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La Repubblica – 091207 – “Addio Novecento”, la festa degli sconfinanti

ALESSANDRA LONGO

la sbarra si alzava, i miei occhi di bambina rubavano scorci di campagna meravigliosa, nel segno della continuità di profumi e odori. Ovviamente non capivo perché bisognava avere il lasciapassare per andare in un posto distante pochi minuti da casa mia. E mi sembrava impossibile quando mi raccontavano che qualcuno dai boschi italiani aveva sconfinato e «gli sc´iavi» avevano risposto col mitra. Il nonno, nato sotto l´Impero, madrelingua tedesca, mi portava a prendere le paste a Capodistria. Lo strudel era lo stesso, quello di Trieste, quello di Vienna.
Sono cresciuta così, «sconfinante», e ho sempre pensato che sia stato un arricchimento, un regalo, un valore aggiunto. Ho avuto la fortuna di non pagare prezzi personali. Il nonno acquisito, ebreo, era scampato ad Auschwitz e alla Risiera. Nessuno dei miei ha lasciato la casa dall´altra parte, né ha conosciuto da vicino il dramma delle foibe. Però tutti questi orrori li ho respirati nell´aria e ho detestato chiunque abbia cavalcato politicamente le paure e la memoria difficile di questi luoghi.

Ormai da anni, quel confine non è più un muro. Si entra e si esce con lievità. È la «vendetta della storia», come avrebbe detto il sociologo Darko Bratina. Perché i muri non resistono, prima o poi cadono e il quadro si ricompone. Nel 2004, alla stazione Transalpina di Gorizia, il primo passo, con la libera circolazione delle merci. Ma questa volta è diverso, è definitivo.
Questa volta sparisce il confine con la Slovenia, già Jugoslavia. Un confine che è stato duro, che ha segnato le persone, da una parte e dall´altra. Io e i miei amici sentiamo di essere improvvisamente e
piacevolmente datati. Chi nasce adesso questa storia la leggerà sui libri.
La festa d´addio sarà il 21 dicembre al valico triestino di Rabuiese. Confesso che io ho fatto già una cerimonia tutta mia. Sono andata di notte al valico di San Gabriele, a Gorizia, quello che ha diviso per sessant´anni due quartieri della città. Non c´era nessuno. Ho alzato da sola le sbarre e sono passata in Slovenia. Poi ho fatto il percorso inverso. Come in un gioco, ero di nuovo in Italia. Io, nata sul confine, ho provato una sensazione di stordimento, di emozione. Che bello, è finita, ho pensato.

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