di Franco Juri
Come corrono in fretta le cose. A volte sembrano ingovernabili, come fossero dettate e manipolate da un demiurgo che decide della nostra sorte e ci fa credere di essere, in fondo, innocenti, ovvero vittime di un'imposizione aliena a noi. È quanto sta alla base della morale cristiana. Esiste il peccato, ma esiste anche l'istituto del pentimento. Mai come oggi – forse seguendo gli impulsi di una tecnologia che va veloce, velocissima – va veloce anche la politica.
Sembra non ci sia più il tempo di riflettere. Se sbagliamo ci rimane solo il tempo per pentirci, ma non serve farlo ad alta voce, perché in verità più nessuno te lo chiede. Nessuno si accorge ormai né dello sbaglio né del pentimento o della penitenza. Della memoria storica, poi, non parliamo. Essa sembra la cosa più insensata e inutile al mondo. Siamo bombardati da fatti, dichiarazioni, numeri, slogan e promesse. È la politica postmoderna, o la sua caricatura, che è una fase ulteriore della complessa evoluzione umana.
Così non mi sorprende che il leader dell'Unione degli Istriani, Massimo Lacota, organizzatore delle manifestazioni di pietas sulle foibe del Carso, ora appoggi a spada tratta gli argomenti della Slovenia nel contenzioso di confine con la Croazia. Una sua lettera di sostegno alle richieste di Lubiana è stata letta di recente da una candidata slovena liberaldemocratica all'Europarlamento.
Bravo chi capisce. Che Lacota tifi per la Slovenia sembra – a prima vista – una cosa bella, naturalmente vista dalla prospettiva lubianese. Ma, attenzione, qui gatta ci cova. Quale? Beh, molte gatte, da pelare. Una si chiama Accordi di Osimo, l'altra "diritti storici", di cui fa bandiera la Slovenia, ma offre una nuova opportunità agli esuli. Una Croazia che non fosse più vicina immediata dell'Italia, nemmeno per mare, Osimo potrebbe pian piano scordarselo. Geniale Lacota! Se poi vi aggiungiamo l'iniziativa del dr. France Bučar, che ha proposto una ridefinizione dei confini in Istria, da basare su un referendum cui possano partecipare anche gli istriani autoctoni che nella penisola vivevano nel 1947, anno dell'accordo di pace, – vale a dire, tutta la diaspora – i giochi potrebbero capovolgersi. La storia, in fondo, è piena di sorprese. Seminar zizzania è un vecchio strumento della geopolitica per generare sorprese, e non dirò di più.
Sul tavolo c'è ora una proposta di arbitrato ad hoc firmata Olli Rehn, quindi UE. Nessuno ne sembra entusiasta; la Slovenia ha detto di sì – con delle condizioni tipo ex aequo et bono – solo perché immagina che la Croazia dirà di no. Siamo cugini, in fondo, ci conosciamo sin dagli anni del primo moccolo al naso. Conosciamo la psicologia dell'altro, perché è identica alla nostra. Siamo due immagini rispecchiate. Se uno dice di sì, l'altro dirà di no, all'infinito. Il premio Nobel Ahtisaari lo ha capito in fretta. Il suo prestigio internazionale, in una faida balcanica e infantile come quella tra Slovenia e Croazia, ne sarebbe uscito intaccato, e così – senza mezzi termini – ha spiegato che i politici africani sono dei signori se paragonati a noi. Ha ragione.
Ma Rehn, da buon e onesto finlandese, non desiste. L'arbitrato? E perché no? In fondo si basa sul diritto internazionale, i giudici vengono scelti dalle liste del tribunale arbitrale permanente dell'Aia, e due di essi vengono scelti dai due Paesi contendenti. L'UE dovrebbe inoltre godere della fiducia di entrambi i Paesi. Eppure non è così. La proposta sembra destinata a fallire. Tutto fa sembrare che il governo croato non abbia, in verità, molta fretta di entrare nell'Unione Europea. La NATO, per Sanader e Mesić, sembra una cornice sufficiente. Tutti – in Croazia e Slovenia – sembrano sforzarsi di bloccare a lungo termine l'allargamento dell'UE ai "Balcani occidentali". Lo fanno per conto di qualcuno? Quasi le due leadership fossero d'accordo, a danno di noi comuni mortali.
Lo so, sono un parlamentare. Ma, credetemi, sono un comune mortale.