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La quantificazione dell’esodo degli italiani (Panorama Edit 15 feb)

di Luciano Giuricin

Il 10 febbraio ci ha riportato un’altra volta dolorosamente indietro nel tempo a ricordare eventi che sono stati decisivi per la storia recente di queste terre e soprattutto per quell’etnia che con esse aveva istituito un rapporto di vita e di civiltà il cui spessore andava ben al di là del – peraltro più che ragguardevole – esponenziale numerico.

Ci furono innegabilmente in precedenza eventi, anche gravi, volti con innegabile durezza nella direzione opposta. Tuttavia il supposto effetto di ritorno assunse dimensioni difficilmente immaginabili.

Una delle sue prime conseguenze, ben visibili ed avvertibili ancor oggi, è la partenza definitiva di migliaia e di migliaia di persone – per la stragrande maggioranza di sentimento e coscienza nazionale italiani – avvenuta a vario titolo, ma sotto uno stimolo la cui intrinseca unitarietà appare difficilmente contestabile. Oggi sono sparsi per il vasto mondo, in notevole parte passati al mondo dei più.

Indietro (ci abbiamo pensato qualche volta?) non è tornato quasi nessuno.

In conformita all’evolversi del quadro postbellico, il processo si è articolato in una serie di categorie, talvolta imposte dalla realtà, talaltra usate quale avallo di posizioni speciose e fuorvianti. Volendo contribuire a rinfrescare memorie forse sbiadite e, per quanto possibile, confermare le basi di certi calcoli e stime sull’esodo, pubblichiamo in queste pagine un articolato saggio di Luciano Giuricin sulla sua quantificazione e sui termini usati per definirlo.

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Nella letteratura politica e socio-economica, in particolare quella utilizzata a definire gli esiti del contenzioso italo-jugoslavo, che determinò il trapasso dei territori italiani annessi alla Jugoslavia nel 1947 (Trattato di pace) e nel 1954 (Memorandum di Londra), furono adoperati parecchi termini specifici per registrare l’emigrazione della popolazione da queste terre.

Tra le principali espressioni usate fanno spicco: l’esodo degli italiani con le sue varianti esuli ed esodati, profughi, nonché i termini opzioni ed optanti. Dette terminologie, per quanto apparenti espressioni di differenti concetti, sono state impiegate al fine di specificare meglio il grande fenomeno della partenza in massa della popolazione italiana dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia dal 1945 in poi.

Purtroppo anche tutt’oggi, come nel passato, continua da una parte e dall’altra la guerra delle cifre, specie quelle dirette a contrapporre l’esodo alle opzioni. Dovrebbe essere chiaro invece che, mentre nel primo caso si tratta della manifestazione complessiva di questo fenomeno, nel secondo si contempla un evento specifico che coinvolse quasi esclusivamente il territorio annesso alla Croazia in due periodi distinti: 1948-49 e 1951.

Tra l’altro il termine esodo venne coniato molto più tardi degli altri due. Infatti le istituzioni ufficiali italiane, in primo luogo le associazioni degli esuli, usarono per un lungo periodo esclusivamente la variante profughi.

Lo dimostra eloquentemente a questo riguardo l’azione promossa dall’”Opera per l’assistenza dei profughi giuliani, fiumani e dalmati”, che sin dal 1953 diede inizio alle ricerche in questo campo.  Ricerche che furono completate con la pubblicazione nel 1958 dell’opera di Amedeo Colella: “L’esodo dalle terre adriatiche – Rilevazioni statistiche dell’Opera assistenza profughi”. Fu proprio questa una delle prime volte che, anche se solo nel titolo, venne adoperata la parola esodo.

Per quanto riguarda l’espressione opzioni si tratta di una scelta obbligata dettata dal Trattato di pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, il quale stabilì la cessione alla Jugoslavia di 7.372 chilometri quadrati di territorio, (comprendente l’Istria, Fiume, le isole di Cherso-Lussino, nonché Zara con le isole di Lagosta e Pelagosa), abitato da 495.104 abitanti.(1)

Partenze in massa prima delle opzioni

Lo stesso Trattato di pace, come prevedeva il compromesso francese, prefigurò la costituzione del Territorio Libero di Trieste (TLT), diviso in Zona A (Trieste e dintorni, nonché la città di Pola) e Zona B (Capodistriano e Buiese), sottoposto all’Amministrazione militare alleata e rispettivamente a quella jugoslava.

Il Trattato stabilì, inoltre (articolo 19), che i cittadini italiani, i quali il giorno della dichiarazione di guerra dell’Italia (10 giugno 1940) avevano la loro residenza nei territori ceduti alla Jugoslavia, avrebbero perduto la cittadinanza diventando ipso jure cittadini jugoslavi.

