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L’appello di Claudio

E’ con imbarazzo e giustificato timore che racconto un pezzetto della mia vita.
Sono Claudio, nato a Pola da splendidi genitori toccati, purtroppo dall’infamante esperienza delle foibe. Ho avuto un’esistenza viva, vera, vibrante. Privilegiata nei sentimenti, messi al primo posto nella scala valori. Poi la vita, o chi per lei, ha iniziato a provocarmi, a mettermi alla prova. Il mio adorato figlio se n’è andato, per malattia, a nove anni. Per lui avrei conquistato l’universo…Oggi sarebbe un trentenne, senza dubbio cosmopolita, non banale. Il tempo scorre e un’altra partita, pura, pulita non ambigua s’interrompe. Il mio migliore amico, per venticinque anni mio prezioso collaboratore e segretario, scompare per tumore. Shockato, precipito in un doloroso tunnel, denso di domande senza risposte, che mi ha condotto a una solitudine, un isolamento e una povertà devastante. Da circa un anno sono a Roma. Con tanta speranza mi sono avvicinato, per la prima volta nella mia vita di adulto, alla mia gente grazie alla sede nazionale dell’ANVGD che mi ha sostenuto permettendomi di curarmi, di mangiare e sopravvivere. Ma questo aiuto non può continuare all’infinito. Improvvisamente, sono serio, mi rendo conto che la mia esistenza ha raggiunto il capolinea. Vivo in un centro di prima accoglienza un po’…difficile.
Il centro è malvisto dalla polizia perché vi scorre alcool e… qualcosa d’altro. Non mento, sembra io sia l’unica persona, lì dentro, che non beve, non fuma, non si droghi…Vi ringrazio di cuore per avermi letto. Spero accada qualcosa di positivo. E mi auguro che la mia rubrichetta diventi un punto di riferimento moderno, attuale di confronto. Se lo  desiderate potremmo parlare di tutto. Vi mando un sincero abbraccio e spero che il buon Dio mi offra un’ultima opportunità.

                                                                                                                                        Claudio

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