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La Voce del Popolo – 020507 – Pedena, paese paradigma dell’Istria

 

ISOLA – La Comunità degli Italiani “Dante Alighieri” di Isola ha ospitato la presentazione del volume "Un paese nella bufera: Pedena 1943/1948. L'occupazione tedesca, guerra e dopoguerra in un borgo istriano nei ricordi e nelle testimonianze" di Guido Rumici. All'autore, noto al pubblico istriano per i suoi lavori sulla storia recente della penisola e per gli studi sulla Comunità Nazionale Italiana, abbiamo chiesto di spiegarci i motivi che lo hanno portato a scrivere un volume sul borgo dell'Istria centro-orientale.
Come mai hai pensato di scrivere un volume su Pedena, sulle vicende comprese tra gli anni 1943-1948?
“Scrivere un libro su Pedena significava cercare di ricostruire la storia dell'Istria interna, che di solito è molto meno conosciuta rispetto a quella costiera. Se per questa parte della penisola abbiamo moltissime testimonianze, molti libri, scritti sia di qua sia di là dal confine, per la parte interna esistono pochissime pubblicazioni, sia per il fatto che era poco abitata sia per il fatto che, oggettivamente, la grande storia ha in parte dimenticato quelle vicende fin da quando esse si sono svolte. Poi ho avuto la fortuna di avere in mano il diario di monsignor Pietro Rensi, prete della parrocchia di Pedena, che mi è servito non tanto per raccontare la storia di Pedena come paese specifico, poiché la mia ambizione era quella di raccontare un paese per cercare di descrivere quello che è avvenuto nell'intera Istria interna, dove, in realtà, vicende analoghe sono avvenute anche negli altri paesi della zona di Pisino, Cerreto, Lanischie. Quindi un paese viene raccontato come paradigma di tutto un insieme di paesi dell'Istria interna. Il periodo 1943-48 è legato al fatto che in quegli anni avvengono le grandi rivoluzioni del Novecento in Istria: c'è dapprima la caduta dell'Italia, poi la venuta dei Tedeschi, che mettono a scompiglio la regione con delle violenze di particolare entità, poi c'è l'arrivo dei partigiani. In tutto questo il prete cerca di salvare il proprio paese e la sua comunità da queste violenze. Poi c'è il lungo dopoguerra, dapprima tranquillo, successivamente invece via via sempre più denso di minacce, in quanto dopo il 1947 vediamo che i preti vengono presi nel mirino da parte del regime di Tito. Anche il parroco di Pedena viene additato prima, minacciato poi, e fatto allontanare dal suo paese. Questa comunità resta pertanto priva del suo pastore e nel tempo si disperde. Una cosa interessante è che finché il prete era rimasto in paese la comunità è rimasta compatta attorno a lui, alla figura di riferimento. Quando lui va via, di colpo la comunità si sgretola e cominciano le partenze. Gli esuli da Pedena se ne vanno nel 1948, quando fugge appunto il parroco, e il paese si svuota nel giro di pochi anni. Di trecento abitanti ne rimangono pochissimi. Oggi a Pedena vi sono ancora quattro soli Italiani censiti.”
Nel volume la storia del borgo, negli anni 1943-1948, viene presentata attraverso il diario del parroco. Come hai recuperato tale diario e chi ti ha dato l'opportunità di pubblicarlo e di commentarlo?
“Premetto che da un singolo diario non si può avere la velleità di pretendere di poter raccontare l'intera storia di un paese. Il diario è una fonte, il tassello di un più grande mosaico, del quale mancano moltissime tessere. Però, diciamo che in mancanza di altro, di fonti scritte e di documenti è già un buon inizio. Il diario mi è giunto per tramite del nipote del monisgnore, il sig. Tullio Rensi, che abita a Trento, e per mia fortuna mi ha contattato per chiedermi se volevo visionarlo e poi utilizzarlo per le mie ricerche, cosa che ovviamente ho fatto con molto entusiasmo in quanto questo diario ha il pregio di essere molto fresco in quanto molto avvincente dal punto di vista umano. Anche se non riempie tutti i buchi della storia, non risponde alle domande che io mi sono posto dal punto di vista storiografico, però dal punto di vista umano è molto utile per far capire quale era il clima di quei momenti, il clima di paura, di tensione e di spavento che queste persone avevano nei confronti della grande storia che toccava Pedena. Per ricostruire la percezione del rischio davanti ai Tedeschi, davanti ai partigiani, davanti a mille vicende belliche e post belliche, ecco, allora, che anche un diario può contribuire moltissimo a far capire qual era il clima e la percezione degli eventi da parte della gente comune.”
