Nella rubrica dei Lettori di “Patria Indipendente”, mensile dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia” (numero di luglio 2013) è apparsa la seguente lettera sotto il titolo “Gli Istriani, il Fascismo e la Verità”. La redazione del periodico dell’ANPI non ha aggiunto alcun commento e ciò ha provocato alcune stizzite reazioni in internet, tra le quali riportiamo poi di seguito quella di Giuseppe Aragno e Sandi Volk, sintomatiche di come questa pubblicazione sia stata “letta” dalle frange più estreme del negazionismo.
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Mi chiamo Piero Petronio, sono nato il 12.4.1941 a Pirano (provincia di Pola) a 30 km da Trieste. La mia famiglia, dopo l’occupazione dell’Istria da parte degli jugoslavi, ha scelto di fuggire in Italia perché la nostra vita era in pericolo. Sono convinto, perché ho studiato una vita l’argomento, che la colpa della tragedia degli istriani sia solo e soltanto del fascismo italiano. In Istria italiani e slavi convivevano da sempre, e senza l’intervento violento del fascismo e dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia non si sarebbe scatenato l’odio da entrambe le parti.
Detto questo non sopporto né la Giornata del ricordo, né la scatenata campagna da parte dei fascisti e loro fiancheggiatori, né le campagne fatte dalle sedicenti storiche Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoj. La Giornata del ricordo è ipocrita, non parla della storia della Venezia Giulia sotto il fascismo, non parla della guerra in Jugoslavia. Dà un contentino di retorica agli esuli della Venezia Giulia il cui sacrificio è stato ignorato o disprezzato e dà un pretesto ai fascisti di ieri e di oggi per cancellare le loro colpe. La Kersevan e la Cernigoj sono slovene e vengono definite storiche: ma se si leggono i loro libri è evidente che il loro scopo è di nascondere o sminuire i massacri compiuti dai partigiani di Tito. Il comunismo jugoslavo fu, sotto un’apparente maschera di internazionalismo, un nazionalismo prevaricatore che volle soggiogare gli oppositori che fossero italiani, croati, austriaci o macedoni e kosovari.
La tecnica da Kersevan e Cernigoj è speculare a quella dei fascisti italiani di porre l’enfasi sui crimini altrui. I fascisti gonfiano il numero degli esuli che fu probabilmente di 200.000-250.000 fino a 410.000 (padre Flaminio Rocchi), gli infoibati tra 15.000 e 60.000, mentre furono probabilmente 5.000. Gli slavi tentano di togliersi di dosso l’infamia delle foibe mettendo in evidenza i crimini dell’esercito italiano in Jugoslavia (tutti veri e provati anche da storici italiani) e contemporaneamente attribuiscono le poche vittime (solo centinaia) alla vendetta popolare (Kersevan) mentre per Cernigoj è un complotto mediatico e ci ricorda tanto i negazionisti della Shoah.
Ho visto che l’ANPI fa delle manifestazioni presentando queste due signore soltanto. Secondo me così si allontana ancor più la conoscenza della verità, non si fa una seria analisi del passato: a Roma c’è la Fondazione Gramsci con i suoi grandi archivi. La verità è lì, va studiata e divulgata. È totalmente errato affidare ad occhi chiusi ad altri, come Kersevan e Cernigoj, quello che bisogna studiare da sé.
Chi ha scritto libri seriamente documentati sul fascismo nella Venezia Giulia, la guerra, le foibe e l’esodo, si chiamano Roberto Spazzali, Raoul Pupo, Elio Apih, Enzo Collotti, Davide Rodogno, Marina Cattaruzza, Guido Rumici, Guido Crainz ecc. Chiamate questi storici a spiegare quello che è successo.
Questa operazione di recupero della memoria va fatta, specialmente perché il pensiero va ai comunisti triestini come Luigi Frausin, Medaglia d’Oro della Resistenza che non voleva cedere Trieste agli jugoslavi. Nel 1944 gli jugoslavi indicarono alla Gestapo il suo nascondiglio.
