LETTERE
Con la legge che nel 2004 ha istituito il «Il Giorno del Ricordo» – 10 febbraio, il Parlamento della Repubblica, con l'appoggio delle forze fondamentali in esso presenti, ha inteso dare un rilievo e un riconoscimento solenne alla nostra biografia collettiva, quella dei giuliani, fiumani e dalmati di lingua italiana, come capitolo della nostra storia e dell’identità nazionale. Con quell’atto è diventato esplicito per la Nazione italiana l'invito a riflettere sulle «complesse vicende» – come recita l’articolo primo della legge, che hanno segnato lungo tutto il '900, e prima, il confine orientale.
Un ricordo e una riflessione che riguardano, dunque, tutti gli italiani, non solo gli esuli o solo uno schieramento politico: non di una parte dell’Italia, né una vicenda circoscritta nel tempo e nello spazio legata alla violenza dell’età dei nazionalismi e delle guerre europee, ma un atto di consapevolezza della Nazione italiana su quello che ha significato il '900 qui. Riguarda, dunque, la memoria, il profilo storico e l’identità degli italiani della costa orientale dell’Adriatico: memoria delle violenze prodotte, con le forsennate politiche di oppressione e di espansione, e delle violenze e dei torti subiti.
Molto si sa ormai sulle foibe, basti pensare ai lavori di Valdevit, di Pupo e di Spazzali, e molto si sa sull’esodo anche se deve continuare il reperimento delle fonti con l'apertura di tutti gli archivi; ma ancora poco si sa e si è riflettuto sulle politiche che le autorità jugoslave hanno attuato per alterare in modo sistematico i connotati profondi della società istriana, fiumana e dalmata, lungo l’arco di più decenni e pur nel variare dei regimi politici.
Ora nel clima politico e civile diverso che l’Europa ci ha aiutato a costruire e consolidare nel tempo, ora siamo in grado di guardare a tutto questo passato con una diversa consapevolezza: possiamo guardare senza velleità ma senza fatalistiche rinunce, con serietà agli strumenti culturali – in primo luogo per la scuola – che oggi sono a disposizione e dagli strumenti giuridici (indennizzi, beni abbandonati) che possono ancora sanare vecchie ingiustizie.
Siamo in grado di fare tutto questo correttamente ed utilmente per tutti. Il mondo degli esuli ha capito molte cose, ha contribuito alla costruzione del Paese e dell’Europa ed ha ben chiari le responsabilità e il senso storico riguardante il ruolo che gli italiani dell’Istria, Fiume e della Dalmazia oggi possono avere nella costruzione di una nuova stagione per l’Adriatico. La nostra esperienza molto può dire sull’Europa del '900, con i suoi nazionalismi e totalitarismi e molto può dire all'Europa di oggi, quella dell’unificazione e dell’integrazione.
Renzo Codarin, Federazione delle Associazioni degli Esuli