UMAGO – “Istria e istrianità” è stato il tema del I° Simposio scientifico – culturale, tenutosi sabato scorso alla Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago. L’incontro è stato promosso dall'Accademia per le scienze e la cultura “Histrianitas XXI”, associazione non governativa che ha lo scopo di affermare e valorizzare l’istrianità partendo da un punto di vista scientifico-culturale.
Ad aprire il Simposio è stato Vito Dundara, segretario generale dell’Accademia, il quale da anni si impegna nella realizzazione di questo impegnativo programma incentrato sullo studio e la promozione dell’istrianità, il quale ha spiegato i fini e la visione del progetto. “L'Istria e l'istrianità sono argomenti che spesso vengono menzionati, ma raramente sono motivo di incontri scientifico–culturali. A questo simposio, che si terrà ogni anno sotto l'organizzazione dell'Accademia istriana per le scienze e la cultura “HISTRIANITAS XXI”, si discuterà, in maniera multidisciplinare, dell'Istria e dell'istrianità.
Temi rimasti sconosciuti
È l'istrianità come identità, come modus vivendi, come identità soprannazionale, rispettivamente soprastatale – rispetto alla concezione civile di nazione – un fatto storico e una realtà odierna? È l'Istria dal punto di vista culturale, sociologico e storico, uno spazio particolare oppure è giusto che sia soltanto un pendente periferico di stati ancora senza identità nazionali costruite su basi etniche? Quali sono i valori culturali, sociologici e storici che possono definire l'Istria come uno spazio culturale particolare? Tutte queste domande e fatti vengono esposti pubblicamente principalmente attraverso posizioni “politico–quotidiane”, mentre nella realtà questi temi sono stati oggetto di molti e meritevoli lavori di carattere scientifico e di considerazioni, che sono, per la maggior parte, rimasti sconosciuti all'ampio pubblico istriano. Pertanto, l'Accademia per le scienze e la cultura “HISTRIANITAS XXI” ha deciso di presentare al pubblico lavori e riflessioni di valore, organizzando simposi annuali e diverse tavole rotonde, ai quali potranno partecipare, oltre agli oratori, anche i cittadini con le loro domande. Con l’“HISTRIANITAS XXI”, quale iniziativa cittadina, vuole dare il suo contributo allo sviluppo della società civile in Istria”.
Partendo così dal concetto comune di istrianità, i relatori hanno abbozzato, ognuno a suo modo e partendo da posizioni diverse, la propria visione e interpretazione del tema. Non a caso abbiamo usato il termine “abbozzato” dato che nel corso degli interventi e ancor meglio durante la discussione che è seguita, si è potuto constatare che l’argomento si presta a innumerevoli, se non infinite, possibilità di analisi, riflessioni e considerazioni.
L'Istria dei simboli
Così Ernie Gigante Dešković, culturologo e scrittore di Abbazia, nel suo intervento intitolato “Istrianità come identità” è partito dal concetto che l’Istria, in quanto luogo di incontro e fusione di culture e componenti diverse, sia, in senso saussuriano, un universo di simboli, e che, di conseguenza, l’istrianità venga o possa essere definita attraverso questi simboli. “Per simboli – spiega Gigante Dešković – intendo che quando qualcuno vuole dire che è dell’Istria usa espressioni come ‘sono nato in questa terra’ (identificazione con il territorio) oppure che ‘la zuppa istriana, la roženica: tutto questo è Istria’. Proprio attraverso questi simboli possiamo evincere che il territorio istriano forma una specifica identità ibrida (l’istrianità) che può essere singola o plurima. L’istrianità come identità univoca non esiste ed è solo un legame tra gruppi diversi (croati, italiani ecc.) che hanno fatto propri i simboli menzionati sopra? Ovviamente la risposta è tutt’altro che semplice. Infatti, pur identificandosi attraverso la definizione ‘italocroato’, ‘croato-italiano’, ‘italosloveno’ e tutte le possibili combinazioni che ne possono derivare, fatto tipico dei territori di confine, si è dimostrato altresì che gli stessi identificano l’Istria attraverso gli stessi segni o simboli, anche se classificati in maniera diversa: gli uni come parte dell’entità nazionale croata, gli altri attraverso quella italiana, slovena e altro. Nonostante questo, il denominatore comune rimane la componente istriana. E qui arriviamo al nòcciolo della questione perché questo ‘istriano’ effettivamente sta ad indicare qualcosa, ponendo le basi di un ‘discorso istriano’ che unisce tutte le componenti nazionali dette sopra e, al contempo, crea la differenza tra, ad esempio, un croato istriano e altri croati.
