MUGGIA – Anche Muggia ha voluto dare spazio, dopo Trieste, Fiume e Pola, alla presentazione del volume del giovane giornalista romano di origini polacche Jan Bernas, intitolato “Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani: storie di esuli e rimasti”, pubblicato recentemente da Mursia. Un’occasione, la serata promossa al Centro culturale “Millo” dalla Municipalità muggesana in collaborazione con il Circolo di cultura istro-veneta “Istria” di Trieste, per rilevare l’originale contributo porto da Bernas, con la sua raccolta di testimonianze, alla comprensione del fenomeno e delle sofferenze dell’esodo, ma anche delle lacerazioni subite dal piccolo popolo degli italiani “rimasti”. E, soprattutto, un utile momento di dibattito per cercare di parlare del futuro e dei possibili rapporti di collaborazione fra le due “anime”, per troppo tempo divise, di quella che è stata definita un’unica “comunità di destino”.
Introdotto dai saluti di Franco Colombo, che ha moderato il dibattito, e del vicesindaco di Muggia, Franco Crevatin, l’incontro si è snodato attorno agli interventi di Ezio Giuricin, che ha presentato il libro di Bernas, nonché di Livio Lonzar e di Livio Dorigo, i quali hanno fatto il punto sulle prospettive di collaborazione tra andati e rimasti e sulla necessità, oggi, di concepire nuove strade per cogliere appieno le sfide che stanno di fronte alle due anime, purtroppo ancora divise, dell’italianità dell’Adriatico orientale. Dal dibattito sono emersi numerosi spunti e proposte. Dall’obiettivo di superare i letarghi, i preconcetti, i pessimismi e le divisioni per guardare ad un futuro che faccia diventare, sia gli esuli che la minoranza, finalmente protagonisti del loro destino, soggetti e non più oggetti di un grande progetto politico che li veda percorrere assieme una strada comune, alla necessità di creare le condizioni per un “ritorno” ideale, morale e culturale degli esuli. Un ritorno rivolto soprattutto ai loro figli e nipoti, alle giovani generazioni, per favorire, attraverso iniziative culturali ed economiche, progetti tesi ad affermare il loro “radicamento” al territorio, e fare in modo che andati e rimasti possano finalmente dare vita – come è stato detto emblematicamente durante la serata – a una nuova categoria: quella dei “risorti”.
Partendo dalle riflessioni sulle vicende del passato, su una storia difficile ed inclemente, il libro di Bernas, grazie alla scelta accurata e complementare delle testimonianze raccolte, è diventato così uno stimolo per parlare del presente e del futuro. Un futuro – com’ è stato rilevato durante la presentazione – in cui ci sia ancora un “posto” fisico e dello spirito in cui gli esuli e gli appartenenti alla minoranza possano continuare a vivere e riconoscersi. Un luogo in cui non si debbano mai più subire – usando un’espressione coniata dallo stesso Jan Bernas – altri dolorosi “traslochi dell’anima”. (rtg)