di ANTONIO CARIOTI
Evoca inevitabilmente una comparazione tra foibe e sterminio degli ebrei la proposta lanciata ieri a Milano dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, durante un convegno organizzato dal Pdl per il giorno del ricordo, l’occasione commemorativa ufficiale dedicata agli italiani— militari e civili, fascisti e antifascisti— eliminati dai partigiani comunisti jugoslavi durante e dopo la Seconda guerra mondiale, spesso gettati nelle tipiche voragini carsiche, le foibe appunto, dell’Istria e della Venezia Giulia. La Russa ha auspicato che a Milano venga edificato un monumento per le vittime di quella tragedia sul modello dello Yad Vashem, il grande memoriale israeliano che ricorda gli ebrei massacrati dai nazisti. Il ministro ha auspicato che la prima pietra di tale monumento possa essere posata il prossimo anno in occasione del 10 febbraio, che è appunto il giorno fissato dalla legge per ricordare le stragi delle foibe e l’esodo degli italiani dalle regioni orientali annesse alla Jugoslavia di Tito in seguito al trattato di pace, firmato appunto il 10 febbraio 1947. Non tanto la proposta, ma il paragone che sottende suscita forti perplessità tra gli storici. Molto critico si mostra Joze Pirjevec, studioso triestino di etnia slovena, che alla vicenda ha dedicato il libro Foibe (Einaudi). «Il ricorrente tentativo di equiparare le foibe e la Shoah — dichiara — rientra nella politica condotta dalla destra italiana per fomentare la conflittualità verso la Slovenia e la Croazia. Ma la comparazione non regge. Da una parte abbiamo un genocidio accuratamente pianificato su basi razziali, con lo sterminio di intere popolazioni, anziani e neonati compresi. Dall’altra ci troviamo di fronte a eccidi che rientrano nell’ambito delle rese dei conti avvenute dopo la guerra un po’ in tutta Europa. Per restare in Italia, ci furono stragi in Venezia Giulia, ma anche in Emilia, a Milano e in tutto il Nord. L’uscita di La Russa mi sembra un’operazione strumentale per deviare l’attenzione dai gravi problemi del Paese» . Il paragone tra foibe e Olocausto è giudicato «improponibile» anche dallo storico Raoul Pupo, autore del libro Trieste ’ 45 (Laterza). «Sono favorevole alle iniziative per ricordare le vittime italiane di Tito e ho curato con altri studiosi il museo della foiba di Basovizza. Ma le stragi jugoslave in Venezia Giulia non sono comparabili alla Shoah: questo parallelo ostacola la comprensione della realtà storica, suscita polemiche inutili e in definitiva provoca soltanto danni» . Non c’è però la necessità, sottolineata da La Russa, di rimediare a un lungo silenzio? «Dopo il ritorno di Trieste all’Italia nel 1954— risponde Pupo— si era esaurito l’investimento della politica sulle foibe, perché l’Italia era in buoni rapporti con la Jugoslavia, che faceva da cuscinetto rispetto al blocco sovietico. Ma dalla fine degli anni Ottanta tutto è cambiato e non si può più parlare di silenzio sull’argomento»
(courtesy MLH)