Giovane, Buiese, laureata alla Facoltà di Discipline della Arti, della Musica e dello Spettacolo (DAMS) all’Università di Bologna, ex vicensindaca di Buie, giornalista di TV Capodistria e docente, sempre a Capodistria, all’Università del Litorale, nel maggio del 2021 Jessica Acquavita è stata eletta da indipendente alla carica Vicepresidente della Regione istriana in rappresentanza della Comunità nazionale italiana presente sul territorio. Non è iscritta ad alcun partito.
Con noi ha parlato sia dei problemi, sia dell’ambiente favorevole alla CNI che sta avvertendo in seno all’amministrazione regionale, non mancando di segnalare anche le aspettative e gli atteggiamenti inappropriati a volte assunti dagli Italiani stessi e che lei stessa invita a lavorare d’impegno e creatività per reinventarsi e adeguarsi a un territorio, ma anche a un mondo, che sono cambiati e che continuano a cambiare.
Due anni fa lei si è candidata con lo slogan “noi CI siamo”. Cosa intendeva trasmettere e come vede questo “noi CI siamo” dopo due anni di mandato?
Il “noi CI siamo” era nato come volontà di ribadire sia la presenza della comunità italiana (il “CI”) sul territorio, sia anche il fatto che questa comunità italiana, a differenza di altre comunità minoritarie che registrano un disimpegno tra le loro file, ha delle persone giovani, attive, entusiaste e che sentono qual è la causa della Comunità nazionale italiana, ma anche l’impegno civile e sociale all’interno della propria comunità, della propria città e della propria regione. Quello era il messaggio che io volevo mandare. Ora vedo che questo “noi CI siamo” andrebbe inteso anche nel senso che siamo capaci di uscire dal guscio, dal nostro ghetto minoritario per mostrare ciò che come Comunità nazionale italiana possiamo offrire anche agli altri, portando arricchimento a tutto il territorio.
I problemi tuttavia non mancano: le specificità delle scuole italiane, la scostante applicazione del bilinguismo, gli sconfortanti risultati del censimento, la scarsa adesione alle elezioni per le Comunità degli Italiani e l’Unione Italiana. Partiamo con le scuole.
L’ho detto molte volte e continuo a ripeterlo, per quel che mi riguarda una delle urgenze principali è sicuramente il mondo scolastico. Cambiano i tempi, cambia la fotografia del luogo in cui viviamo, cambia la legislazione che ci troviamo di fronte, per forza di cose dobbiamo adeguarci a questi cambiamenti e forse a volte dovremmo essere più veloci nell’adeguamento ai mutamenti che ci investono. Uno dei fattori principali per noi è certamente la scuola come fonte fondamentale per il mantenimento della lingua, per il mantenimento della cultura, dell’identità. E ci sono delle sfide da affrontare.
Quali?
La prima e la più pesante è il famoso esame di maturità di stato. Il problema è che praticamente i ragazzi delle nostre scuole devono sostenere un esame in più e ciò solo nella realtà dei fatti perché i documenti che regolano la maturità di stato non lo prescrivono. Il fatto è che al momento dell’iscrizione all’università anche ai nostri ragazzi, assieme alla matematica, all’inglese e alle materie specifiche riguardanti le varie facoltà, viene valutato anche il croato. Per questa ragione i nostri alunni, che all’esame di maturità nell’area linguistica e letteraria già sostengono l’esame di italiano, affiancano anche il croato, ritrovandosi a dover superare la maturità di stato con quattro esami invece che con tre come gli altri.
La soluzione non dipende da noi, dipende dallo stato. Personalmente l’ho fatto presente e continuo a farlo presente al Ministero dell’educazione e l’ho segnalato pure al premier Plenković all’incontro che abbiamo avuto a Pola.
Le scuole della Comunità nazionale italiana palesano pure problemi che riguardano la lingua, compresa quella dei docenti.
