Nell’ambito del ciclo di videoconferenze a cura del Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, sono state ripercorse le fasi della vita del compositore e violinista istriano Giuseppe Tartini. A ricordare la figura del famoso musicista è il Maestro Luigi Donorà, nativo di Dignano, residente a Torino, musicista e compositore, una vita dedicata alla musica. Una sua opera, “L’urlo dall’abisso”, ripropone il dramma delle foibe.
Nel corso dell’anno 2020 sono state realizzate iniziative finalizzate alla conoscenza di Giuseppe Tartini (Pirano 8 aprile 1692 – Padova 26 febbraio 1770) violinista, compositore. Il padre Giovanni Tartini, di origini fiorentine, si impiegò a Pirano come pubblico scrivano dei Sali, per le saline della città. Lì conobbe e sposò Caterina Zangrando, appartenente ad una delle famiglie nobili della città, che diede alla luce il figlio Giuseppe.
La città all’epoca, così come l’intera penisola istriana, era sotto dominio della Serenissima Repubblica di Venezia. Giuseppe Tartini è una figura che attrae non solo per il profilo musicale ma anche per la personalità e la complessità del suo profilo psicologico. I genitori speravano di avviare il figlio alla carriera ecclesiastica, come tanti giovani di quel tempo.
Entrò alla scuola dell’oratorio di San Filippo Neri a Capodistria per completare i suoi studi. Fu lì che ricevette le prime lezioni di musica e violino. Presso l’oratorio acquisì le competenze tecniche musicali necessarie per poter in seguito spaziare dall’organologia, alle ricerche sulla forma dell’arco e lo spessore delle corde, alla teoria delle consonanze, alla musica popolare, alla teoria dell’espressività. Il professore Pierluigi Petrobelli, in un suo scritto contemporaneo scrive: “Tartini è il maggiore violinista del Settecento, ed è uno dei compositori più significativi del periodo Illuminista”.
Tartini è noto quale grande maestro di violino, virtuoso ed insigne esecutore, un grande innovatore della tecnica violinistica, un celebre compositore e fondatore nel 1728 della Scuola delle Nazioni di Padova, dove accorsero numerosi studenti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Nel campo dell’acustica scoprì il terzo suono che risulta dalla vibrazione simultanea di suoni collegati tra loro da un determinato intervallo, che è alla base della sua produzione musicale.
Nel campo della didattica scrive il “Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia”, come anche “De’ principi dell’armonia musicale contenuto nel diatonico genere”, e “Traité des agremens de la musique” sugli abbellimenti che rappresentano la realizzazione degli effetti nella musica.
Come compositore Tartini lascia in eredità un copioso numero di opere: 130 concerti per violoncello, 2 concerti per flauto, 175 sonate per violino solo e basso continuo.
Famose sono quelle intitolate: Il trillo del diavolo, La Didone abbandonata, e poi ancora 40 sonate a quattro. Nel 1708 completa gli studi a Padova iscrivendosi all’Università per seguire i corsi di Giurisprudenza con l’intento di diventare avvocato.
A Padova Tartini conosce Elisabetta Premazore; la famiglia della giovane, dopo la morte del capofamiglia, non godeva di una buona situazione economica e per questo il Cardinale e Arcivescovo di Padova Giorgio Corner fornì alla ragazza una dote come accadeva all’epoca in caso di famiglie povere. Il matrimonio non fu accettato dalla famiglia Tartini che non apprezzava le umili origini della giovane.
Giuseppe Tartini Lasciò la moglie a Padova con la famiglia di origine, trasferendosi a Roma travestito da pellegrino; lungo il cammino trovò rifugio sicuro presso il convento di Assisi il cui guardiano, Padre Giovanni Battista, suo parente, lo accolse e assecondò il suo interesse per il violino e l’arte della scherma.
Nel 1718 incontrò a Venezia, in casa Mocenigo, Francesco Veracini violinista e compositore illustre. Nel 1721, fino ai giorni della sua morte, Tartini viene assunto in forma stabile dalla Cappella del Santo a Padova come primo violino e direttore d’orchestra. Due anni più tardi viene invitato a Praga per l’incoronazione dell’Imperatore Carlo VI.
Il 26 Febbraio 1770, un anno dopo la morte della moglie, il genio istriano muore a Padova. Dopo la scomparsa di Giuseppe Tartini si pensò di immortalare la figura del grande genio della musica innalzando un monumento il 2 agosto 1896 nella sua città natale Pirano.
Il monumento è una grande statua in bronzo, opera dello scultore veneziano Dal Zotto, eretto nella grande piazza di Pirano. La statua chiamò a raccolta un enorme folla quasi diecimila persone un omaggio di tutta l’Istria al più illustre dei suoi figli.
Il giorno dell’inaugurazione del monumento a Giuseppe Tartini fu eseguito l’Inno Marcia del Maestro di Pola Antonio Smareglia, con coro a quattro voci miste, su testo del poeta triestino Silvio Benco.
L’inno fu eseguito ai piedi del monumento con la presenza di sette bande, ottanta strumentisti, duecento coristi, sotto la direzione del Maestro Smareglia e del professore Dal Zotto. L’Inno fu diretto dal Maestro Meriggioli.
