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La Prima Guerra Mondiale 1914-1918 al Vittoriano – 22lug14

 

La mostra – prima iniziativa con cui il Governo Italiano intende celebrare il Centenario della Prima Guerra Mondiale, aperta dal 31 maggio al 31 luglio 2014 – nasce sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana nell’ambito delle iniziative volute dal Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, con la collaborazione del Ministero degli Affari Esteri. È a cura di Istituto per la storia del Risorgimento italiano – Museo Centrale del risorgimento, ICCU – Istituto Centrale per il Catalogo Unico, Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi e Cinecittà Luce.
Per essere la prima iniziativa ufficiale con cui in Italia si intende celebrare il Centenario della Grande Guerra del 1914-1918, non si possono non notare superficialità e omissioni riguardanti le terre dell’Adriatico orientale.
In effetti, lo spazio dedicato alle terre giuliane e dalmate risulta, a mio avviso quasi inesistente. Non appaiono nell’ambito della mostra mappe geografiche significative e in grado di trasmettere al visitatore con chiarezza lo spazio geografico e quindi i territori per i quali l’Italia entrò in guerra. Certamente le rivendicazioni territoriali non erano l’unico motivo che spinsero l’Italia nel maggio 1915 a entrare in guerra, ma rappresentavano una priorità per il governo italiano nella stipulazione del Patto segreto di Londra. In tali territori vivevano, per quanto riguarda la Venezia Giulia, l’Istria, Fiume e la Dalmazia almeno 600.000 italiani.
Esiste, all’inizio della mostra, una cronologia della Grande Guerra inserita in un apposito monitor, ma essa è talmente fitta di riferimenti che non permette al visitatore di cogliere a prima vista le questioni che interessano direttamente l’Italia. Eppure si tratta di una mostra importante che vuole avere un alto significato nazionale e internazionale, ma che non sa spiegare con chiarezza le ragioni di geopolitica internazionale che sono alla base del conflitto. Le didascalie e le spiegazioni sono solo in italiano e manca una traduzione almeno in inglese, per quei visitatori stranieri che da maggio a luglio affollano la Capitale.
Per un visitatore giuliano, fiumano o dalmata che visita la mostra balza subito all’occhio l’insufficiente presenza dei documenti che lo interessano direttamente. “La liberazione delle terre irredente a partire da Trento e Trieste…” è l’unico chiaro riferimento alle questioni territoriali che si scorge in uno dei pannelli posti all’inizio della mostra. A seguire nella seconda sala si trovano solo tre piccole foto in bianco e nero che fanno riferimento alle terre giuliane e dalmate. Si tratta di una foto del Forte di San Nicola di Sebenico, un’altra foto riporta una veduta dall’alto di Parenzo e la terza riporta l’isola fortificata di santa Caterina di Pola. Sempre nello stesso salone si trova una teca contenente un libro di Carlo Stuparich dal titolo “Cose ombre di uno” e un libro di Scipio Slataper “Il mio Carso” – seconda edizione, stampata a Firenze nel 1916 da Libreria della Voce. Chi siano costoro non è dato di sapere…
Altri riferimenti a Pola o a Trieste si possono ritrovare nelle prime pagine de “Il Messaggero di Roma” che vengono proiettate in alcuni monitor. Tuttavia la lettura più attenta delle prime pagine è impossibile perché dopo alcuni secondi, automaticamente una pagina lascia spazio all’altra.
L’attenzione dei curatori della mostra si rivolge quasi esclusivamente al Trentino e alle zone montane del Veneto settentrionale e del Friuli. Anche nello spazio dedicato alla nobile figura di Cesare Battisti e di alcuni irredentisti non vi è riferimento alcuno e adeguato all’eroe istriano più comunemente noto e cioè Nazario Sauro!
La mostra illustra soprattutto le belle poesie di Ungaretti, le espressioni letterarie, musicali e pittoriche del futurismo che inneggia alla guerra, i verbali di importanti sedute del governo italiano inerenti il conflitto, le lettere censurate di soldati italiani al fronte, le sentenze di morte per i disertori, le fotografie delle trincee e dei monti nel Trentino e nel Friuli in cui si svolsero epiche battaglie, giornali satirici del tempo e qualche altra documentazione. Riguardo alla Vittoria viene detto ben poco…
Vi è un pannello, verso la fine del percorso, che riporta le cifre impressionati dei morti e dei feriti da parte italiana:
Morti 650.000
Invalidi e feriti 1.420.000
Condannati a morte per diserzione, codardia o spionaggio 4.000.
In conclusione, la mostra non consente di far conoscere al pubblico l’esistenza della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Come ho segnalato in precedenza esistono solo pochi frammenti che fanno riferimento a quei territori, che sono assolutamente insufficienti per lasciarne un ricordo chiaro e netto al visitatore di media cultura. Una mostra del genere organizzata nel prestigioso complesso del Vittoriano, secondo il mio modesto parere, rappresenta un’ altra occasione persa per fare luce e chiarezza nella storia d’Italia. Bisogna, più che mai, difendere a tutti i costi la legge del Giorno del Ricordo e puntare a una sua proroga per altri dieci anni. Finora i risultati ottenuti nel suo primo decennio di attuazione non sono stati sufficienti per scongiurare una nuova fase di oscuramento e di oblio della storia dei giuliano–dalmati. Questa mostra né è una dimostrazione.

Marino Micich

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