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La Fiumana alla ricerca dell’Italia perduta (Corriere Sport 08 feb)

di Francesca Fanelli

ROMA – Se lo chiamate un sogno senza confini, non sbagliate. Ma loro, in realtà, vorrebbero non ri­manesse solo un sogno. Ed è per questo che – av­vocati e carte legali sotto mano – hanno messo per iscritto, già da un po’, il loro progetto. La Fiumana vuole tornare a essere una squadra di calcio e gio­care in un campionato professioni­stico italiano. Ripartendo da Tori­no, mente e cuore di questa rina­scita. Lo fa da qualche mese e, do­mani a «Chi l’ha visto?» (Rai3, dal­le 21), ne parlerà la rubrica «Dove sei?» con un servizio di Mario Sa­gna che ripercorrerà tra storia, pal­lone e necessità sociali le tante im­plicazioni di Fiume e della Fiuma­na. Non ci sono solo personaggi passati e recenti dell’Italia del calcio dietro tutto questo. Ma un fe­nomeno che attraverso il tam tam mediatico, inter­net e quanto altro fa tecnologia, ha raccolto prose­liti e affezionati sparsi in tutto il mondo (dall’Eu­ropa all’America) e fatto di un’idea un progetto.

Nei giorni scorsi al Consiglio Federale della Figc è stata presentata l’istanza per la riammissione della storica squadra di Fiume, il Consiglio non si è ancora espresso. E le sensazioni sono diverse. Nel gruppo dei rifondatori, l’allenatore Sergio Vat­ta, il fratello Antonio e il figlio di Sergio, Luigi che è avvocato e che ha curato tutta la parte legale e che « fa affidamento sulle leggi dello Stato italiano – 17/52 e 763/81 – che stabiliscono una tutela per i profughi di Fiume e la Dalmazia per i vari settori dell’attività giuridi­ca e della vita so­ciale e stabiliscono il diritto per gli esu­li di ripristinare le condizioni di vita prima dell’esodo».

La squadra di cal­cio degli esuli Istriani e Dalmati vorrebbe nel prossimo campionato giocare nella Prima Divisione della Lega Pro, l’ex C1. Per anni a caccia di talenti (Vieri, Lentini e Buffon, per esempio), tecnico della primavera del Torino, adesso, a 70 anni, Sergio Vatta è pronto a lanciar­si in questa avventura. Insieme al fratello ha rile­vato i titoli sportivi: « Siamo gli eredi della glorio­sa Unione Sportiva Fiumana – ha spiegato Vatta – squadra che giocò il suo ultimo campionato nel 1943. Poi con la guerra e l’occupazione di Istria e Dalmazia da parte della Jugoslavia cessarono tut­te le attività. Oggi rinasce e vuole essere la squa­dra di tutti gli esuli di quelle terre».

Corsi e ricorsi. Da oggi a ieri in un soffio. Ezio Loik, Valentino Mazzola, Eusebio Castigliano e Franco Ossola hanno vestito i colori di Fiume, l'amaranto, il giallo e il blu. Quan­do, per via della guerra i campiona­ti furono sospesi molti calciatori per allenarsi partecipavano a tor­nei amatoriali, da bar. A Busto Ar­sizio il 'Bar Fiume' mise su uno squadrone, con Valentino Mazzola e altri compagni del Grande Tori­no, a cui si aggiunsero l’interista Frossi e Molina e Turconi della Pro Patria Molina. Questo precedente salda il rappor­to tra Fiume e Torino: legame sportivo – diversi calciatori fiumani vestirono le maglie di Toro e Ju­ve, da Ezio Loik, a Mario e Giovanni Varglien, a Marcello Mihalich – e sociale, tantissimi fiumani furono nel dopoguerra profughi a Torino, dove mi­sero al servizio delle industrie torinesi le loro spic­cate professionalità. Basterà?

 

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