Partiamo dal fatto che al momento attuale la situazione con il quadro docente è difficile anche per le scuole della maggioranza e noi, che come lingua d’insegnamento abbiamo l’italiano, ci ritroviamo con una sfida in più. Ci sono grosse difficoltà di reperimento di docenti di qualità che lavorino nelle nostre scuole, soprattutto per le materie scientifiche, la matematica e l’informatica.
La questione è annosa. Una soluzione potrebbe giungere dallo snellimento della “nostrifica”, ovvero dall’equipollenza delle lauree conseguite all’estero, senza dover sostenere ulteriori esami differenziati. Ho segnalato al premier pure questo problema, noi perdiamo molti quadri validi, tra i quali molti potenziali docenti della scuole, a causa di questo inghippo.
In questa situazione, la qualità delle scuole italiane regge ancora?
La situazione è complessa ma non tragica, abbiamo delle scuole che lavorano molto bene considerate le possibilità e gli spazi di manovra che hanno a disposizione. Torno a ripetere, ci sono dei recinti che vengono imposti dall’alto. Io appartengo a una generazione che non aveva l’obbligo della maturità di stato, avevamo dei professori che erano molto più liberi di lavorare sul programma. Adesso i professori si sentono oppressi dal fatto di dover preparare questi ragazzi in modo più rigido, lavorano quattro anni in funzione dell’esame di maturità.
In definitiva o direi che le scuole operano bene, tuttavia di fronte abbiamo comunque delle sfide, dobbiamo trovare un modo per rimetterci al passo con i tempi per poter affrontare queste sfide. Negli anni Novanta le scuole della CNI erano all’avanguardia perché offrivano delle cose che le altre scuole non praticavano (gite gratuite, colonie estive, gare sportive, sussidi didattici moderni) mentre adesso queste cose stanno cambiando, è cambiato il sistema e noi dovremo metterci un po’ della nostra creatività per adeguarci.
E la scuola come luogo di conoscenza del territorio e di formazione identitaria?
Il progetto della lezioni di storia del territorio, la cosiddetta “zavičajna nastava” è stato molto valido, uno dei migliori promossi dalla regione e che certamente ha favorito anche la conoscenza reciproca tra Istriani sin dalla giovane età. Si sta portando avanti da anni e sono incluse tutte le scuole elementari e superiori, ma anche gli asili. La cosa bella è che si lascia la libertà di fare ricerca di un dato aspetto del territorio, avremmo bisogno sempre più di questa tipologia di iniziative perché, torno a ripetere, cambia la fotografia che abbiamo di fronte. Tanto per fare un esempio, lo vediamo adesso anche con la manodopera che una volta arrivava dai paesi vicini e ora giunge da quelli lontani.
Per quel che riguarda la presenza italiana in Istria, i numeri usciti dall’ultimo censimento sono sconfortanti.
C’è stato un calo per tutte le minoranze. I numeri che sono usciti non rispecchiano la realtà, basti prendere in considerazione che gli Italiani presenti nei registri elettorali nel maggio del 2021 erano 12.440 mentre pochi mesi dopo, il 31 agosto, quelli dichiaratisi italiani al censimento sono risultati 9780.
Abbiamo ribadito che i risultati del censimento non possono essere presi come dato sul quale fondare le leggi e le disposizioni normative che regolano i nostri diritti. Sono in contatto con i rappresentanti delle altre minoranze in Croazia, quello che da noi è diverso è che la tutela della CNI deriva dai trattati internazionali, dagli accordi bilaterali tra Croazia e Italia, dalla normativa locale, dunque dagli statuti cittadini, comunali e regionale. Le altre minoranze non hanno queste forme di tutela e a causa della diminuzione numerica perdono consiglieri e la rappresentanza. Ovvio, i numeri non sono stati piacevoli ma io non li prenderei come veritieri e nemmeno come ragione di sconforto perché altri indici indicano uno stato delle cose diverso e migliore.
