REPLICA
Nella mia carriera giornalistica (oltre mezzo secolo) ho scritto migliaia di articoli. È la prima volta, questa, che mi trovo in profondo imbarazzo nel rispondere al sig. Fabio Cigoi, il quale si pone la stessa incomprensibile e assurda domanda di quello sprovveduto console generale d’Italia a Capodistria: «Ma voi, istriani e dalmati, perché avete preferito la fuga alla difesa con le armi delle proprie case e terre?». Per la verità, il diplomatico non aveva usato il termine «italofoni» fatto proprio invece da Fabio Cigoi, al quale sottolineo che italofono significa persona parlante la lingua italiana al di fuori dell’Italia: l’Istria non era forse terra italiana? Se è uno scherzo, è di cattivo gusto; se è detto seriamente, allora è molto più grave. Il sig. Cigoi (ma da quale pianeta viene?) può continuare a tenersi la sua curiosità e stupore, ma segua il mio consiglio: legga almeno qualche libro di storia (quella vera) e qualche pubblicazione edita dalle Associazioni degli esuli, come dire da chi ha veramente vissuto quegli anni tragici, che hanno visto ben 350.000 persone abbandonare tutto. E s’accosti pure al mio libro «In odium fidei» per conoscere il capitolo dedicato al prossimo Beato (4 ottobre), l’italiano (e non certamente italofono) don Francesco Bonifacio, il cui corpo è scomparso nelle viscere della terra: assassini sono stati quelli contro i quali – secondo il pensiero del console italiano e del sig. Cigoi – noi avremmo dovuto sparare… Quando i titini si impadronirono dell’Istria la nostra terra non era certamente «res nullius». È chiaro il concetto, sig. Cigoi?
Ranieri Ponis