Il concordato, però, consentiva ai residenti con “lingua d’uso italiana” di poter optare per riottenere la cittadinanza italiana, presentando la domanda alle autorità jugoslave entro un anno di distanza dall’accettazione delle loro richieste.(2)

Il 27 novembre 1947 l’Assemblea federale jugoslava,  dopo la ratifica del Trattato di pace, promulgò la Legge sulla cittadinanza che regolava l’esercizio del diritto d’opzione per la popolazione dei territori annessi. Legge che venne integrata (2 dicembre 1947) da un apposito Regolamento con i criteri e tutte le procedure per il conferimento delle opzioni, attuando così alla lettera le facoltà concesse dal Trattato, con l’obbligo tassativo per tutti gli optanti di trasferirsi in Italia non più tardi di un anno dall’accettazione delle domande. (3)

Prima delle opzioni nei territori non ancora annessi, ma occupatì dalla Jugoslavia, si verificarono numerose partenze di massa di profughi, dovute ad una serie infinita di cause economiche e politiche.  Tra queste da porre in primo piano: la chiusura ermetica dei confini, l’abrogazione delle carte d’identità quali salvacondotti per la libera circolazione tra le Zone A e B,  senza il rilascio dei passaporti per diversi anni, i sequestri e la confisca dei beni a numerosi cittadini, l’attuazione di misure arbitrarie, i processi politici e militari d’ogni genere.

Significativa fu, tra l’altro, la situzione venutasi a creare a Pola occupata dagli Alleati, la cui popolazione poté esercitare allora un grado di libertà di gran lunga superiore a quello degli istriani e dei fiumani soggetti al potere jugoslavo. Il 6 ottobre 1946, a conclusione della Conferenza di pace di Parigi la quale stabiliva che pure Pola doveva essere annessa alla Jugoslavia, si verificò tra la maggioranza della popolazione un vero e proprio panico.

Da qui la messa in atto delle dichiarazioni programmate mesi prima da parte del CLN polese, quando ben 28.058 cittadini avevano deciso di lasciare la città nel caso della sua cessione alla Jugoslavia.

Gli abitanti incominciarono a partire in massa sin dal 23 dicembre 1946, prima su piccole motonavi e in seguito, dal febbraio 1947, con il piroscafo “Toscana” che effettuò ben otto viaggi (secondo altre fonti i viaggi compiuti da questa unità furono dieci, n.d.r.). Fu questa la prima massiccia ondata di partenze, seguita con grande apprensione in tutta l’Europa, contrariamente a quelle, pur imponenti, verificatesi in pieno silenzio nelle altre località dell’Istria e a Fiume.(4)

Fiume, diecimila partiti fino al settembre 1947

Dopo Pola, Fiume fu il secondo grande centro a registrare partenze anticipate di massa prima delle opzioni. Dai dati rilevati presso l’Archivio storico fiumano risulta che fino al febbraio 1946 abbandonarono la città 3.061 persone. In seguito, dal 12 marzo 1946 al 16 settembre 1947, lasciarono Fiume 7.035 cittadini al disopra dei 14 anni di età, mentre altre 10.704 persone avevano presentato la domanda di rimpatrio.

A questi devono essere aggiunti 1.974 fiumani, che registrarono la loro partenza dal 15 settembre al 1 dicembre 1947. Si trattava in genere dei cosiddetti “rimpatriati”, chiamati così probabilmente perché riguardavano quelle persone giunte a Fiume tra le due guerre, rientrate con speciali visti dal 1945 in poi.

In queste cifre vanno annoverati pure non pochi seguaci del regime fascista, collaborazionisti, nonché molti appartenenti al ceto medio bersagliati come “nemici del popolo” e quindi soggetti alla confisca dei beni.(5)

A quell’epoca tra Fiume, Zara e l’Istria (compresa Pola) avevano già abbandonato i territori annessi oltre 100.000 persone(6).  

La città di Zara con il suo distretto, annessi all’Italia dopo la prima guerra mondiale, contava nel 1921 (primo censimento italiano)  18.623 abitanti con 12.283 italiani, 2.044 dei quali risultavano registrati ancora nel censimento jugoslavo del 1948. La maggior parte della popolazione zaratina era partita per l’Italia sin dal 1943, come sfollata, dopo i grossi bombardamenti alleati della città.(7)

Le opzioni vere e proprie, come previsto dal Trattato di pace e dalle conseguenti deliberazioni jugoslave, iniziarono nel marzo-aprile 1948. Però, a causa delle numerose recriminazioni per le continue violazioni e le difficoltà opposte dalle autorità jugoslave ai cittadini che intendevano optare, emerse ben presto l’esigenza di prorogare il termine fissato per la presentazione delle domande, prima fino al 15 settembre 1948 e in seguito al 16 febbraio 1949.

