TRIESTE – L’emissione del francobollo ordinario, del valore di 0,65 euro, dedicato alla città di Fiume quale “Terra orientale già italiana” è stata fissata per il 10 dicembre 2007. Lo fa sapere in un comunicato del 31 ottobre Poste Italiane S.p.A., confermando quanto dichiarato nei comunicati stampa che nei giorni scorsi annunciavano un dilazionamento dell’evento e non la sospensione definitiva.
“Potrebbe non essere la data finale – avverte Guido Brazzoduro (sindaco degli Esuli Fiumani) ormai sul chi vive dopo i fatti di ieri –. Durante i contatti avuti con Palazzo Chigi e Farnesina, oltre che con il Ministero delle Comunicazioni – spiega –, sono state fatte anche altre ipotesi, per cui prevedo ci possano essere degli aggiustamenti”. Unico dato comunque positivo del “giorno dopo” l’espressa volontà di dar seguito all’emissione e alla cerimonia di presentazione.
Ma perché è stato voluto un francobollo su Fiume?
“La cerimonia – risponde Brazzoduro – è inserita in un contesto di manifestazioni, conferenze, dibattiti, celebrazioni, scritti, volti a far conoscere alla Nazione le tragiche vicissitudini occorse al Popolo giuliano-dalmata durante l’ultimo conflitto mondiale – ribadisce –, e anche per un lungo, tormentato periodo dalla sua fine. Dopo quasi sessanta anni di vergognoso, voluto e imposto silenzio da parte della stampa, della radio, della televisione, delle stesse istituzioni (tanto da guadagnarsi la definizione di “silenzio di Stato”) finalmente in Italia è divenuto “politicamente corretto” – almeno si spera – parlare di un argomento considerato, sino ad alcuni anni fa, ancora tabù”.
La simbologia di Palazzo del Governo
Perché avete scelto il Palazzo del Governo per il francobollo?
“L’edificio fu testimone di tutta una serie di avvenimenti che sconvolsero Fiume soprattutto negli anni decisivi 1918/19/20/21, quindi per noi rappresenta il simbolo della storia della città. Dal 1897 al 29 ottobre del 1918 ospitò i rappresentanti del potere politico di Budapest. Dal 29 ottobre, per una ventina di giorni, fu militarmente occupato dalle truppe croate. Dal 17 novembre 1918, dopo il suo abbandono da parte dei croati all’arrivo dei primi contingenti militari italiani e americani, fu sede del comando di occupazione interalleato. Dal 12 settembre 1919, con l’entrata di D’Annunzio e dei suoi seguaci a Fiume, divenne centro logistico del Comando legionario e si meritò la denominazione di Palazzo del Presidio. Dopo i risultati delle elezioni del 24 aprile 1921 che diedero agli autonomisti di Riccardo Zanella i due terzi dei consensi dei votanti, il governo dello Stato Libero della città di Fiume si insediò nel palazzo. Il 3 marzo 1922, a seguito di un audace colpo di mano armato di nazionalisti favorevoli all’annessione e con l’ausilio non certo irrilevante di alcune cannonate sparate contro il palazzo da un mas, il Capo dello Stato Libero di Fiume si vide costretto a firmare la resa e a partire in esilio. Dal 27 gennaio 1924, e sino al 3 maggio 1945 fu sede della Prefettura. Queste date spiegano la ragione della nostra scelta”.
Il significato della data
Aveva un significato preciso anche la data di emissione?
“Rievoca quella storica del 30 ottobre 1918. In data 29 ottobre 1918, infatti, si era formato a Zagabria il Consiglio nazionale serbo-croato-sloveno, che, tra i suoi punti dichiarati, contemplava pure l’inglobamento di Fiume nella Croazia; approfittando del fatto che ormai il Palazzo del Governo era stato abbandonato dal rappresentante magiaro, aveva dato ordine alle truppe di stanza nella limitrofa cittadina croata di Sušak di occupare l’edificio. A Fiume si era costituito il Consiglio Nazionale Italiano, che, nella giornata seguente – cioè il 30 ottobre 1918 – aveva stilato e approvato un proclama che dichiarava la città di Fiume corpo separato costituente un comune nazionale italiano, con la pretesa per sé del diritto di autodecisione delle genti. Basandosi su tale diritto il Consiglio Nazionale proclamava Fiume unita alla sua madrepatria l’Italia. Per far affiggere il manifesto nella città nel volgere di poche ore, lo si diede alle stampe in fretta e furia, tanto da riportare in calce allo stesso l’errata data del 30 settembre 1918”.
La storia della città
È storia – ribadisce Brazzoduro –, che appartiene alla città, a chi ci vive e ai fiumani sparsi nel mondo. A momenti si ha l’impressione che si siano spalancate le porte della comprensione, in altri ci si ritrova di fronte ad un muro. Rimane quindi l’amarezza di una giornata difficile come quella di martedì. Nella mattinata in alcune regioni italiane il francobollo era stato già messo in vendita all’apertura degli sportelli, prima che arrivasse la circolare che ne stoppava l’emissione. Quando, da diverse città italiane, molti esponenti delle Associazioni degli Esuli erano già partiti verso Milano per partecipare alla cerimonia, s’era appresa la notizia. A comunicarla a colleghi, amici, funzionari, pubblico era stato Guido Brazzoduro, colpito ed amareggiato da quanto stava succedendo. Le Poste hanno diramato solo nel tardo pomeriggio una comunicazione ufficiale, ma già s’era appreso – rivela ancora il Sindaco dei Fiumani in Esilio – “dopo telefonate con la Farnesina e Palazzo Chigi, ch’era stato quest’ultimo a bloccare l’evento per opportunità politiche legate alle imminenti elezioni in Croazia”.
Nervosismo e confusione
Nonostante il nervosismo e la confusione di una giornata convulsa, le diverse decine di persone che avevano raggiunto Milano per l’occasione, si erano ritrovate presso la sede di Poste Italiane – sostando nell’atrio principale – in attesa che ci fosse una comunicazione precisa. Il tutto risolto con un foglio a stampa affisso sulla porta a vetro che annunciava la sospensione dell’emissione. La gente aveva continuato a presidiare l’atrio per qualche tempo ancora, cogliendo l’occasione per palesare progetti e programmi, fissando incontri futuri e comunque chiacchierando con persone che non vedevano da tempo. Giornalisti della carta stampata e delle TV locali raccoglievano interviste e dichiarazioni in un’atmosfera di generale scoramento. Fuori pioveva, all’interno si sentiva l’intreccio delle voci che espandevano parole nel dialetto delle nostre contrade. “Noi ne ga mai volù ben” – il commento più frequente indirizzato ad una Croazia che eredita nella coscienza degli esuli il rapporto che fu della Jugoslavia. C’è un sordo rancore, molta tristezza. “Ma cossa ghe da fastidio?”. La domanda più frequente. Quel “già italiana” stampato sul francobollo che tradotto in croato non ha lo stesso significato, anzi assume la forma assoluta di “allora e per sempre”. La bandiera italiana sul palazzo del Governo? Ma è un riferimento storico. “Quando che se vol leger le robe alla riversa, non ghe xe niente da far!”.
Rosanna Turcinovich Giuricin