Piero Petronio
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Se la cosa non fosse terribilmente seria, ci sarebbe da ridere. In una lettera a dir poco sconcertante, che ”Patria Indipendente” – organo ufficiale dell’Associazione Partigiani d’Italia – ospita senza sentire nemmeno il bisogno di prendere le distanze, il sig. Piero Petronio si sostituisce all’anagrafe e rilascia certificati di cittadinanza agli studiosi. Il criterio adottato tutto sommato è semplice: se ti occupi del confine orientale e, in linea di massima, condividi la sua verità sulle foibe – Petronio, per chi non lo sapesse, ha “studiato una vita l’argomento” – non ci sono dubbi: sei italiano a tutti gli effetti. Va da sé che, a dar retta all’infallibile metodo accolto dall’ANPI senza una chiosa, un distinguo o una precisazione, Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi “sono slovene”, così come sloveno diventò anni fa l’italiano Pirjevic. Slovene sì, parola di Petronio, e sembrerebbe quasi che i problemi del nostro confine orientale creino a loro volta un invisibile confine “etnico” tra gli studiosi, un confine che divide gli italiani, depositari del Verbo, da quelli sloveni, che evidentemente sono geneticamente manipolatori di fatti e si propongono lo “scopo […] di nascondere o sminuire i massacri compiuti dai partigiani di Tito”, per “togliersi di dosso l’infamia delle foibe mettendo in evidenza i crimini dell’esercito italiano in Jugoslavia”. Non a caso, per il sig. Petronio e per “Patria Indipendente”, che gli pubblica la lettera senza nulla obiettare, la Kersevan e la Cernigoi, non sono solo false italiane e “sedicenti storiche”, ma – guarda un po’! – usano il metodo “speculare a quello dei fascisti italiani di porre l’enfasi sui crimini altrui”. Vergognosamente slovene, quindi, e gratta gratta anche un po’ fasciste…
Partita da questa inquietante premessa, la lettera pubblicata dal giornale dell’ANPI giunge all’inevitabile traguardo: la lista degli autori consentiti – e di conseguenza l’index librorum prohibitorum – ma l’elenco di chi è abilitato a parlare di foibe e i fondi archivistici in cui andare a far ricerca: “la Fondazione Gramsci con i suoi grandi archivi. La verità è li, va studiata e divulgata. E’ totalmente errato affidare ad occhi chiusi ad altri, come Kersevan e Cernigoj, quello che bisogna studiare da sé”. Anche gli archivi, quindi, devono essere italiani e li devono frequentare solo gli studiosi cui sia stato fatto l’esame del sangue. Gli sloveni, veri o presunti che siamo, sono “altri”, sono diversi, sono una razza di cui diffidare.
Un gravissimo lutto mi rende al momento difficile intervenire nel merito del dibattito. Due parole, però, ho bisogno di dirle. Le prime a Claudia e ad Alessandra, con la quale ho avuto anche l’onore di scrivere un libro. Con l’una e con l’altra ho dovuto condividere l’etichetta di negazionista che ci appioppò in malafede il “Corriere della Sera” e sono orgoglioso di essermi trovato in loro compagnia; per quello che vale, la mia solidarietà e la mia stima sono totali, incondizionate e affettuose. Il dato che colpisce nella lettera di Petronio non è quello che riguarda l’interpretazione storica, ma la totale mancanza di rispetto per due studiose ineccepibili sul piano del metodo e della documentazione. Chi definisce Kersevan e Cernigoi “sedicenti storiche” è certamente un villano incompetente, ma è anche e soprattutto istintivamente fascista. Altro che sinistra. Gli attacchi reiterati e strumentali cui sono sottoposte da troppo tempo Claudia e Alessandra sono inaccettabili e tutti gli studiosi dovrebbero ribellarci come un sol uomo e schierarci a loro difesa. E’ per questo che voglio dirlo a chiare lettere e senza possibilità di equivoco: col loro lavoro rigoroso e – perché no? – coraggioso, Kersevan e Cernigoi hanno dato e sono certo daranno ancora un contributo prezioso alla conoscenza storica.
