massaggi e altre comodità.
Tra i vertici politici dei serbi bosniaci M.me Plavšic si distingueva per il suo ultra nazionalismo. "Il mio radicalismo non lo ritengo affatto negativo" diceva. L'assedio di Sarajevo per lei era "soltanto la difesa delle case dei serbi". I Musulmani bosniaci? "Originalmente serbi, ma geneticamente deformati perché si sono convertititi all'islam", affermava la professoressa, esperta in genetica.
Non si fidava delle trattative politiche e preferiva "una bella guerra per mettere fine a tutto". Poi, fedele al soprannome di Lady di ferro, dichiarava: "Ci sono 12 milioni di serbi. Anche se ne uccidessero sei milioni, altri sei potrebbero vivere decentemente".
Qualche volta, perfino agli occhi degli altri nazionalisti serbi, le posizioni di Plavšic erano esagerate. L'ex presidente della Serbia Slobodan Milosevic le aveva proibito di venire in Serbia dicendo: "il suo posto è in manicomio". Sua moglie Mira la definiva "Mengele al femminile".
A Sarajevo Biljana Plavšic la chiamavano "signorina", perché non era sposata. Per i nazionalisti serbi bosniaci, che portavano i suoi poster sui carri armati, era "l'imperatrice serba" o "la regina di ghiaccio". "Ne sono fiera ", aveva detto Biljana Plavšic ricambiando l'amore dei suoi ammiratori.
"Lei è la più pazza di tutti", sosteneva il giornalista e scrittore americano David Rieff. "Quando, durante l'assedio, gli animali nello zoo di Sarajevo morivano di fame, la signora Plavšic diceva che li stavano cibando con i neonati serbi".
Talvolta Biljana Plavšic si mostrava generosa: "Ai musulmani (bosniaci), si potrebbe dare il 30 percento del territorio della BiH, dove possono organizzare la propria vita senza darci fastidio… Non gli auguro niente di buono. Ma per mettere l' anima in pace, dobbiamo dargli qualcosa" ragionava così Biljana Plavšic.
Cosa aiutava a professoressa Plavšic a mettersi l'anima in pace? "Nella fossa comune, a Suha, vicino a Bratunac, Bosnia orientale, i resti di 38 persone, tutti uccisi con una arma di fuoco. I corpi ben conservati. Cinque donne con i bambini nel braccio, di età tra sei mesi e alcuni anni; in ciascuna dei due sacchi, due bambini abbracciati, una donna giovane incinta al nono mese . "Era un maschio", ha constatato il patologo Zdenko Cirhlaz.
Oppure,
"…un giorno, nel'aprile 1992, le guardie hanno interrogato una madre di fronte agli altri detenuti nel campo di concentramento Manjaca, vicino a Banja Luka. Poi i guardiani hanno stuprato la figlia di sette anni, davanti alle altre detenute. La bambina morì subito dopo" (testimonianza depositata preso il Dipartimento dello Stato Americano).
Oppure,
"…in quel mucchio, in quella catasta di cadaveri che non sembravano persone….solo una pila di carne a pezzi … emerse un essere umano….per la precisione era un bambino di cinque o sei anni. Un essere umano viene fuori e cominciò a muoversi verso il sentiero dove gli uomini con i fucili automatici stavano facendo il loro lavoro. E questo bambino camminava verso di loro…e diceva " babbo dove sei" (testimonianza di un serbo, autista di camion che portava gli approvvigionamenti per l'esercito serbo-bosniaco, all'epoca del genocidio di Srebrenica).
Durante il processo, davanti alla Corte, Biljana Plavšic si è dichiarata colpevole per crimini contro l'umanità, e ha affermato "che accetta la propria colpevolezza per migliaia di vittime civili, musulmani e croati, vittime di un'azione organizzata e sistematica per ripulire territori che i Serbi ritenevano di propria appartenenza".
Leggendo la sua dichiarazione scritta, signora Plavšic non ha manifestato nessun dispiacere, nè dichiarato in nessun caso scusa alle vittime.
"Non c'era niente di umano nelle sue parole" ha detto, Emir Suljagic, sopravvissuto al genocidio di Srebrenica.
Infatti, Biljana Plavšic stessa, ha in seguito confermato che la sua dichiarazione davanti al Tribunale non era frutto di pentimento, ma puro calcolo.
Richiamata davanti al Tribunale di Aia per testimoniare nei processi agli altri imputati "nega ogni conoscenza dei crimini, si presenta come una vittima delle circostanze…. E' comincia a dichiarare la sua innocenza", scrive nel suo libro "La Caccia", l'ex procuratore capo dell'Aia, Carla Del Ponte.
Oggi Biljana Plavšic di anni ne ha 78. Dalla prigione femminile Hisenberg si lamentava per la vita in carcere che "condivide con criminali comuni, prostitute, assassine, ladre, drogate". Si crede migliore dei criminali comuni Biljana Plavšic, colpevole per migliaia di morti, e responsabile di tanta incommensurabile sofferenza di innocenti, della distruzione di un paese.
"È questo un esempio di malafede, un ingannare se stesso, congiunto a un'enorme stupidità? O è semplicemente l'eterna storia del criminale che non si pente, del criminale che non può vedere la realtà perché il suo crimine è divenuto una parte di essa?", si chiedeva Hannah Arendt, al momento del processo, a Gerusalemme, di Adolf Eichmann?