È stato recentemente presentato presso la Libreria Minerva di Trieste, il libro intitolato e dedicato a L'altopiano dei Cici stampato a cura del Circolo di cultura istro-veneta Istria.
"Nessuno può dire di conoscere veramente l'Istria se non conosce anche la storia di questo altipiano e del suo popolo. Spesso l'Istria viene identificata con le sue coste, certo il mare ha avuto ed ha il ruolo fondamentale di legare culture e popoli diversi, ma per cogliere tutta la vitalità del suo cuore pulsante, non si può tralasciare il suo interno, un vasto territorio che a prima vista può sembrare duro e tagliente come le raffiche di bora che lo sferzano in inverno, ma che ha avuto nel corso dei secoli un ruolo centrale nei rapporti con Trieste e con l'Impero". Ha esordito così, Gaetano Benčić, uno degli autori del volume che ha, tra i molti, il merito di aver portato o riportato alla luce un territorio dimenticato e ormai in declino ma dalle notevoli potenzialità di 'rinascita' come spiega Livio Dorigo. "Questi territori che in alcuni scorci possono perfino sembrare i verdi prati dell'Argentina per quanto sono vasti, sono importantissimi per la biodiversità che ospitano e potrebbero davvero rappresentare una risorsa per molti giovani intenzionati a far rivivere le tradizioni ed i mestieri dei nonni, come la pastorizia".
In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, infatti, non andrebbero trascurate le possibilità che ci vengono offerte dalla natura stessa. I vecchi mestieri oggi vanno reinterpretati e con l'aiuto delle macchine ed un pizzico di fantasia e buona volontà "non servirebbe andare a comprare gli agnellini pasquali in Nuova Zelanda, evitando così anche i costi economici ed ecologici del trasporto".
Il volume quindi, oltre ad offrire una pregevole descrizione della storia di un popolo oramai disgregato – il nucleo di Cici più cospicuo che usa ancora come lingua l'istro-romeno è quello presente a New York – propone una valorizzazione ed una riscoperta di questi territori con una sensibilità ecologica che vuol'essere lungimirante, pur guardando al passato con il massimo rispetto per i lavori poveri, com'era quello dei pastori, capaci di adeguarsi con armonia ai ritmi della natura.
Andare avanti facendo un passo indietro quindi, rallentare i ritmi di una società frenetica "in cui i media esibiscono continuamente immagini sterili, per tornate alla capacità di osservare". "Con questo preciso obiettivo", spiega Walter Macovac autore delle foto "abbiamo fotografato nell'arco di un anno non i paesaggi 'da cartolina' ma quegli aspetti e quei particolari capaci di far percepire la trasparenza dell'aria di quei luoghi, i profumi, la tranquillità ed allo stesso tempo la durezza del freddo. Le didascalie, per chi non sa osservare, sono in fondo al volume".
Tamara Gentile