Come reagire a questo calo?
Innanzitutto desidero dire che in occasione del censimento noi come Regione siamo stati sinergici l’Unione Italiana e i Consigli per le minoranze con una campagna con la quale abbiamo invitato i connazionali a dichiarare la loro appartenenza nazionale senza timori. Io non so se senza questo tipo di azione i risultati sarebbero stati anche peggiori, secondo me è stata una campagna valida da ogni punto di vista. Come reagire? Come ho già detto, il mondo sta cambiando e anche noi, come individui ma anche istituzionalmente come Unione Italiana, Comunità degli Italiani e Consiglio per le minoranza dovremmo trovare il mondo di reinventarci, di vestirci di un nuovo “appeal” in modo che la nostra gente possa essere stimolata a dichiarare la propria appartenenza nazionale. Il grande successo sarebbe quello di avere in futuro un censimento senza domande su nazionalità, lingua d’uso o religione. Per farlo però si dovrebbe modificare la legge sul censimento.
Pure la scarsa adesione dei membri della CNI alle elezioni comunitarie e per l’Unione Italiana è uno dei tasti dolenti per gli Italiani dell’Istria e del Quarnero. Come commenta questa disaffezione?
Per quel che riguarda le elezioni per l’Unione Italiana, le Comunità degli Italiani e quelli dei Consigli per le minoranze i numeri non sono felici, a dimostrazione di un disinteresse sempre maggiore per la cosa pubblica, la cosa locale e soprattutto per la politica. Si è creata in questi anni un’ immagine non positiva della politica e la gente tende a distanziarsi, non cosciente del fatto che questo disimpegno non aiuta il quadro generale.
La bassa adesione non potrebbe essere un campanello d’allarme che, anche in questo caso, magari invita a un rinnovamento allo scopo di offrire ai connazionali nuovi motivi e ragioni per riavvicinarsi alle Comunità.
Torno a ripetere la cosa che ho detto prima per le scuole e la dichiarazione di appartenenza nazionale. Dobbiamo trovare il modo di metterci al passo con i tempi. La situazione non è più quella degli anni Novanta o anni Sessanta, bisogna trovare il modo di continuare ad essere noi stessi essendo al contempo consapevoli che le cose stanno mutando. Di base c’è un senso di appartenenza sano, però i tempi sono cambiati, le persone lavorano di più, non hanno il tempo di dedicarsi ad attività esterne tipo quelle tradizionali offerte dalle Comunità degli Italiani.
Nelle località più piccole la Comunità continua ancora ad essere il centro culturale e sociale del luogo, in quelle maggiori l’offerta esterna alle CI è molto ampia e di conseguenza l’interesse di recarsi al “circolo” si annacqua. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che molti giovani vanno a studiare all’estero, molti non rientrano, per cui si genera anche un gap generazionale che rende più difficile il rinnovamento. Io non ho la bacchetta magica, non ho una soluzione in tasca, certo puntare sulla qualità aiuterebbe.
Unione Italiana, Comunità degli Italiani, deputato al parlamento croato, Consigli per le minoranze, Regione: rispetto alla delusione che giunge dai numeri del censimento e da quelli dell’affluenza alle urne c’è rassegnazione, indifferenza o vede una volontà di reazione?
Io vedo che c’è una volontà di reazione. Anche il dialogo tra le stesse istituzioni e i soggetti citati nella sua domanda contribuisce a vivacizzare la scena.
A proposito di dialogo. Nel corso della sua campagna elettorale lei aveva segnalato la necessità di una maggiore collaborazione e comunicazione tra le varie istituzioni della Comunità italiana. Qual è la situazione che ha trovato al momento del suo insediamento e cos’è cambiato da allora?