La critica musicale dell’epoca scrisse:” Composizione di altissimo concetto. Il canto scoppiò quando l’introduzione chiude con alcune battute del Trillo del diavolo. L’Inno venne bissato. Lo scultore Dal Zotto venne portato in trionfo dalla folla esultante”.
Ai piedi della statua su una lastra di marmo fu inciso “A Giuseppe Tartini” l’Istria. Ai giorni nostri Tartini continua ad essere amato per la sua musica virtuosistica ed uno dei maggiori esecutori che hanno contribuito ad esaltare la particolarità della produzione tartiniana, è sicuramente Uto Ughi, violinista di fama internazionale, nato a Busto Arsizio, di origini piranesi.
Un altro grande esecutore fu Francesco Squarcia, romano d’adozione ma originario di Fiume, che esegue le opere di Tartini con la viola, strumento che produce un suono caldo, dolce e delicato rispetto al violino.
La musica di Tartini coinvolge ogni volta il pubblico, non è sempre facile da eseguire ma affascina nell’ascolto, tecnicamente complessa racchiude una melodia sorretta da dolci armonie che evidenzia i motivi del canto popolare italiano.
È difficile da eseguire per la sua scrittura ritmica basata sul metodo che Tartini stesso ha esposto nel suo “Traité des agremens de la musique”, mettendo in pratica le sue teorie, esaltandone le qualità tecniche un po’ come fece successivamente Luigi Dallapiccola con la dodecafonia. Grazie proprio alla tecnica dodecafonica, Dallapiccola fu uno dei pochi che comprese a fondo il linguaggio di Tartini, apprezzandolo al punto da scrivere e dedicargli due Tartiniane per violino e pianoforte, e per violino e orchestra.
A PROPOSITO DEL “TRILLO DEL DIAVOLO”
Acclamato come “maggior compositore dei suoi tempi”, Tartini viene spesso associato al racconto di Joseph Jérôme de Lalande, secondo cui nel 1713 il diavolo sarebbe apparso in sogno al musicista e si sarebbe messo al suo servizio, suonando con il violino una melodia di tale fascino che Tartini volle metterla in partitura. Sarebbe questa la genesi della sua opera forse più nota, la “Sonata del diavolo” o Sonata per violino in sol minore.
In base al racconto di Jérôme Lalande, «Una notte dell’anno 1713 Tartini sognò d’avere stretto un patto col diavolo, che gli prometteva i suoi servigi in ogni occasione. Durante la sua visione tutto gli riusciva secondo i suoi desideri: i suoi pensieri erano prevenuti, e le speranze sempre avverate per l’ausilio del suo nuovo servo. Infine, gli sembrò ch’egli porgesse al diavolo il suo violino, per conoscere che genere di musicista fosse. Con sua gran meraviglia sentì suonare un assolo così stranamente bello, eseguito con un gusto e una precisione così sublimi, che sorpassarono quanto avesse udito o concepito nella vita. La sorpresa fu sì grande e il piacere sì delizioso in quel momento che gli fecero mancare il respiro. Si svegliò per la violenza di quella sensazione e afferrò subito il suo violino, nella speranza di esprimere ciò che aveva udito. Ma invano; tuttavia, fu allora ch’egli compose il pezzo che forse è la migliore di tutte le sue opere e che intitolò La sonata del Diavolo. Pur la trovò così inferiore a ciò che il suo sogno aveva prodotto che dichiarò che, se avesse avuto un altro mezzo di sussistenza, avrebbe spezzato il violino, e abbandonata la musica per sempre» (Charles Burney, Viaggio musicale in Italia, 1770, Sandron, 1921, pp. 54-55).
Tartiniè famoso anche per la scoperta – avvenuta ad Ancona nel 1714, mentre suonava doppie note sul violino – del cosiddetto «terzo suono di Tartini» o suono differenziale, un fenomeno acustico per cui l’esecuzione di due suoni acuti genera spontaneamente un terzo suono più grave, di frequenza pari alla differenza delle altre due, fenomeno tra l’altro sfruttato nella costruzione degli organi a canne.
Egli ammirava pure l’azione della Divina Provvidenza nel mondo, verso la quale era grato e consapevole che bisogna ascoltare la Sua voce che parla al nostro al cuore: «Come di ciò io rendo a Dio grazie distinte, così ella facci costantemente per tutto il tempo di sua vita, ricordandosi sempre di esser distintamente grato ad una sì distinta Provvidenza, e di ascoltar con cordiale attenzione le di lei voci interne, che certamente le parleranno al cuore tardi e per tempo» (in P. Petrobelli, ibidem, p. 656).
L’opera” Il trillo del diavolo” vide la luce nel 1798, ben 17 anni dopo il famoso “sogno rivelatore” e data alle stampe solo dopo la morte dell’autore stesso. Una curiosità di oggi: Dylan Dog, protagonista dell’omonimo fumetto di Tiziano Sclavi e Claudio Villa, spesso suona il “Trillo del diavolo” preferendo però il clarinetto al violino.
Luigi Donorà