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La Voce in più Cucina – 280907 – Venezia e Dalmazia, storie di cucina

di Fabio Sfiligoi

Ci sono sei donne dietro le quinte del bel libro “Venezia e Dalmazia, unite da storia, gastronomia e tradizioni”, pubblicato dalla Comunità degli Italiani di Zara con il contributo della Regione Veneto e del Centro Ricerche Culturali Dalmata.
Rina, Giuliana, Adriana, Melita, Larisa e Zrinka, come racconta la prefazione, erano un po’indecise sul “come fare” un libro di cucina e dopo un bel… pensare sono arrivate ad ottenere la formula giusta e a dare una nuova dimensione alle pubblicazioni di questo genere. La particolarità del libro, che si legge in maniera molto scorrevole, è data dall’abbinamento alle ricette di aneddoti e cenni storici, il tutto legato da un lungo “fil rouge” tra Venezia e la Dalmazia. Rina Villani, che della Comunità degli Italiani zaratina è anche presidente, è stata la coordinatrice di tutto il lavoro, Larisa Ivanov si è occupata della ricerca delle ricette, Giuliana Riggio ha sceltogli aneddoti e firmato la prefazione, mentre Adriana Grubelić si è occupata della raccolta dei molti cenni storici.
Il libro inizia con il breve racconto intitolato “Il Baule”, in fondo al quale viene scoperto un libro dal nome “Manuale di cucina di Caterina Prato, terza edizione” datato 1898. È in pratica l’introduzione alla cucina veneta “caratteristica per la varietà dei piatti e delle spezie”, “ricchissima della sua storia, ma anche cultura, tradizioni e costumi”. Quella veneta è una cucina molto varia e interessante, legata alla storia della Serenissima, ai viaggi in Oriente, regine indiscusse le spezie, al dominio in Adriatico e nel Mediteranneo, ma anche ad un’entroterra molto fertile.
Dagli aneddoti si scopre che, nell’ambito delle leggi suntuarie, per limitare lo spreco in occasione
dei abbondanti raduni conviviali dell’epoca, Venezia nel 1450 proibì i pranzi per i quali si fosse speso più di mezzo scudo. Nel ‘500 venne messo al bando il consumo di tutta una serie di carni fra i quali citiamo quella di fagiano, pernice, gallo d’India e pavone. I cuochi non si sottrassero a tali leggi e erano obbligati a giurare davanti al Magistrato la lista delle vivande, pena la galera (mai carne e pesce nello stesso pranzo). Le cucine potevano venir ispezionate. Detto che il ricettario più antico risale al XIV secolo, si scopre che il saor (da noi meglio conosciuto come “savor”) è del XV secolo e serviva a conservare il cibo più a lungo. È una marinata di cipolle fritte, aceto e spezie.
Ma passiamo ai piatti tipici della cucina veneta, al cui primo posto, per celebrità “planetaria”, mettiamo il fegato alla veneziana la cui ricetta nel libro viene così descritta. Tagliate a fette quattro cipolle; in una padella versate dell’olio e una volta caldo fatevi dorare le cipolle. Disponete poi le fettine di fegato di vitello (400 grammi per 4 persone), spolverate con sale e pepe. Cuocete per 3-4 minuti, servite sul piatto di portata e irrorate con del succo di limone. Di solito a casa nostra, quanto il menù del giorno propone il fegato alla veneziana (servito, però, tagliato a strisce), il contorno è costiuito obbligatoriamente dalla polenta, altro piatto tipico della Serenissima e simbolo della cucina rurale e domestica. La polenta, scrive il libro, venne indicata nel XVIII secolo quale causa della pellagra. Solo dopo si scoprì, che in effetti, si trattava di mancanza di vitamine.
Il libro propone la ricetta della polenta infasolà con pancetta, pomodori e fagioli.
Un altro must della cucina veneta è il baccalà alla vicentina. Vi proponiamo la ricetta del libro. Soffriggete quattro cipolle tagliate a rondelle in un bicchiere d’olio con l’aggiunta di due spicchi d’aglio. Aggiungete un trito di prezzemolo e quattro acciughe sotto sale. Aprite il baccalà in due (800 grammi cca), privato della pelle. Ricoprite i due pezzi con il soffritto, cospargete di farina e parmigiano grattugiato. Aggiungete sale e pepe. Riunite le due metà pressandole adagio. Tranciate il baccalà in circa 5 cm. Passate tutto nella farina mista al parmigiano e mettete in una teglia di terracotta. Coprite interamente con latte (un litro) e aglio e cuocete per 5 ore. Servite con polenta.
Il libro contiene anche altre ricette tipiche come i risi e bisi, le sarde in savor, gli scampi alla busara, il brodeto, il filetto al carpaccio, la pastizada, le tripe in tocio, i baicoli e i galani, per concludere con zabajon e maraschino. Alla fi ne del libro le autrici scrivono di aver volutamente omesso alcune ricette (fritole, rosada, gnocchi, ecc.) perché probabilmente questo primo libro, molto apprezzato almeno personalmente, avrà un seguito. Aspettiamo con impazienza!

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