Ettore Romoli, un grande amico degli esuli giuliano-dalmati
Con la scomparsa di Ettore Romoli viene a mancare un grandissimo amico degli esuli istriani, fiumani e dalmati non solo suoi concittadini a Gorizia, ma in tutta Italia.
Romoli, per un quarto
di secolo uomo delle istituzioni, non aveva collegamenti famigliari diretti con la comunità dell’Esodo adriatico, tuttavia la grande amicizia con Edo Apollonio prima e Rodolfo Ziberna in seguito, pilastri dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia nel capoluogo isontino, gli hanno consentito di diventare un appassionato e convinto sostenitore delle rivendicazioni dei diritti e delle tutele dei giuliani e dalmati.
Durante i suoi mandati parlamentari, ricordiamo che fu relatore al Senato per il gruppo di Forza Italia nel dibattito inerente la legge istitutiva del Giorno del Ricordo e infine da Sindaco di Gorizia ebbe sempre una particolare attenzione per la cospicua comunità degli esuli e dei loro discendenti suoi concittadini.
Consapevole delle tragiche vicende che riguardarono gli italiani di Gorizia nei Quaranta giorni di occupazione dei partigiani jugoslavi alla fine della Seconda guerra mondiale, caratterizzati da deportazioni, processi sommari e stragi nelle foibe e nei campi di concentramento del nascente regime nazionalcomunista di Tito, Romoli custodì questa memoria, sostenne gli sforzi di chi cercava di far luce sulla sorte di tanti goriziani e seppe tuttavia ricucire i rapporti della sua città con quell’entroterra che i confini del Trattato di Pace le avevano strappato. Uomo di destra e patriota, si relazionò con pragmatismo con il primo cittadino di Nova Gorica, fino a creare una collaborazione transfrontaliera (GECT) talmente proficua ed efficace da meritare il plauso della Commissione Europea.
Un patriota dal respiro europeo: questa è una caratteristica che lo accomuna a tanti istriani, fiumani e dalmati che oggi lo ricordano con affetto e gratitudine per la passione e la dedizione che dimostrò fino all’ultimo nei confronti della nostra storia e delle nostre richieste di giustizia.
Renzo Codarin