Al momento del mio insediamento la sensazione era quella che ogni istituzione cercasse di curare il proprio giardino, magari tentando di appuntarsi delle medagliette per il lavoro portato a termine, che ci fosse poca sinergia tra le parti. Il fatto è che noi siamo fondamentalmente in pochi e solo tenendoci insieme riusciamo a fare meglio, a chiedere con maggior peso quello che ci spetta o quello che vorremmo ottenere.
Ora credo che le cose stiano cambiando per il meglio, nel senso che almeno per quanto mi riguarda io ho sempre cercato di essere pronta alla collaborazione, all’ascolto e al dialogo con tutte le istituzioni e sono convinta che un cambio di atteggiamento, anche minimo, di uno degli ingranaggi, possa creare quel cambio di “mindset” e di marcia all’interno anche del circuito più ampio. Quindi c’è collaborazione.
Suddividersi i compiti per aree o convergenze sinergiche su obiettivi comuni?
Sia l’uno che l’altro, però per quanto mi riguarda credo sia più importante potenziare i nostri interventi su quelle che sono le nostre sfide comuni.
Uno di queste sfide dovrebbe riguardare il bilinguismo. La situazione negli ultimi trent’anni è certamente migliorata. Tuttavia assistiamo a interventi a macchia di leopardo, con differenti approcci e applicazione pratica nelle varie realtà locali. Abbiamo una radiografia dell’attuale situazione sul territorio?
È vero che c’è questa situazione non uniforme ed è un po’ questo il nostro retaggio storico. Nel Buiese, ex zona B, ci sono dei margini di miglioramento ma si tende ad avere una situazione abbastanza felice, così pure a Rovigno, direi anche a Dignano. A Pola la situazione era forse un po’ più complicata, essendo una città molto più grande.
Non c’è una radiografia del livello di applicazione del bilinguismo, non c’è un mappa con i luoghi promossi e quelli rimandati o bocciati, anche perché molte cose dipendono dai Comuni e dalle Città. Noi come Regione siamo venuti incontro ai comuni bilingui che non hanno un traduttore mettendo loro a disposizione la traduttrice dell’Assessorato regionale. Io sono cosciente anche dei miglioramenti che dovrebbero avvenire pure all’interno della nostra amministrazione regionale, sono più propensa a dire, come diceva mia nonna, “scova prima la tua corte, dopo va scovar davanti la porta dei altri”. In altra parole, stiamo prima attenti a quello che facciamo noi in Regione prima di andare a criticare un Comune o una Città.
Quello che manca fondamentalmente non è la buona volontà di migliorare, a volte mancano i quadri, specie nei comuni più piccoli. Io ho però nell’occhio anche le discriminazioni che facciamo noi Italiani nei confronti del croato. Ad esempio, capita di leggere un testo croato in cui scrive “Gradska knjižnica Novigrad Cittanova“ mentre nella traduzione italiana scrive solo „Biblioteca di Cittanova“. Navighiamo in un mare di incertezze.
Ma i vicesindaci e i consiglieri italiani dei comuni e delle Città non potrebbero vigilare di più sugli aspetti del bilinguismo visivo? Il” Gradski bazeni Pula – Pola” che appare oggi invece di “Gradski bazeni Pula – Piscine cittadine Pola” più che a un bilinguismo voluto, assomiglia a un bilinguismo dovuto.
Ci sono delle questioni che sono di competenza regionale e altre che sono di competenza locale. Noi facciamo regolarmente delle riunioni di coordinamento con i vicesindaci italiani durante le quali molto spesso chiediamo loro di aggiornarci. Ad esempio capita che degli uffici che erano dell’amministrazione statale siano passati a quella regionale e magari non è stata ancora cambiata la tabella, noi siamo sempre pronti a porre rimedio a ciò che è di nostra competenza.