L’identità istriana può essere anche una mera identificazione regionale che non contiene in sé altre pulsioni. Può essere anche un’identità unificante superiore che, pur contenendo elementi nazionali diversi, intende l’istrianità come un’entità a sé stante. E questo è probabilmente quella definizione, quel concetto che conferisce all’Istria e all’istrianità il suo ‘charme’ inconfondibile, un terreno fertile e un punto di partenza che offre innumerevoli possibilità di studio, ricerca e ulteriori approfondimenti”.
Risposta alla globalizzazione
Vito Dundara invece ha proposto la sua riflessione sull’”Istrianità come risposta alla globalizzazione” constatando che “il modo di vivere in Istria è in costante movimento e in un continuo cambiamento, per il grande flusso di immigrazione ed emigrazione, per i cambiamenti politici e l’influsso di diverse ideologie e, negli ultimi tempi, anche per l’influsso dei processi di globalizzazione. La ridefinizione dell’identità culturale è un processo intenso e costante particolarmente evidente a partire dalla seconda metà dello scorso secolo ad oggi. D’altro canto, l’identificazione degli abitanti con il territorio anche da parte delle persone non autoctone, indica che queste hanno accettato l’Istria come la loro nuova casa. Infatti, stando alle più recenti ricerche sociologiche, circa l’80 p.c. degli abitanti dell’Istria si identifica territorialmente con essa. Tra i motivi di questo legame troviamo le caratteristiche peculiari che tradizionalmente caratterizzano la Penisola, come la famiglia, gli amici, il territorio, la mentalità, mentre i motivi politici, religiosi e storici si trovano in fondo alla lista. In sostanza si è dimostrato che il legame e l’identificazione territoriale sono di natura personale, caratteristica riscontrata anche in passato, e che gli elementi affettivi dominano su quelli nazionali. Le ragioni che solitamente contraddistinguono l’identità collettiva, come la politica, la religione, la storia, non interessano gli istriani, ovvero gli abitanti dell’Istria che la accettano come ‘nuova patria’, senza distinzioni di natura etnica. L’istrianità e le sue specificità saranno al centro della presentazione che l'Accademia per le scienze e la cultura "Histrianitas XXI" farà al Forum culturale per l’Europa di Lisbona, alla fine del prossimo settembre”.
