I Carabinieri oggi compiono 210 anni. Il loro amor di Patria, la loro fedeltà allo Stato e la loro dedizione per la sicurezza dei cittadini si intrecciano con la storia d’Italia, anche nelle terre della frontiera adriatica. Ricordiamo uno degli episodi più celebri, che riguarda il Capitano Filippo Casini.
All’indomani della dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 nella piazzaforte di Pola i Fanti di Marina del San Marco di presidio congiuntamente ai Carabinieri al comando del Capitano Filippo Casini, neanche trentenne genovese, sciolsero a fucilate, cagionando anche 3 morti ed alcuni feriti, il corteo di 300 persone (provenienti soprattutto dal contado a forte componente croata) organizzato dai dirigenti del Partito Comunista d’Italia clandestino per richiedere la scarcerazione degli antifascisti e la consegna di armi con cui respingere i tedeschi che volevano prendere il controllo della fascia costiera nel timore di uno sbarco angloamericano. Nelle settimane seguenti l’entroterra istriano fu teatro della prima ondata di stragi nelle foibe da parte dei “titini”, mentre le truppe germaniche consolidarono il controllo dei grossi centri urbani e della costa, inglobando le province di Udine, Gorizia, Trieste, Lubiana, Pola e Fiume nella Zona di Operazioni Litorale Adriatico.
L’anno seguente il Capitano Casini, comandante interinale la Compagnia di Pola, forse su suggerimento di emissari del Regno del Sud, organizzò la defezione dei reparti da lui dipendenti, raccogliendo così un centinaio d’uomini che si eclissarono dopo un combattimento simulato con i partigiani nella zona di Sanvincenti. Il Capitano, seguito nella sua avventura pure dalla moglie, intendeva allestire una banda partigiana che avrebbe dovuto diventare il fulcro della resistenza italiana in Istria, contro le ingerenze tedesche e jugoslave, affinché in sede di trattative di pace si potesse dimostrare l’esistenza di un genuino movimento partigiano italiano in Istria per contrastare i propositi annessionistici della nuova Jugoslavia. Prima di imbarcarsi in quest’impresa, Casini aveva spiegato in via confidenziale il suo progetto ad alcuni rappresentanti istituzionali degli italiani di Pola: in una missiva datata 6 luglio 1944 Casini si riprometteva di «lottare apertamente contro le autentiche bande, quelle che costituiscono veramente il terrore delle popolazioni».
In uno dei primi contatti presso Grisignana con le formazioni partigiane croate, comuniste di nome ma nazionaliste di fatto, già attive e ben radicate nell’entroterra, un ufficiale della Banda Casini venne riconosciuto come partecipante ad un precedente rastrellamento e pertanto ammazzato sul posto. Casini stesso fu arrestato a motivo delle sue responsabilità nella repressione attuata a Pola all’indomani dell’8 settembre: condannato a morte, venne gettato nell’ottobre ’44 assieme alla moglie Luciana Alfì e ad altri suoi commilitoni in una foiba nella zona del Monte Maggiore, mentre i superstiti vennero trasferiti a forza in Croazia e non se ne saprà più nulla.
La motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria concessa a Casini recita:
«Comandante di Compagnia territoriale e poi di Gruppo in territorio nazionale conteso e preteso dal nemico, difese con coraggio pari alla fede nei destini della nazione i sacrosanti diritti della Patria. Nella imminenza di decisiva azione bellica, seguito dal reparto che aveva saputo preparare all’audace impresa, passò in campo aperto contro il nemico invasore. Arrestato e processato per la sua ferma e coraggiosa affermazione dei diritti della Patria su quella regione, affrontò in compagnia della sua giovane moglie, l’estremo sacrificio, con la dignità propria degli spiriti grandi che sugellano col sangue la fedeltà ad un’idea, la dedizione alla Patria».
Lorenzo Salimbeni