Credo comunque che manchi un po’ di iniziativa anche da parte dei nostri connazionali. Siamo diventati molto comodi, vogliamo il piatto servito, ci sono dei siti internet che pubblicano solo in croato e poi scopri che nella redazione ci sono anche connazionali che l’italiano lo conoscono eccome. Noi non possiamo colpevolizzare la maggioranza per cose che invece dipendono noi. Nessuno ci vieta di andare al bar e ordinare in italiano, ma siamo noi stessi Italiani che ordiniamo in croato per abitudine.
Qual è la sua opinione in merito ai Consigli per le minoranze? Anche nel loro caso c’è stata una scarsa adesione elettorale.
I Consigli per le minoranze sono uno strumento in più che lo stato da alle minoranze stesse. Anche in questo caso interpreto la bassa affluenza alle urne come conseguenza dello scarso interesse generale verso la questione politica ma, in secondo luogo, anche rispetto al ruolo del Consiglio stesso. Ruolo che non è ben definito. Il Consiglio è un organo consultivo che dovrebbe occuparsi soprattutto delle questioni politiche per poter poi dialogare con l’esecutivo locale o regionale su determinate migliorie per la propria comunità nazionale. Però c’è confusione, molti sono nel Consiglio e chiedono di organizzare attività culturali (mostre e concerti) anche perché nessuna norma glielo vieta. Terzo, ed è specifico per gli Italiani, i quali, piuttosto che nei Consigli della minoranza, si riconoscono nelle Comunità degli Italiani che per decenni, prima dell’esistenza dei Consigli, hanno avuto anche un ruolo politico che bene o male continuano a svolgere già con la loro semplice presenza sul territorio. Abbiamo insomma una congiunzione di fattori che rischia di generare dispersione.
Il Consiglio per le minoranza italiana autoctona della Regione istriana in due occasioni ha inoltrato la proposta di dare il nome del dottor Geppino Micheletti, eroe triste della strage di Vergarolla, all’ospedale di Pola, lamentando di non aver mai ricevuto una risposta. Ne sa qualcosa? C’è una posizione ufficiale da parte della Regione?
Ufficiale no. Posso dire quella personale, la stessa che ho detto anche al Consiglio per le minoranza italiana. Noi abbiamo parlato di questa richiesta nel corso di una riunione tra gli esponenti della Regione e gli esponenti della CNI, UI e Consiglio per le minoranza all’epoca presieduto ancora da Gianclaudio Pellizzer. Era stato posto all’attenzione questo desiderio del Consiglio. Poi, una seconda richiesta con delle lettere di supporto da parte delle Comunità degli Italiani, è arrivata in un momento in cui il Consiglio non era più attivo a cavallo delle elezioni. Alla prima riunione operativa del nuovo Consiglio che si è svolta pochi giorni fa a Pisino ho garantito che una risposta verrà predisposta nel più breve tempo possibile. La risposta verrà data in comune accordo con la Regione.
Quanto viene valorizzato il suo incarico dagli organismi della Regione? Quanto spazio riesce a ricavare per “dire la sua”?
Sin da subito c’è stata un’ottima collaborazione. Tutto quello che riguarda la CNI viene discusso, nulla viene trattato con sufficienza. All’inizio ero un po’ scettica, avevo anche un po’ di paura di trovare atteggiamenti ostici e invece devo dire che ho un’ottima collaborazione con tutti gli assessori che comprendono la nostra realtà e l’importanza che bisogna dare al bilinguismo. Una sensazione di apertura. Poi le difficoltà ci sono, ci sono sempre margini di miglioramento, però non ho trovato chiusure. Siamo forse noi come Comunità Nazionale Italiana che a volte ci ghettizziamo e tendiamo un po’ a rinchiuderci a riccio e a vedere problemi anche laddove non ce ne sono.
E per quel che riguarda le risorse di bilancio e i programmi?
