Anche Montevarchi, la mattina del 10 Febbraio, ha celebrato la Giornata del Ricordo, istituita per non dimenticare militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia uccisi dai partigiani jugoslavi e dell’OZNA e gettati nelle foibe, gli inghiottitoi carsici, subito dopo la seconda guerra mondiale. La cerimonia si è tenuta al “Giardino Martiri dell’Istria”, con la deposizione di una corona di alloro al monumento che ricorda i massacri delle foibe e il dramma di migliaia di esuli. Presenti alla commemorazione il Sindaco Silvia Chiassai Martini, i rappresentanti dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, delle Associazioni combattentistiche e delle autorità civili e militari, ma anche assessori, consiglieri comunali e tanti cittadini. Nel suo discorso, la prima cittadina ha voluto rimarcare l’attenzione e la vicinanza dell’amministrazione comunale alla memoria delle foibe per abbattere “il muro del silenzio e il pregiudizio ideologico” nei confronti di questa orribile vicenda.
“Come giunta non abbiamo mai mancato di ricordare gli oltre 300.000 esuli fiumani, istriani e dalmati sradicati dalle loro terre, dalle loro case e dai loro affetti, costretti a fuggire dal regime comunista di Tito, mentre altri venivano gettati nelle foibe, vittime innocenti di un’altra orribile strage della Seconda Guerra Mondiale, per anni sepolta sotto un ingiustificabile ed incomprensibile silenzio – ha detto Chiassai – Non abbiamo mai voluto dimenticare questa tragedia di cui anche il nostro territorio porterà per sempre i segni tangibili, rinnovati attraverso le testimonianze dei profughi che per anni vissero vicino a noi nel Centro di raccolta di Laterina. Non abbiamo dimenticato gli italiani “della patria perduta” che dopo anni di sofferenze riuscirono ad integrarsi socialmente, ma ai quali dobbiamo sempre il giusto riconoscimento della storia, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni”. Il sindaco ha ricordato il prezioso contributo delle associazioni degli esuli per riportare alla luce vicende storiche che ha definito “oscurate o dimenticate”, e contribuire così a quella ricostruzione della memoria che resta una condizione fondamentale per affermare i valori di libertà, democrazia e di pace. “Per questo oggi dobbiamo affermare che quello che avvenne in quelle terre del confine orientale tra il 1943 e il 1945 e negli anni a seguire, fu una vera e propria vendetta contro gli italiani considerati “nemici del popolo”, quindi torturati e gettati nelle foibe dove persero la vita migliaia di persone – ha aggiunto – Per questo motivo oggi non possiamo tollerare nessun tentativo di rinnegare o giustificare gli eventi orrendi avvenuti in quei territori, così come non possiamo tollerare che durante l’ultimo consiglio comunale sia stato usato il termine vergognoso di “fascisti” durante la discussione di una mozione riguardante le foibe, una tragedia in cui è stato versato il sangue italiano di migliaia di vittime innocenti”.
“Non è accettabile usare il termine “fascisti” per liquidare quella storia perché ciò significa che, al di là di proclami, è evidente che c’è ancora tanta strada da percorrere per abbattere il pregiudizio storico ed ideologico, magari frequentando di più gli esuli che hanno sofferto la tragedia, oppure ritornando tra i banchi di scuola dove oggi gli studenti delle superiori, con il progetto “Memento” voluto dalla Provincia, hanno realizzato un toccante cortometraggio sulle foibe che rappresenta un orizzonte di speranza e di amicizia nel quale non c’è posto per l’estremismo, gli odi razziali e le pulizie etniche – ha detto Silvia Chiassai Martini – Alle vittime di quella persecuzione, ai profughi, ai loro discendenti, noi rivolgiamo un pensiero commosso e partecipe. La loro storia resterà un monito perenne contro le cattive ideologie, il revisionismo, l’indifferenza e le nefandezze dei regimi totalitari per difendere sempre e rafforzare la democrazia. Questa consapevolezza è necessaria per non ripetere gli errori del passato. È questo il modo migliore per onorare quanti hanno perso la vita, per onorare quanti furono costretti a lasciare le loro terre e il cui ricordo deve fare parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa, per far sì che i confini non diventino ancora motivo di odio e di discriminazione”.
Marco Corsi
Fonte: La Nazione – 10/02/2022