Domenica 24 settembre alle ore 19:15 presso l’Agrobresciano Arena (Piazza della Vittoria – Brescia) nell’ambito della serata istriana che inaugura la rassegna “Uno sguardo sull’editoria del confine orientale” all’interno di Librixia Fiera del libro di Brescia 2023, l’ Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia presenta “Il cinema del confine orientale. Il cinema come fonte di storia, applicato al confine orientale italiano”
Il cinema ha preso in considerazione i temi della complessa vicenda del confine orientale? In maniera specifica si è occupato del dramma delle foibe e dell’esodo? Il cinema italiano è stato oggettivamente carente verso queste tematiche, mai nessun film ha toccato specificatamente la tragedia delle foibe, mentre nel 1949 Mario Bonnard con “La città dolente” ha parlato dell’esodo, poi nessuna voce successiva.
Un altro film che ha toccato da vicino questo tema è quello di Luigi Zampa “Cuori senza frontiere” proiettato verso il dramma del confine, inteso come linea di separazione e di conflitto.
Poi vi è la trilogia diretta da Franco Giraldi, che ha una matrice letteraria e che racconta il dramma e la difficoltà di vivere al confine, che nel Novecento, con l’affermarsi dei nazionalismi e delle guerre, si è fatta ancora più complessa. Poi vi è il caso televisivo del “Cuore nel pozzo”.
Nel novero delle manifestazioni organizzate dal Centro di Documentazione Multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata con La Bancarella. Salone del libro dell’Adriatico orientale per Librixia, trova spazio anche il cinema dedicato alla storia del popolo esule, un particolare repertorio per immagini tra i confini geografici e morali dell’area giuliana, istriana e dalmata. Protagonista di questo frangente è lo scrittore e giornalista Alessandro Cuk, il quale ha scritto il volume intitolato “Il cinema di frontiera – Il confine orientale”, e che aprirà uno sguardo sulla cine-produzione in prevalenza italiana – di finzione e documentaria – che riguarda il nostro (ex) confine, con particolare riguardo all’esodo istriano e alla rappresentazione (o meglio, alla sottovalutazione) che il grande schermo ha fornito di questo dramma. Un argomento, quello dell’esodo, dei campi profughi, delle foibe, che – osserva Cuk – «poteva essere un’idea perfettamente in linea con i temi del neorealismo», e anche con il cinema politico italiano anni ’60 e ’70. Anzi, «intere generazioni potevano cimentarsi con queste tematiche, ma non è successo». Il perché va ricercato, sottolinea Cuk, nel quadro politico generale, nel prezzo della sconfitta in guerra, che l’Italia – secondo lo storico Gianni Oliva – «ha pagato tutto nel Nordest, prima con le foibe, poi con i territori prima italiani e poi jugoslavi, dai quali sono partite 300-350mila persone verso i campi profughi in Italia».
Alessandro Cuk è uno dei pochi esperti del settore: giornalista e critico cinematografico da circa 30 anni, si è occupato largamente di cinema e mondo dello spettacolo di quest’area geografica per giornali e riviste specializzate, (tra le varie pubblicazioni da lui realizzate sul tema ricordiamo “L’Esodo giuliano-dalmata nel Veneto (2001)” e “Il Giorno del Ricordo” (2005). Tra i vari lungometraggi, documentari e fiction che verranno citati troviamo vecchie pellicole, come “La Città dolente”(1949) di Mario Bonnard, la trilogia di Franco Giraldi, e il suo ”La rosa rossa”, tratta da un romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini. Quando si parla di una filmografia collegata con il confine orientale il primo film da prendere in considerazione è proprio La città dolente di Mario Bonnard. Questo perché si tratta del primo in assoluto realizzato e anche dell’unico, finora, che ha toccato il tema dell’esodo giuliano dalmata.
Qui non si parla di un ipotetico confine tra Italia e Jugoslavia, come nell’altro film significativo sull’argomento Cuori senza frontiere di Luigi Zampa, qui si parla decisamente di Pola. Attraverso delle immagini tratte da alcuni documentari realizzati all’epoca da Enrico Moretti e Gian Alberto Vitrotti e la ricostruzione attenta di interni e di esterni che si collegano adeguatamente alla realtà istriana (anche se girati negli studi di Roma e sulla costa laziale) si realizza un piccolo prodigio. Infatti, visto con gli occhi di settant’anni dopo, il film sembra un affresco attendibile di un’epoca che può testimoniare una pagina di storia strappata e caduta per decenni nell’oblio e nella colpevole dimenticanza.
Dopo le due monografie, riguardanti i due film storici e fondamentali sull’argomento del confine orientale, La città dolente (1949) di Mario Bonnard e Cuori senza frontiere (1950) di Luigi Zampa, Alessandro Cuk ha rivolto la sua attenzione al cinema di Franco Giraldi. Un autore che tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso ha realizzato una trilogia significativa con La rosa rossa (1973) tratta dal romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini, Un anno di scuola (1977) dal racconto di Giani Stuparich e La frontiera (1996) dal libro di Franco Vegliani. Quindi un’opera cinematografica che deriva a pieno titolo da una trasposizione letteraria di qualità e che tocca tempi e angolazioni diverse della vita di frontiera. Ma l’autore ha trattato questi argomenti anche in alcuni lavori documentaristici che meritano di essere approfonditi.
Il punto di partenza per la realizzazione di questo incontro a Librixia è quello di dare una base di organicità e di ordine alle varie opere documentaristiche riguardanti le terre dell’Adriatico orientale, anche allo scopo di realizzare rassegne cinematografiche, mettendo in evidenza che molti lavori sono stati prodotti, ma ci sono ancora molte potenzialità inespresse e ogni nuova proiezione è un modo per fare ancora più luce su una pagina buia della storia italiana.