Partecipiamo tutti alla stesura del bilancio, me compresa, non vengo tagliata fuori. Sono soddisfatta perché quest’anno siamo riusciti anche ad incrementare le risorse sia per il Consiglio per le minoranze, sia per le associazioni minoritarie dopo che con il Covid c’era stato un taglio grosso. Siamo tornati ai livelli del 2019, ci sono anche delle voci di bilancio in più. Uno dei progetti che mi sta a cuore è quello del coinvolgimento della Regione, con programmi dedicati ai ragazzi e ai giovani, nella Settimana della lingua italiana nel mondo. La Regione non aveva mai partecipato ufficialmente all’iniziativa, ora abbiamo avviato la collaborazione con il Consolato generale di Fiume.
Ci sono altre voci di bilancio che riguardano la CNI che spesso non vengono sottolineate e non viene sottolineato quanto impegno l’ Assessorato alla Comunità Nazionale Italiana e agli altri gruppi etnici mette nei confronti della CNI. Senza parlare degli interventi capitali, quali quello che c’è stato due anni fa per la scuola Medio Superiore italiana di Buie. Adesso sarà la volta della scuola elementare italiana di Cittanova con la Regione che partecipa al finanziamento.
Per la divulgazione del bilinguismo finanziamo i notiziari in lingua italiana nelle radio locali, la panoramica settimanale in italiano su TV Nova, ci sono i laboratori di lingua italiana a livello prescolare che coinvolge tutti gli asili croati di tutte le Città bilingui della regione. Si tratta di un progetto che quest’anno si è concluso per la seconda volta e che continuerà perché l’intento nostro è quello di renderlo perenne poiché è stato accolto in maniera molto favorevole dalle Città, dagli asili, dalle famiglie e dai bambini. Dunque non c’è un atteggiamento ostico nei nostri confronti, c’è spazio per poter lavorare all’interno delle nostre possibilità per promuovere e sensibilizzare i nostri valori e principi.
Il Presidente della Regione Boris Miletić è diventato “zupano” quale membro e in rappresentanza della DDI. Ora non lo è più. Questo mutamento ha provocato dei problemi di tipo programmatico o magari anche esecutivo?
No, si procede linearmente, quando si è candidato il suo programma era quello della Dieta, gli obiettivi della DDI erano anche i suoi e dunque è molto difficile che all’interno dell’Assemblea regionale, almeno per quel che riguarda la maggioranza dietina, ci sia disaccordo su quanto viene proposto.
L’anno prossimo ci saranno le elezioni. Lei si sta preparando o soltanto osservando?
Io mi sto preparando ad osservare, sarà di certo un anno molto interessante. Non ho particolari ambizioni personali, però ho imparato che nella vita mai bisogna dire “mai”. Tutto ciò che dicevo da bambina che non l’avrei fatto mai, poi ho finito con il farlo.
Furio Radin tonerà a candidarsi?
Bisognerebbe chiederlo a lui. Se Furio Radin si ricandidasse e venisse rieletto ci sarebbe certamene una continuità e in questi trent’anni con lui al parlamento croato come CNI abbiamo avuto delle buone cose. Anche la posizione stessa della comunità italiana in Croazia, in qualche maniera, secondo me, ha assunto visibilità, abbiamo avuto comunque un Vicepresidente del Sabor per due mandati. Se Furio Radin non dovesse ricandidarsi o qualora dovesse venir eletto qualcun’altro, di certo prendere l’eredità di Radin non sarà un compito facile.
È innegabile che Radin abbia portato a casa risultati importanti. Però a volte, per questioni di sostegno al governo, in parlamento lo abbiamo visto votare a favore di proposte governative anche quando la Dieta, partito al quale lui è indubbiamente vicino, votava contro. Queste cose hanno dato fastidio a qualcuno.
