ANVGD_cover-post-no-img

La terra della ricchezza è sempre piuttosto aspra (Voce del Popolo 11 mar)

TRIESTE – Una serata triestina con Diego Zandel, voluta dal Circolo Istria presso la libreria Minerva di Trieste. L’attenzione è focalizzata sul suo libro “Il figlio perduto – la mia storia dalla terra d’Istria”. Nell’aria ancora la scia lunga del dibattito svoltosi il giorno prima, nella medesima sala, sull’incidente nella Miniera dell’Arsa in quel terribile 1940. Un po’ per caso, come spesso succede, le due storie si toccano e si intrecciano ma l’incontro con Zandel dalla storia si sposta sull’istrianità, che diventa – anche per gli interventi di Livio Dorigo, Marino Vocci, Roberto Dedenaro, Drago Kraljevic e Pier Luigi Sabatti – il filo rosso della serata.

E lo spunto lo offre proprio una storia di famiglia, quella di Zandel: “Tutto inizia da una donna austriaca – racconta l’autore -, ragazza madre, che affida il suo bambino ad una famiglia albonese che negli anni si svilupperà in due rami, uno slavo, l’altro italiano”. Come dire che a cercare una purezza – per altro anacronistica – in queste terre, è artificio arduo e, alla fine, inutile.

Purtroppo negli anni – è Dorigo a denunciarlo – è stata data voce ad una Mistica dell’esodo in un’atmosfera in bianco e nero per cui la contrapposizione tra bene e male è netta e ben definita e viene premiato un senso acritico della storia.

“L’ho vissuto sulla mia pelle – racconta Dorigo – proprio vivendo questa realtà da dentro, da quel mondo giuliano-dalmato che ho avuto modo di conoscere prima a Roma, poi stemperato in Umbria. Ho toccato gli stessi luoghi di Zandel, prima di lui”.

Diego Zandel, è nato nel 1948 nel campo profughi di Servigliano – introduce Sabatti – da genitori che provenivano da Fiume, ventitré anni fa pubblicò per Rusconi una prima stesura di questo breve romanzo che ora torna in libreria, ritoccato e ampliato, per i tipi di Alacrán. Lo spunto viene da una vicenda vera: un nonno dell’autore ‘cedette’ al fratello uno dei propri figli. Un risvolto torbido e drammatico, neppure sussurrato dai protagonisti, anche a decenni di distanza, per non farlo uscire dal silenzioso sottoscala dei non detti familiari. La storia si svolge nella zona mineraria istriana tra Arsia e Albona. Sono gli anni Trenta. Sime è un vitalista e cerca di spremere tutto quello che può dai pochi momenti di riposo che un durissimo lavoro gli concede. Il più grande cruccio del suo tempo libero ad alto tasso alcolico è che la moglie non sia riuscita a dargli un erede. Il resto è storia del libro.

“Colpisce ed affascina l’attenzione antropologica – spiega Dedenaro – di una realtà mineraria, ma anche quella di una famiglia ben radicata nel mondo contadino. Sul piano propriamente letterario ci troviamo di fronte ad un romanzo neoverista, sul filone che è stato di Vittorini e Pavese. Lo stile è notevole, secco, con licenze che permettono di penetrare un paesaggio multilinguistico, con forti componenti dialettali”.

La prima stesura del libro era uscita nel 1986 ma senza poter contare su delle recensioni, “i tempi non erano maturi”.

“Ho incontrato Zandel a Roma – racconta Drago Kraljević – ai tempi in cui rivestivo la carica di Ambasciatore croato nella capitale, la prima volta di un istriano. Abbiamo iniziato a parlare ed abbiamo capito che nei confronti della nostra terra provavamo le stesse emozioni, nutrivamo le medesime speranze e sentivamo la portata di cos’era stata la storia. E non importava che la nostra lingua non fosse la stessa…Lo era la terra nella quale affondano le nostre radici che ci rendevano simili. Da allora abbiamo percorso tanta strada insieme e la nostra amicizia è un punto fermo, per tutti e due e per la nostra idea di futuro”.

Accanto a Kraljević ha preso posto anche il nuovo Console croato a Trieste, Nevenka Grdinić che a fine serata dichiarerà di aver “respirato un’atmosfera incredibile, così calda, positiva e propositiva”.

Ma il libro com’è? Chiede qualcuno dalla platea, sottolineando che si è parlato tanto di argomenti collaterali, forse trascurando l’oggetto del dibattere. “Da leggere – avverte Vocci – per tutti gli spunti che certamente riesce a dare. E anche per quel riferimento all’”aspro” che spesso esprime al meglio la nostra terra, la sua storia ed il nostro essere”.

La gente si stringe attorno a Zandel per le ultime parole, i saluti, i complimenti per quel libro che ha dovuto attendere “altri tempi” per arrivare al suo pubblico a sottolineare quelle attese che ben conosce chi vive il confine vero o presunto tale, giorno dopo giorno, sfinendosi o insistendo con caparbietà… istrianamente.

Rosanna Turcinovich Giuricin

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.