In quanto a “Patria Indipendente”, se può esser vero che la parola si dà a tutti, anche a chi pretende di toglierla agli altri e supera i confini della decenza, non è meno vero che una “presa di distanza” redazionale sarebbe stata doverosa. Da tempo mi interrogo su cosa accada oggi davvero nell’ANPI e non trovo una risposta. A Napoli sono stato “promosso”: mi hanno ficcato in un “Comitato d’onore” che non s’è mai riunito e non so a che serva, se non a “sterilizzare” il dissenso e togliersi dai piedi i rompiscatole. A “Patria Indipendente” ho mandato tempo fa un intervento sul caso Fedel, una spia fascista che Pansa ha trasformato in eroe; i parenti mi minacciano di querela e chiedono una rettifica per le poche parole che gli ho dedicato nel mio ultimo libro, ma ciò che ho scritto è chiaro e documentato. La “rivalutazione” del Fidel infanga il Pci e la Resistenza. A tutt’oggi Patria Indipendente non mi ha risposto. Spazio per Petronio però ne ha trovato.
Giuseppe Aragno (suo blog)
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Spettabile redazione di »Patria Indipendente«
Vi scrivo in merito alla lettera di tale Piero Petronio intitolata »Gli istriani, il fascismo e la verità« da voi pubblicata nel n° di luglio 2013 della vostra rivista.
Son uno storico di professione, con tanto di »titoli«, che si è occupato e si occupa della vicenda dell’esodo e (in misura minore) delle c.d. »foibe«. Sono pure socio del Comitato Provinciale ANPI-VZPI di Trieste. E sono per giunta sloveno, appartenente alla minoranza slovena in Italia. Al di là delle »verità« ammannite dal sig. Petronio su fatti, numeri, cause e interpretazioni della storia del c.d. »Confine orientale« nel periodo della seconda guerra mondiale e nel dopoguerra (tra i quali va peraltro segnalata l’infame e assolutamente falsa accusa agli »jugoslavi« di aver consegnato alla Gestapo il dirigente del PCI Luigi Frausin), quello che colpisce nella lettera è il fatto che abbia quale unico scopo quello di screditare pregiudizialmente due ricercatrici quali Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi (e non Cernigoj). Il sig. Petronio lo fa adducendo a sostegno delle sue affermazioni un solo ed unico argomento: le due storiche in questione sarebbero slovene! Secondo la visione del sig. Petronio la loro appartenenza nazionale renderebbe quindi di per se non credibili le loro tesi e ricerche. Si tratta di una affermazione al limite del razzismo e che denota come dietro le affermazioni “politically correct” del Petronio sulla responsabilità del fascismo per quanto accaduto e di rifiuto delle strumentalizzazioni fasciste della Giornata del ricordo, si nasconda la visione del mondo propria del nazionalismo più sciovinista: il motore della storia è la lotta tra nazioni, alcune delle quali sarebbero superiori (anche quanto a interpretazione oggettiva della storia) alle altre. Come interpretare altrimenti il fatto che l’unico denominatore comune degli storici citati come “affidabili” dal Petronio sia la loro appartenenza nazionale italiana?
La realtà è però molto diversa da quanto affermato dal Petronio. Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi sono tra coloro che in ambito storiografico più hanno contribuito a portare alla luce documentazione e dati nuovi sulle vicende della guerra e del dopoguerra nella Venezia Giulia. Quanto alla loro appartenenza nazionale, le due signore non sono affatto slovene. Nonostante i cognomi che portano e la presenza di sloveni tra i loro antenati, anche molto prossimi, nessuna delle due parla e/o scrive lo sloveno. Si tratta di un chiaro esempio di quelle che sono state le conseguenze delle politiche di snazionalizzazione del fascismo, ma anche dell’Italia democratica, nella Venezia Giulia.
Voglio aggiungere che trovo inaccettabile e offensivo che la rivista dell’ANPI dia spazio senza alcun commento ad affermazioni volte unicamente a diffondere pregiudizi nazionalisti e fomentare contrapposizioni nazionali.
Cordiali saluti
Alessandro (Sandi) Volk
p.s.: anche il fatto che il mio nome “ufficiale” sia Alessandro e non Sandi è dovuto alle norme fasciste che proibivano di attribuire nomi “stranieri”, norme applicate a Trieste almeno fino al 1959, anno della mia nascita, anche dalla Repubblica d’Italia (quella nata dalla Resistenza).
La copertina di luglio 2013 del mensile dell’ANPI, che ospita la lettera oggetto della diatriba