Io non saprei dire quali siano i rapporti e gli equilibri tra Furio Radin e la Dieta, ma a livello di amministrazione regionale le sue scelte non hanno creato squilibri. Poi io mi pongo la domanda contraria. Se Radin non fosse vicino al governo ci sarebbero stati i risultati che abbiamo avuto? Per fare un esempio, il governo croato ormai finanzia la Comunità Nazionale Italiana nella stessa misura in cui lo fa l’Italia, mentre anni addietro il sostegno italiano era molto più alto rispetto a quello croato. Ovviamente ciò non vuol dire che Roma abbia ridotto gli stanziamenti, vuol dire invece che Zagabria li ha aumentati. Molte Comunità degli Italiani avvertono il beneficio di quanto successo. Avremmo dei risultati avendo un deputato all’opposizione?
Lei rappresenta in primo luogo la CNI, ma al contempo riveste una funzione importante in seno alla Regione e che va oltre l’ambito minoritario: l’abusivismo edilizio è un grosso problema dell’Istria.
Non c’è dubbio che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Quello che mi colpisce è il mancato rispetto delle norme e delle leggi. Si sta non soltanto violando il diritto, ma anche la dignità civile. Non si può costruire qualcosa su di un terreno che non è edificabile e poi aspettare che qualcuno te lo legalizzi. E a risentirne di più sono i nostri cittadini, la maggior parte dei villini abusivi che vediamo lungo la costa appartengono a cittadini stranieri. A me mai verrebbe mai in mente di andare in Trentino e costruirvi una casa abusivamente.
Personalmente avverto un fastidio per il mancato rispetto delle norme civili. La Regione si oppone all’abusivismo, in collaborazione con Città e Comuni è stato aperto il sito di denuncia bespravnagradnja.hr ed io, sia come funzionario regionale, sia come rappresentante degli Italiani, appoggio in pieno la lotta all’abusivismo.
Molto sta ad indicare che aziende legate alla camorra operino in Istria, specie nel Buiese. Seppur non ancora con implicazioni penali, pare lo faccia con il coinvolgimento più o meno cosciente di connazionali.
Io possono commentare queste affermazioni unicamente a titolo personale. Sono del parere che finché le istituzioni preposte non stabiliscono la colpevolezza di qualcuno, io non posso giudicare nessuno. Quando e se ci saranno le prove concrete di qualche illecito, sono sicura che i tribunali faranno il proprio lavoro. Dal punto di vista umano, invece, il mio commento è che umanamente sono sempre possibili degli errori, anche fatti in buona fede, vuoi perché qualcuno viene consigliato male, vuoi per inesperienza. Quello che da fastidio è che anche in assenza di certezze o di sentenze del tribunale viene imbastito un processo mediatico che umanamente non fa bene. Non fa bene alla deontologia professionale di chi lo fa, non fa bene alla persona che lo subisce. Poi, ripeto, la legge è la legge, se ce ne sarà ragione, ci sarà anche una sentenza.
Mettiamola così. Avendo certezze sulla presenza nel territorio di un’azienda in forte odore di camorra, condannerebbe a priori qualsiasi forma di collaborazione con essa?
Ovvio che la camorra e la collaborazione con essa vanno condannate. Se ci sono prove certe. Il fatto è che al momento attuale non abbiamo certezze. Mi sono posta un’altra domanda. Mettiamo che io abbia un ristorante, o sia una parrucchiera, o voglia vendere un terreno ad una persona interessata all’acquisto; sto semplicemente offrendo un servizio, non è che vada a chiedere a chiunque sieda al tavolo se ha la fedina penale pulita o meno. Se l’errore c’è stato si dovrà vedere in quale situazione è avvenuto.
All’interno della Regione questo tema è stato dibattuto?
No, in quanto non c’ è alcuna inchiesta ufficiale.
Prima di diventare Vicepresidente della Regione lei è stata giornalista: come ci si trova dall’altra parte della barricata?
Per me era molto più facile fare la giornalista, in questo ruolo politico avverto maggiormente il peso delle responsabilità.
Intervista di Silvio Forza a Jessica Acquavita
Fonte: Istra24 – 17/09/2023