Possiamo dire che presenti un contributo e dei materiali interessanti per illustrare un'Istria "diversa" cioè quella rurale, "minore" di cui si è scritto poco e di cui si conosce solo qualche singolo aspetto. Nei tuoi studi hai analizzato tutta la realtà della penisola, hai consultato diverse fonti, hai raccolto testimonianze, hai letto molti studi; per affrontare quest'altra Istria quali problemi hai riscontrato nello svolgimento del tuo lavoro di ricerca?
“Il primo problema è la mancanza quasi assoluta di documentazione scritta, poi il fatto che queste zone si sono svuotate in tal misura che mancano ormai sia dei residenti in loco sia delle persone, anche abitando altrove, che possono contribuire a raccontare quelle vicende. Io ho fatto molta fatica nel ritrovare questi esuli da Pedena perché non sono organizzati, non hanno costituito alcun tipo gruppo, e anche in loco le persone che oggi abitano a Pedena non hanno una continuità storica con quegli eventi, in quanto sono giunte dal resto della Jugoslavia, sono bene inserite ma non hanno radice storica e quindi non hanno conoscenza di quell'epoca. Quindi il grosso problema è la mancanza di fonti sia scritte sia orali. È come un mosaico di storia antica di cui abbiamo solo alcune tessere e altre mancano. Sicuramente questo non è un prodotto finito ma è un prodotto semilavorato al quale spero che altri possano contribuire, aiutando ad incrementare questa conoscenza. Sicuramente, dopo tanti anni, è difficile giungere ad una sintesi anche perché c'è il problema che molte persone hanno una certa ritrosia, un certo timore nel raccontare quelle vicende, sia per un fatto di paura sia per le possibili conseguenze ancora esistenti e anche per un fatto, diciamo, di dignità e di pudore, e di voler chiudere quelle pagine dolorose. Molto spesso i testimoni non raccontano le loro cose anche per proteggere i loro familiari dal male di una volta.”
Pedena appartiene a quella dimensione istriana in cui, molto spesso, il borgo era prettamente o in buona parte composto da popolazione italiana mentre le campagne erano compattamente croate. Molti dei fenomeni che si riscontrano in altre località dell'Istria si sono verificati anche a Pedena, quindi possiamo dire che le dinamiche dei fatti sono simili al resto della regione oppure ci sono delle sfumature diverse?
“Sì, ci sono sfumature diverse. Intanto nell'Istria interna fu molto più pesante la mano dell'occupatore tedesco, in quanto il movimento partigiano era molto più radicato nelle campagne, per motivi logistici e anche per motivi di operatività militare, i nazisti avevano agito con mano molto più pesante. Quindi, se nelle città della costa vi è stata nel biennio 1943-1945 una certa "calma", e uso le virgolette, perché, ovviamente, non ci sono periodi di calma durante una guerra, nell'interno dell'Istria le tensioni furono molto più alte, perché i rastrellamenti, la guerriglia e la controguerriglia erano molto più sanguinosi e violenti. Questo è un dato di fatto che differenzia l'interno dalla costa. E poi c'è il fatto che, mentre sulla costa l'elemento italiano era predominante, nell'interno dell'Istria, tranne alcune città come Buie, Montona, Grisignana, Pisino, ecc., nelle cittadine minori l'elemento maggioritario era quello slavo, o sloveno o croato a seconda della zona. A Pedena paese, gli Italiani erano maggioranza, ma già nelle campagne predominava l'elemento croato.”
Tu hai presentato questo libro in varie località: a Gorizia e poi anche in Istria, a Pirano e a Isola. Come è stato accolto questo lavoro?
“Mi sono sorpreso nel vedere che l'interesse è stato superiore a quanto io mi aspettavo. Pensavo che, essendo un paese molto piccolo, quindi con pochi esuli ed altrettanti pochi rimasti, l'interesse fosse, tutto sommato, abbastanza marginale. E, invece, ho visto che, il fatto si parli di una zona di cui si è scritto molto poco, paradossalmente ha creato più interesse, perché andava a colmare una lacuna esistente, e in questo spero di aver contribuito a dare un aiuto alla comprensione di questi fenomeni.”

Kristjan Knez

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