Antonio Vatta racconta i valori e gli uomini che l’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, del cui Comitato provinciale di Torino è Presidente, rappresenta.
L’istituzione del Giorno del Ricordo della Tragedia delle Foibe e dell’Esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati ha posto e pone ogni anno all’attenzione dei cittadini una serie di fatti storici importanti. Che cosa erano le foibe e che cosa accadde in quella regione alla fine del conflitto?
Penso che il Giorno del Ricordo dovrebbe avere più attenzione dal pubblico italiano, ma così non è. Ci sono troppi cittadini che non conoscono la storia delle terre istriane, fiumane e dalmate o le conoscono in parte, sono convinti che noi ci siamo insediati in quelle terre con il Regno d’Italia.
Le foibe sono sempre state usate per discarica di oggetti o per animali morti e dal 1943 furono usate in segno di disprezzo verso una popolazione di italiani ed anche di Slavi e di servitori dello Stato. Le foibe sono state a scopo politico per spaventare le popolazioni che da secoli abitavano quelle terre di abbandonarle. Non sono state le foibe a far andare via da casa propria, ma la privazione della proprietà privata, della religione e la proibizione della lingua italiana in luogo pubblico. Non siamo stati scacciati, come tanti credono, ma abbiamo Optato per rimanere cittadini italiani, a quel punto si perdeva il lavoro ( prima gli Slavi). Le foibe sono state attive fino al 1954 ed il numero delle vittime non si conosce. Certamente c’è stato un clima di terrore, che nemmeno sotto l’Impero Asburgico le popolazioni avevano provato. Sentirsi stranieri in casa propria non è una cosa che il popolo istriano, fiumano e dalmata poteva accettare e così si decise di andarsene in esilio che non è emigrare come tanta gente crede. L’emigrante può ritornare al suo paese, l’esule no, solamente come turista, fino a due o tre anni fa, tutti gli stranieri potevano acquistare casa in Croazia, agli italiani era negato.
Gli Italiani che abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia dopo la Liberazione giunsero a Torino e in altre città dopo aver perso tutto ciò che avevano. Oggi, lo stesso destino colpisce fra gli altri, in una vicenda che è universalmente nota, i Siriani in fuga dalla guerra. Che cosa significa dover ricominciare da capo la propria vita in un luogo diverso da quello in cui si è nati? Quali sono le difficoltà e le incomprensioni che determina la condizione di rifugiato?
La situazione degli istriani, fiumani e dalmati è diversa rispetto al rifugiato di oggi, noi siamo venuti in un paese che per lingua e cultura era lo stesso quello in cui siamo nati, cioè l’Italia, pertanto la nostra integrazione non ha avuto nessuna difficoltà. L’accoglienza invece è stata in molte Città umiliante per noi , sentirci dire: siete venuti a mangiare il nostro pane; fascisti non mancava mai. Quello che più ci ha umiliato è stato quello dei documenti d’Identità, dove compariva lo stato di nascita Z118 (Jugoslavia) , questo è durato fino poco tempo fa. Sembra una cosa da niente ma per noi che abbiamo lasciato tutto ciò che avevamo, era troppo . Nell’anno 1989 fu promulgata la Legge 54, che invitava le istituzioni a scrivere sui documenti solamente la Città di nascita. Ancora oggi non si rispetta la Legge. Le incomprensioni sono più o meno le stesse, solamente che nel periodo postbellico era più facile trovare lavoro, c’era la ricostruzione e forse c’era meno odio d’adesso.
Lo scorso anno ANVGD ha organizzato un convegno sulle Resistenze al confine orientale d’Italia, per raccontare la partecipazione degli istriani, dei fiumani e dei dalmati alla guerra di liberazione. Questa storia per lungo tempo non è stata raccontata. Per quale motivo? E oggi che cosa possiamo fare perché ne venga restituita la consapevolezza a tutti i cittadini italiani?
Noi da sempre abbiamo fatto presente della partecipazione del CLN Istriano nella lotta di liberazione, ma non venivamo ascoltati. Per molti anni non si è parlato delle foibe e dell’esodo, per il motivo che parlandone si doveva ammettere che la guerra l’Italia l’aveva perduta, invece con la Liberazione si dava la sensazione della vittoria.
Per questo motivo abbiamo invitato il giornalista di Tele Capodistria Ezio Giuricin, per raccontare che cosa è successo ai partigiani istriani, fiumani e dalmati, e come è stato decimato il Battaglione Pino Budicin, composto tutto da Rovignesi. Peccato che ad ascoltarlo non c’era tanta gente
Oggi non bisogna avere paura di dire la verità, bisogna che L’ANPI faccia una circolare ai propri iscritti che negano le foibe spiegando la vera storia dei confini orientali, chi sapeva della carneficina che era in atto e lasciava che i propri connazionali venissero infoibati.
In quali quartieri della Città di Torino e in quali luoghi del Piemonte si insediò prevalentemente la comunità degli Istriani, Fiumani e Dalmati protagonista di questo esodo? A più di settanta anni di distanza quali sono i legami e le manifestazioni che preservano i legami esistenti tra i membri?
Le Città che ospitarono le Comunità degli istriani, fiumani e dalmati sono state : Torino, Tortona e Novara, questi erano i nuclei più numerosi, poi ci sono stati dei centri sparsi su tutto il territorio. A Torino dalle Casermette di Borgo San paolo il primo gruppo di esuli e Rimpatriati dalle colonie si insediò nella zona Lingotto nel 1950 Case Fiat. Il secondo gruppo che lasciò le Casermette si insediò alla Falchera Vecchia ed il terzo gruppo, quello più numeroso, a Lucento nel 1955/56 ed ancora alle Vallette con Italia 61.Dopo più di settanta anni i rapporti tra gli esuli, sono sempre come se tutti siano provenienti da un unico paese, senza campanilismi. A Lucento, Quartiere S. Caterina ha la sede l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ed il Circolo Culturale Istriano, dove la Comunità degli esuli di Torino si ritrova a festeggiare i propri patroni.
Fonte: Polo del ‘900 – Torino