Oramai non è più questione di “se”, ma solo questione di “quando” la Slovenia chiederà aiuto all’Unione europea per cercare di uscire dalla pesantissima crisi economica e sociale in cui è sprofondata. Dopo l’annuncio fatto sulle righe del settimanale tedesco Wirtschaftswoche la notizia è stata ripresa anche dal portale web austriaco Eu-Infothek che, a conferma di quanto scritto, cita fonti dell’Eurogruppo. Crisi economica, si legge, cui si affianca una profonda crisi politica con il premier Janez Janša contestato dalla piazza e con un esecutivo che può contare solo su 36 voti dei complessivi 90 in Parlamento.
Il sistema produttivo della Slovenia, poi, langue in una sorta di coma profondo. Le banche hanno qualcosa come 7 miliardi di euro di crediti inesigibili il che rappresenta circa il 14% del debito pubblico sloveno. A soffrire di più è il settore dell’edilizia e delle costruzioni che non riescono a pagare i propri debiti. Così gli esperti europei stimano che Lubiana avrebbe bisogno di un prestito che va dai tre ai cinque miliardi di euro grazie al quale gli istituti bancari del Paese potrebbero tornare a operare normalmente. È chiaro che un Paese piccolo come la Slovenia non ha il denaro sufficiente da poter correre ai ripari autonomamente.
La Commissione europea è altresì preoccupata dal fatto che in futuro il governo sloveno dovrebbe foraggiare anche le società di proprietà pubblica che hanno i bilanci in profondo rosso. Il premier Janša ha, da canto suo, già illustrato a Bruxelles il piano di privatizzare le aziende di Stato le quali verrebbero raggruppate in una holding di Stato, ma la crisi politica in atto lo ha, di fatto, bloccato. Secondo i calcoli europei il Pil della Slovenia farà segnare quest’anno un -1,6% dopo che già l’anno scorso ha fatto segnare un -2%. Di un aiuto europeo alla Slovenia si era parlato già la primavera scorsa ma poi, in autunno, il governo è riuscito a piazzare sul mercato finanziario le proprie obbligazioni. Del resto «nessuno Stato desidera chiedere aiuto se c’è una via d’uscita», ha dichiarato a Eu-Infothek l’analista finanziario austriaco, Gunter Deuber.
Secondo gli esperti di Bruxelles la richiesta di aiuto ora sarebbe inevitabile visto che un governo di minoranza non può credibilmente mettere all’asta nuovi titoli di Stato per finanziare il debito pubblico. A smentire tutto però ci pensa il sottosegretario sloveno alle Finanze Andrej Šircelj il quale afferma che la richiesta di aiuto non è all’ordine del giorno né a Bruxelles, né a Lubiana. «Le nostre finanze pubbliche sono stabili – sostiene – abbiamo un piano A e un piano B per assicurare liquidità e per fare in modo che lo Stato adempia a tutti i propri obblighi».
Sta di fatto che la situazione politica slovena si sta avvitando su una crisi che, per ora, non mostra vie d’uscita. Janša guida un governo di minoranza mentre le opposizioni non riescono a costruire un concreto progetto alternativo da avviare con la sfiducia costruttiva in Parlamento. Anche il cosiddetto “governo di progetto” cui stava lavorando da giorni il “terzetto” di centro (Lista nazionale, pensionati e popolari) è naufragato. Ad affondarlo il “no” della Sls (popolari). Il presidente del partito, Radovan Žerjav ha affermato: «Se riterremo che la sfiducia costruttiva ci porterà alle elezioni anticipate allora la voteremo, ma non entreremo in alcun “governo di progetto”». E precisa che la Sls comunque appoggerà i progetti già predisposti dal governo Janša e quelli che saranno utili al Paese.
Al voto anticipato puntano anche i socialdemocratici (super premiati dagli ultimi sondaggi) mentre, a questo punto, il silenzio di quello che doveva diventare il premier “tecnico” incaricato, Miro Cerar è estremamente chiaro: lui non sarà il premier di paglia.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 14 febbraio 2013