LETTERE
È cattiva abitudine di questa città, trasformare ogni evento privo di natura storica in un’occasione per accendere inevitabilmente contrapposizioni che affondano le loro radici nei tragici fatti che hanno insanguinato la storia del confine orientale, o viceversa di non saper rinunciare a cedere alle provocazioni che facilmente letture parziali del passato possono offrire.
Anche il concerto diretto dal maestro Riccardo Muti, che poteva essere un momento dall’alto valore simbolico per questa città – e che deve esserlo – non si è sottratto a questa anomalia, che rischia, fra le tante ricchezze che rendono grande Trieste, di rimanere un pesante fardello culturale per il nostro
avvenire.
I luoghi della memoria non sono tappe obbligate di un cliché protocollare e non possono esserlo. Non si può pensare di imporre a fronte della deposizione di corone in un luogo, l’obbligatorio passaggio in un altro.
I gesti simbolici sono veri e hanno senso, se vi è reale adesione da parte di chi li compie, altrimenti sono retorica e finzione di cui non hanno bisogno né la necessaria difesa della memoria né la costruzione del futuro di Trieste.
Tradotto e contestualizzato in relazione alle – per certi versi – stupefacenti polemiche di questi giorni, ognuno è libero di recarsi nei luoghi che ritiene più consoni alla sua sensibilità senza che vi sia come contropartita l'obbligo di dover rendere omaggio ad altri luoghi se non vi è un analogo desiderio.
La memoria non può più essere costruita su un’insensata gara a una compensazione fra gesti simbolici e tributi personali. È un modello fallimentare che serve soltanto a lasciare inalterate alcune storture di quel meccanismo umano così pieno di implicazioni per il presente, che è il ricordo. Né viceversa si pensi che la soluzione sia – come ritenuto dal sindaco – la rimozione forzata di quella memoria che ognuno deve essere libero di coltivare e che non può essere desacralizzata in nome di un facile accomodamento fra "vecchi amici".
La memoria in quanto tale non è necessariamente l’esito di un percorso che deve essere condiviso: ognuno, come è umano e legittimo che sia, ha la sua. Per questo lasciamo che questo concerto sia un'occasione, la prima fra tante che speriamo si verifichino in futuro, per dimostrare che anche Trieste è una città normale capace di mostrare, negli stessi luoghi in cui cadevano nei giorni più eroici della redenzione di Trieste all’Italia i suoi figli più coraggiosi, il suo volto migliore: quello dell’orgoglio per il suo passato e del coraggio di costruire il futuro, libero dai rancori e dall’ormai inutile revanscismo della memoria che non ha mai fatto il bene di questa città.
Franco Bandelli