Gli abusi nei confronti degli optanti continuarono imperterriti, anche per le numerose domande respinte. Tanto che il Governo jugoslavo fu costretto ad accettare una straordinaria proroga,  nota anche come “seconde opzioni”, che fissò i suoi termini dall’11 gennaio all’11 marzo 1951.(8)

Abusi a ripetizione nei confronti degli optanti

Il massiccio ricorso alle opzioni veniva addossato generalmente alle forze antirivoluzionarie, che cercavano di sovvertire e discreditare il regime jugoslavo e non come una conseguenza diretta degli errori e dei soprusi che il nuovo potere stava commettendo, portando all’esasperazione la popolazione, in particolare quella italiana.

L’amministrazione pubblica e le dirigenze politiche locali cercavano di adottare svariati espedienti per disuadere e disorientare gli optanti: dal continuo mutamento delle sedi e degli orari di apertura degli uffici incaricati ad accogliere le domande, alla ritardata consegna degli appositi moduli, fino al disbrigo con estrema lentezza delle pratiche.

Frequente era pure la decisione di respingere le domande con la giustificazione che i richiedenti non risultavano di madre lingua italiana, specie nel caso di matrimoni misti, o di personaggi con incarichi politici ed amministrativi.

Inoltre, coloro che si accingevano ad optare venivano di regola licenziati, cacciati dalle proprie abitazioni, allontanati dalle scuole sia che si trattasse di insegnanti o di studenti i cui genitori avevano optato. Tutto ciò, assieme ad ogni sorta di pressioni, di minacce e di una massiccia campagna propagandistica, invece di scoraggiare la gente ad abbandonare il territorio produssero l’effetto contrario, creando il panico e convincendo un numero sempre maggiore di persone all’ineluttabile scelta legata all’esilio.(9)

Gli eccessi e gli abusi contro gli optanti si moltiplicarono soprattutto nel periodo delle seconde opzioni del 1951, quando furono presi di mira anche i cosiddetti “cominformisti”  con le durissime pressioni poliziesche nei confronti dei dissidenti.

I nuovi nemici, dopo gli arresti arbitrari anche dei congiunti e la loro lunga permanenza al lavoro coatto nelle miniere di carbone, nelle cave di bauxite, nella costruzione della ferrovia “Lupogliano-Stallie” e, infine, nel tristemente famoso centro di prigionia di “Goli Otok”, non ebbero altra scelta che quella dell’esodo.

Nella regione istroquarnerina i più colpiti furono ancora una volta gli italiani, con la liquidazione quasi completa degli intellettuali, dei dirigenti  e dei quadri ancora rimasti della minoranza.

Le purghe del Cominform si abbatterono in particolare nei confronti dei dirigenti dell’Unione degli Italiani, dei circoli italiani di cultura, della stampa (specie dei giornalisti de “La Voce del Popolo”), degli ex combattenti con in prima fila quelli del battaglione “Pino Budicin”.(10)

I risultati definitivi delle opzioni per quanto concerne la Croazia, che costituì oltre il 90 per cento del totale, sono registrati nella citata opera “La Comunità nazionale italiana…(1944-2006)”(11).

Dai citati dati si evince che dai territori annessi direttamente alla Croazia con il Trattato di pace del 1947 optarono 102.094 persone.

Le verifiche conclusive relative alla Croazia sono ottenute sommando le soluzioni positive delle domande presentate dai cittadini maggiorenni con “lingua d’uso italiana”, così distribuiti:  90.278 registrati durante le prime opzioni del 1948-49, 6.580 nelle seconde del 1951 e 5.236 in seguito allo svincolo riguardante le persone emigrate in Italia dopo il 1951 fino al 1971, alle quali era stata tolta la cittadinanza jugoslava.

 A questi, secondo i dati forniti dallo Žerjavić tratti dal Ministero degli interni della Croazia, devono essere aggiunti 34.000 minorenni, 20.000 persone partite dal Buiese (ex Zona B del TLT, territorio pertinente pure alla Croazia) annesso nel 1954, mentre altre 30.000 furono classificate come profughi clandestini.    Per un totale di 186.094 partenti.