Tomizza, la grande anima istriana
L’intervento di Marino Vocci è stato, come sempre, una profonda riflessione umana e “poetica” svolta in tono di “chiacchierata tra amici”, pur vertendo su tema “Diego de Castro, Fulvio Tomizza e l'Istria”. “In questa sede voglio ricordare Fulvio Tomizza, la grande anima istriana, il mahatma, anche perché credo che su questi temi l’essenza del pensiero e dell’azione quotidiana di Tomizza si fa notevolmente sentire. Il mio intervento vuole fornire alcuni spunti per una discussione”. Vocci ha ricordato la “primavera istriana” del 1988, con nomi come Tomizza, Nelida Milani Kruljac, Loredana Boljun, Franco Juri, che aveva in qualche modo fratto proprie alcune riflessioni profonde sul tema del significato dell’appartenenza e dell’identità plurima oppure, anche quella, molto forte come espressione “che in fondo noi siamo tutti dei puri bastardi”. Un’espressione un po’ forte che però dava l’idea del significato della battaglia e dell’azione politica che si voleva sviluppare in quegli anni nelle rispettive società, al di qua e al di là del Dragogna, e del mondo istriano al di là di Rabuiese. Oggi la situazione è estremamente diversa, forse più complicata, nella quale c’è bisogno di una “sana utopia e disincanto”, per dirla con Claudio Magris. C’è soprattutto il bisogno di sviluppare delle iniziative e dei progetti concreti, per rilanciare il tema della cooperazione e della costruzione di una società autenticamente plurale. Ha fatto riferimento poi a Diego de Castro che si domandava sulla possibilità di creare un’istrianità trilingue e che si rispondeva che questo è molto difficile perché non è interesse degli stati nazionali favorire la costruzione di un’identità che non sia molto ligia a quella che è l’indicazione nazionale, ma, al contempo, nella conclusione della stessa pagina di questa riflessione, citando Silvano Sau, ripete “L’Istria vuole semplicemente essere quella che è”. L’istrianità plurilingue e pluriculturale è sostanzialmente impossibile ma allo stesso tempo si cita come aspetto positivo il fatto che gli istriani vogliono essere quello che sono e non quello che vogliono far credere loro gli altri. Così il pensiero di Fulvio Tomizza presente in tutti i suoi scritti, sull’Istria e l’istrianità e sul valore di questo mondo istriano plurale per cui nessuno usava questo termine fino agli anni Novanta, Tomizza è stato un maestro che a molti di noi ha dato la sensazione e il piacere di sentirsi istriani, quando spesso sentirsi istriani a Trieste ma non solo, veniva sostanzialmente nascosto (vedi l’esempio di Anna Maria Mori). Tomizza ci ha sempre insegnato in tutto questo che l’Istria è un mondo plurale non del “o…o”, ma del “et…et”.
“Oggi parlare di istrianità in Croazia va bene, in Italia va benino, in Slovenia va male. Quindi, se vogliamo parlare dell’Istria come dimensione territoriale regionale, su questi temi quasi c’è un’assenza di dibattito. È giusto quindi sfruttare l’occasione come questa possibilità data dall’Accademia che ha organizzato l’incontro odierno per imporre nuovamente questo dibattito. Il tema del dialogo, del confronto e dell’arricchimento reciproco fatto di culture diverse è in un angolo della politica di questa nostra realtà. Prendiamo ad esempio l’Euroregione che noi abbiamo voluto da sempre per superare in qualche modo le divisioni che la storia ha imposto in queste terre, oggi ha subito una battuta d’arresto e non vede presente la Slovenia, la parte dell’Istria che sta accanto alla nostra, non c’è. E quindi vuol dire che la politica non c’è, o è in ritardo, o rincorre il consenso piuttosto che governare il consenso”, ha concluso Vocci.
Antropologia e storia
L’ultimo intervento è stato del dottor Emilio Cocco, sociologo di Bologna, sul tema “Istrianità tra nazionalismo e cittadinanza”, che ha analizzato il concetto di istrianità da un punto di vista antropologico e storico, facendo dei confronti con altre realtà mondiali e il motivo per il quale parlare di istrianità oggi è diventato tanto attuale.
Al termine delle relazioni, che hanno fornito moltissimi punti di riflessione, è seguito un interessante dibattito al quale hanno partecipato cittadini e studiosi, e dal quale è emerso che effettivamente il tema dell’Istria e dell’istrianità può essere visto, vissuto e analizzato in tantissimi modi diversi e messo in relazione con altrettante realtà e punti di vista. Un argomento dunque del quale c’è ancora tanto, tantissimo da dire; cosa che cercherà di fare l'Accademia per le scienze e la cultura "Histrianitas XXI" nel corso della sua futura attività.
Marianna Jelicich Buić