Da tenere presente che nel frattempo erano state respinte oltre 20.000 domande anche per più volte di seguito. Se agli optanti complessivi della Croazia si sommano i 9.019 della Slovenia si arriva a raggiungere la considerevole cifra di 195.113 optanti per tutta la Jugoslavia.(12)

Si deve tenere in considerazione che le opzioni non furono attuate solamente nei territori annessi alla Croazia e alla Slovenia, bensì anche in Italia tra i numerosi profughi giunti dal 1945 in poi, sia ufficialmente, sia clandestinamente attraverso le numerose fughe registrate allora.

A tale riguardo significativi sono i dati registrati dal Ministero degli affari interni italiano, che fino al 30 giugno 1949 evidenziò la presentazione in Italia di 75.000 domande d’opzione. Di queste ne furono accolte ben 65.463 da parte del corrispettivo Ministero croato fino al 1951, assieme a quelle di 31.395 optanti che presentarono le domande in Croazia.(13)

Memorandum di Londra: è la volta del Buiese

Fin qui le opzioni. Ma alle cifre registrate a questo riguardo devono essere aggiunte pure quelle dei profughi segnalati nella Zona B del  TLT prima e dopo il Memorandum di Londra del 1954. Secondo i dati citati da Vladimir Žerjavić essi ammontarono a 20.000 persone solo dal territorio Buiese pertinente alla Croazia.

Cifra considerata eccessiva se vengono presi in considerazione i dati forniti dall’Assemblea comunale di Buie, secondo cui dal 1954 al 1964 partirono dal Buiese non più di 9.946 persone. Secondo fonti italiane, invece, avrebbero lasciato questo territorio complessivamente 11.735 profughi (2.904 prima dell’8 ottobre 1953 e 7.831 da tale data al 31 marzo 1955.(14)

Dalle fonti slovene veniamo a sapere che fra il 1953 e il 1956, a conclusione definitiva dell’esodo, lasciarono complessivamente il territorio Capodistriano dell’ex Zona B (pertinente alla Slovenia), 16.062 persone, 2.180 delle quali di nazionalità slovena(15). Le fonti italiane da parte loro registrano dei dati differenti di gran lunga maggiori, fissando a 16.437 le partenze dal Capodistriano dall’8 ottobre 1953 all’agosto 1955 e altre 8.782 quelle del periodo precedente al 1953, per un totale di 25.219 persone.

Realistici i dati elaborati da Colella

Complessivamente, secondo queste fonti, dalla Zona B del TLT (compreso il Buiese), avrebbero lasciato il territorio negli stessi periodi ben 36.954   cittadini. Senza contare quelli partiti dal circondario di Muggia, parte del quale annesso più tardi alla  Jugoslavia, ammontanti a 3.079 individui.(16)

Come già rilevato, secondo i dati definitivi di fonte jugoslava con le opzioni del 1948-49 fino al 1951 abbandonarono i loro luoghi natii 195.113  abitanti e in seguito con le partenze dalla Zona B del TLT se ne andarono altri 16.062 dal Capodistriano e 20.000 da Buiese, per un totale complessivo di 231.175 persone (ovvero non più di 223.000 considerando i dati ampliati riportati  dallo Žerjavić per il Buiese).

Cifre queste molto vicine a quelle segnalate dal citato Amedeo Colella nella sua opera, considerata la più reale e provata di quelle pubblicate in Italia. Infatti il Colella nel saggio “L’esodo dalle terre adriatiche- Rilevazioni statistiche dell’Opera Assistenza profughi”, uscito nel 1958, cita i seguenti  dati: 150.067 profughi reperiti (compresi 38.937 da lui segnalati per la Zona B del TLT),  23.124  profughi segnalati ma non reperiti, 23.136 profughi emigrati all’estero e 4.552 profughi deceduti.

Per un totale di 201.440 individui. Di questi ben 190.995 avevano ottenuto la qualifica legale di profugo in Italia. A tali dati l’autore aggiunse altri 48.560 profughi che sarebbero sfuggiti al rilevamento, raggiungendo così un totale complessivo  di 250.000 persone.(17)

Questi dati furono subito contestati nell’opera citata “Storia di un esodo”, sia per quanto concerne l’aumento di ben 10.536 familiari acquisiti dopo l’esodo nati in Italia, che non dovevano essere inseriti nel numero complessivo di coloro che abbandonarono le terre passate alla sovranità jugoslava.

Ma in particolare per i 48.560 profughi aggiunti prudenzialmente al numero reale portandolo così alla cifra complessiva di 250.000.(18)

I dati riportati nell’ultima opera che si riferisce alla quantificazione dell’esodo, quella scritta da P. Flaminio Rocchi: “L’esodo dei 350.000 giuliani, fiumani e dalmati”, uscita a Roma nel 1990, risultano ancora meno giustificabili.

Secondo il Rocchi,  alla cifra di 201.440 profughi (che costituisce una delle basi fondamentali alla quale attenersi stabilita dall’“Opera profughi”) e agli altri 48.560 conglobati dal Colella, dovevano essere aggiunti altri 80.000 emigrati all’estero (non 23.136 come precedentemente stabilito), nonché 15.000 esodati dopo il 1958 che non risultano da nessuna parte.

Con queste correzioni si ottenne la considerevole cifra di 346.440 profughi, arrotondata a 350.000.

Somma questa che, da allora, su decisione dell’Associazione degli esuli istriani, fiumani e dalmati, viene ritenuta in Italia la cifra ufficiale degli esodati dai territori annessi alla Jugoslavia.(19)

Le discrepanze esistenti tra le varie entità presentate dagli autori citati sono da attribuirsi in primo luogo alle manchevolezze e alla trascuratezza praticate dalle autorità ufficiali italiane, e in parte anche da quelle slovene, nell’affrontare il delicato problema dell’esodo in fatto di raccolta dei dati a mano a mano che i profughi partivano e arrivavano nei luoghi a loro destinati.

Per quanto concerne la Croazia, se sono mancate le ricerche dirette al di fuori delle opzioni, tuttavia nel contemplare il computo definitivo le stesse le autorità ufficiali, come registrato dallo Zerjavić, hanno posto in evidenza 65.463 dei 75.000 profughi che si dichiararono optanti in Italia e ben 30.000 calcolati come profughi fuggiti clandestinamente.

Da qui l’inevitabile necessità avvertita da parte di tutti gli autori di includere ai dati definitivi registrati delle aggiunte più o meno plausibili in  contrasto tra loro. ●

NOTE:

(1) Fonti jugoslave riportate nell’opera di E.- L. Giuricin: La Comunità nazionale italiana-Storia delle istituzioni degli italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia (1944-2006), Centro di ricerche storiche, Rovigno 2008, Vol. I, Tab. 1, p. 504. Secondo fonti italiane, citate nella stessa opera, i chilometri quadrati ceduti furono 7.429 con una popolazione complessiva di 502.124 abitanti.

(2) Ibidem, Vol. II, Documenti, Cap. II, Doc. 28, “Testo del Trattato di pace”, pp. 90-93.

(3) Ibidem, Vol. I, p. 136.

(4) C. Colummi-L. Ferrari- G. Nassisi-G. Trani: Storia  di un esodo-Istria 1945-1956. Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia,Trieste 1980, pp. 199-200 e 211-214.

(5) L. Giuricin: Quei 12 mila documenti sull’esodo, “La Ricerca” n. 5, CRS Rovigno, dicembre 1992.

(6) Storia di un esodo, p. 142.

(7) La Comunità nazionale italiana nei censimenti jugoslavi (1945-1991), CRS Rovigno 2001, Tab. 4, p. 90.

(8) La Comunità nazionale italiana…(1944-2006), Vol. I, pp. 140 e 166-168.

(9) Ibidem, pp. 139-140.

(10) Ibidem, pp. 144-150.

(11) Vol. I, Tab. 3, p. 505. Dati ripresi dall’opera di Vladimir Žerjavić: Doseljavanje i iseljavanje-Istra, Rijeka i Otoci, 1910-1971, rivista “Drušvena istražvanja”, n. 6-7,  pp. 607-629, Zagabria 1993.

(12) La Comunità nazionale italiana…(1944-2006), Vol.  I, Tabb. 2 e 3, pp. 504-505. Vedi anche le rispettive note 1 e 2 p. 505.

(13) Storia di un esodo, p. 569. – La Comunità nazionale italiana…1944-2006, Vol I, Tab. 3, p. 505.

(14) La comunità nazionale italiana…(1944-2006), Vol. I, Tab. 2, nota 3, pp. 504-505 – Storia di un esodo, Tab. 5, p. 577.

(15) La Comunità nazionale italiana nei censimenti jugoslavi, p. 93.

(16) Storia di un esodo, Tab. 5, p. 577.

(17) La comunità nazionale italiana… (1944-2006), Vol. I, Tab. 2, p. 504. Secondo l’autore la somma complessiva dei  190.995 profughi accertati corrispondeva all’80 % del totale calcolato.

(18) Capitolo Problemi di quantificazione dell’esodo, p. 571.

(19) Vedi a questo riguardo il capitolo La fuga dei 350 mila italiani, pp. 181-182.

(courtesy MLH)

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